Interessante dibattito sul sito del movimento per un ciclismo credibile (MPCC) sul ruolo dei medici delle squadre.
E’ Gerard Guillaume, medico della FDJ che lancia il sasso e da la propria opinione su come dovrebbe essere interpretato il ruolo del medico di squadra. E così facendo fa anche sapere come sono andate le cose finora…
A seguire le opinioni di altri medici di vari team WorldTour.
Gerard Guillaume (FDJ):
“La medicina della prestazione è una medicina in cui il medico di squadra è coinvolto nell’ottenimento della prestazione da parte dell’atleta. Una cosa che è difficilmente compatibile con l’etica medica. Io personalmente mi sono sempre trovato in una posizione contraria e penso che il mio ruolo sia di accompagnare lo sforzo ed i suoi effetti deteriori sulla salute. La prestazione mi interessa in qualità di supporter della squadra, ma non come medico. La sola cosa che mi interessa è la salute degli atleti.
In certe squadre ci sono medici che ricevono dei bonus sulle prestazioni degli atleti ed io sono sempre stato contrario a ciò. Rigetto l’idea in quanto medico. L’intera squadra è interessata alla prestazione dell’atleta e questo è chiaro e senza ambiguità: non si può essere medici di squadra e allenatori/preparatori allo stesso tempo. Se si è preparatori si è interessati alla prestazione, e quando si è interessati alla prestazione si è velocemente portati a oltrepassare “la linea gialla”. So che in certe squadre, in un’epoca non molto lontana, alcuni dottori erano anche allenatori e davano piani di allenamento, cosa che trovo totalmente incompatibile con l’etica medica“.
Prentice Steffen (Garmin-Sharp):
“Penso di essere d’accordo con il proposito di Gerard e penso che il mio lavoro sia di assicurarmi che i corridori siano in buona salute, fino a che possono esserlo. Ed il mio lavoro si ferma la. La prestazione riguarda gli allenatori ed i fisiologi. Sono d’accordo su questo, ma penso anche che se avete un medico dello sport che abbia delle competenze in fisiologia dello sport, che rispetti l’etica e sia onesto, allora non vedo veramente il problema nella sua implicazione nella prestazione. Ma è vero che nel passato il problema era avere medici onesti ed etici.
Non potete dire al vostro medico: “ok, se il nostro corridore vince il Tour de France il medico riceverà un bonus di migliaia di euro”. Non è accettabile, ma non ho obiezioni categoriche contro un medico che sia implicato nella prestazione nel momento in cui sia onesto e non solamente motivato dal fare più soldi. Farlo non sarebbe morale o etico.
E’ vero che non ho mai lavorato in questo modo, ma penso che sia possibile che ci siano state delle connessioni nel passato. Certamente quando delle persone come il dottor Ferrari prendevano percentuali da parte dei corridori dal loro salario per essere i loro medici ed allenatori. C’era in quel caso un legame con le prestazioni dei corridori: migliori i corridori più alto il guadagno di soldi. La più gran percentuale andava al Dottor Ferrari ad esempio“.
Eric Bouvat (AG2R)
“In funzione del proprio curriculum e competenze ci rivolgiamo ai nostri corridori perché per me sono tutti pazienti con cui esprimere le nostre competenze. Non sono uno specialista in dermatologia e se ho un problema chiamo un amico che è dermatologo. Non vedo perché se si è medici non si dovrebbe partecipare all’allenamento? In seguito, fare le due cose diventa problematico. Si può essere medici sportivi ed anche allenatori? E’ una questione su cui dibattere. Non è così netto: se un medico rispetta le regole al 100% riguardo le capacità dei corridori può benissimo essere anche efficace nella preparazione ed ancora più efficace in quanto considererà la prevenzione dal punto di vista della salute sulle quantità di allenamenti e la prevenzione di infortuni. Sarà probabilmente più attento a prevenire gli infortuni di un allenatore“.
Anko Boelens (Giant-Shimano)
La medicina della prestazione resta una zona molto mal definita. Dove comincia e dove finisce? A volte è molto semplice, per esempio l’EPO è un medicinale della prestazione e deve essere sempre proibito, ma che dire per esempio sul paracetamolo? Se i corridori si sentono male durante la corsa gli si possono somministrare due compresse di paracetamolo. Si tratta quindi di medicina della prestazione? Penso che i medicinali che servano ad un solo obiettivo, far andare un corridore più veloce, possano essere chiamati medicinali della prestazione.
Negli esempi che ho dato precedentemente il paracetamolo non dovrebbe essere chiamato medicinale della prestazione perché cura il dolore ed il disagio. Però se i corridori lo prendono regolarmente “alla bisogna” potrebbe essere chiamato medicinale della prestazione ed i corridori che agiscono così dovrebbero essere incorraggiati non farlo più. In più da un punto di vista pratico i medicinali che potrebbero avere effetti secondari o di cui non si sa se ne abbiano dovrebbero essere proibiti. Il Tramadol ne è un esempio perfetto. Potrebbe essere responsabile di incidenti in corsa e non dovrebbe essere per questo tollerato.
Infine sono assolutamente d’accordo sul fatto che il personale medico non dovrebbe mai ricevere bonus sul rendimento. In quanto medico siete responsabili di due cose: mantenere i vostri corridori nel migliore stato di salute possibile ed assicurarvi che ricevano le migliori cure possibili quando sono malati o infortunati. Farli andare più veloci non è un obiettivo diretto. Dovete cercare di rendere il team migliore possibile mantenendo tutti in buona forma. Penso che questo non possa essere misurato in funzione del numero di vittorie ottenute da una squadra, e pertanto in quanto medico non dovreste attendervi un bonus“.
Da questo dibattito si evincono alcuni interessanti punti sulle pratiche passate e forse presenti in uso nelle squadre:
-I medici percepivano (percepiscono?) bonus sull’ottenimento delle vittorie
-Il Tramadol, già denunciato pubblicamente dalla Sky, è realmente percepito come un problema. E quindi, evidentemente, molto utilizzato. Quante cadute, delle molte che si registrano in corsa ultimamente, sono dovute a questo oppiaceo (che causa tremori come effetto secondario).
-Il punto di vista di (alcuni) medici di squadra è chiaro, ma quanto sono impermeabili i vari reparti (medici, preparatori, allenatori) all’interno delle squadre stesse?
-Per quanti corridori delle squadre sono tollerati i “consulenti” esterni? Non andrebbero riviste le politiche di squadra ed i regolamenti in questo senso, in modo che i corridori siano quantomeno scoraggiati ad avvalersi di medici/preparatori esterni? O si fa già?
-E’ chiaro che il ruolo dei medici di squadra sia quello di preservare la salute degli atleti, in particolare dagli eccessi agonistici stessi, e quindi di come, implicitamente, si ammetta che lo sport agonistico a livello professionistico sia decisamente logorante se non negativo sulla salute. Questione che forse è quella centrale ed andrebbe discussa senza pregiudizi ed ipocrisie, in primis dai medici stessi.