Il 6 Novembre scorso avrebbe compiuto 43 anni Franck Vandenbroucke, conosciuto nei paesi francofoni come “VDB” (pronunciato vé-dé-bé). VDB è stato una delle promesse più eclatanti del ciclismo, un personaggio controverso, amato ed odiato. Un personaggio eccessivo, che come lui stesso ha raccontato, “è sempre riuscito a non farsi amare”.
VDB nacque a Mouscron, in Belgio, vicino al confine francese, praticamente alle porte di Roubaix. È cresciuto a Ploegsteert, 30km da Mouscron, figlio di Jean-Jacques, meccanico di una squadra ciclistica e nipote di Jean-Luc, ex corridore professionista di ottimo livello e poi direttore sportivo della Lotto dal 1988 al 1999; oggi direttore della gara Le Samyn. Due personaggi che avranno grande influenza su Franck e con cui dovrà costantemente misurarsi. Suo zio Jean-Luc dichiarò in un’intervista che durante la sua carriera (1975-1988) utilizzò anabolizzanti durante il Tour de France “per tenere le 3 settimane, cosa inumana a quei livelli. L’alternativa è accorciare le tappe“.
VDB venne investito in bici all’età di 4 anni da un rallysta durante la ricognizione di una prova speciale, seguiranno 4 operazioni chirurgiche al ginocchio e infiniti problemi relativi durante la sua carriera. Sua madre disse in un’intervista che “pianse solo nel momento in cui gli tagliarono i pantaloncini da ciclista al pronto soccorso“.
Dopo aver iniziato a fare sport nelle corse campestri, evidenziando ottime capacità, passò al ciclismo nel 1989 e cominciò subito a vincere: 8 corse nel 1990, 15 nel 1991. A 17 anni divenne campione belga categoria allievi. L’anno successivo divenne campione belga categoria Juniores e vinse il bronzo ai campionati del mondo di Atene 1992, sempre Juniores (dietro gli italiani Salvatore Palumbo e Giuseppe Santoro).
Nel 1993 il salto nei professionisti nella Lotto, diretta da suo zio Jean-Luc, vincendo una tappa del Tour del Mediterraneo a 19 anni, oltre a svariati piazzamenti ed una convocazione in nazionale.
L’anno successivo entra nella corazzata del tempo, la Mapei-CLAS diretta da Fabrizio Fabbri, una squadra in cui militavano tra gli altri Ballerini, Tafi, Olano, Rominger, Nardello, Noé, etc..
Nel debutto della sua prima stagione con la Mapei vince la Paris-Bruxelles, poi il resto della stagione dovrà combattere con dolori al ginocchio. Nelle successive 3 stagioni con la Mapei, che intanto avrà nel suo staff Giuseppe Saronni, Pietro Algeri e Patrick Léfevère, oltre ad acquistare sempre nuovi campioni (tra cui i connazionali Leif Hoste, Tom Steels e Johan Muuseuw- oltre ad un altro corridore con cui condivierà il tragico destino, Valentino Fois-), VDB vince il GP di Plouay nel 1996, la Gand-Wevelgem e la Parigi-Nizza nel 1998, oltre ad una tappa al giro d’Austria e numerosi piazzamenti.
Nel 1999 quella che viene considerata la prima follia di VDB: lascia la Mapei per la Cofidis, dove diventa il leader unico (almeno inizialmente) , accompagnato dal fidatissimo e migliore amico Nico Mattan e da Massimiliano Lelli.
Il 1999 si rivelerà l’anno magico: vince il GP de la Marseilleuse, la Het-Volk, fa un numero al Fiandre, dove cade ai piedi del Grammont, ma poi riesce a giocarsi ugualmente lo sprint con Museeuw e Van Petegem, arrivando 2° proprio dietro quest’ultimo. Quindi vince la Liegi-Bastogne-Liegi, il suo capolavoro. Vince con 30″ di distacco su Michael Boogerd. Terzo Martin den Baakker, altro olandese come Boogerd in forza alla Rabobank, squadra che finirà nella tempesta per questioni di doping (Boogerd confesserà di essersi dopato per gran parte della carriera). Quarto Michele Bartoli, con cui VDB sarà protagonista di un duello sulla salita simbolo della classica ardennese, La Redoute.
Anni dopo, ad un ritiro, un neoprofessionista suo tifoso gli chiese come avesse fatto a sprintare sulla Redoute (che si trova a 30km dal traguardo) col 39×17. Con sarcasmo VDB rispose che “c’era vento a favore“.
A fine stagione vinse due tappe alla Vuelta. Stregato in griglia da una modella-hostess della squadra Saeco, Sarah Pinacci, promise che avrebbe vinto la la tappa del giorno seguente per un bacio. La successiva, la leggenda vuole, la vinse in cambio di una notte d’amore.
VDB a questo punto era il predestinato. Per i belgi doveva essere il nuovo Eddy Merckx, un corridore talmente forte che poteva prima della gara indicare precisamente dove avrebbe attaccato per vincere, e cosi faceva. All’epoca guadagnava l’equivalente di 1 milione di euro annui solo di contratto. Come si definì lui stesso era il James Dean del ciclismo.
Alla Cofidis aveva un compagno di squadra che purtroppo per lui lo introdusse a nuove (VDB era già aduso ad amfetamine e tutto il resto) sostanze: Philippe Gaumont, detto “La Gomme”. Dopo una vittoria alla Vuelta Gaumont esortò VDB a prendere una (o più) pastiglia di Stilnox, un forte sonnifero, assieme a dell’alcool. VDB disse che “si rivelò l’inizio della fine”.
La Gomme lo introduce anche a Bernard Sainz, conosciuto poi come Dr.Mabuse, un omeopata francese che aveva molti clienti tra i professionisti. Proprio in quell’anno verranno sentiti dalla polizia francese, che dopo il recente caso Festina aveva adottato il pugno duro in materia doping, 15 clienti di Sainz, tra cui VDB.
Il risultato fu che venne sospeso dalla Cofidis per due mesi.
A questo punto della storia però faccio intervenire una persona che è stata amica di VDB, Olivier Haralambon, ex corridore U23, ex giornalista sportivo ed ora scrittore. Una persona che non solo ha conosciuto molto bene l’ambiente del ciclismo, ma anche i suoi lati oscuri, grazie ad una dipendenza da amfetamine confessa. Uno scrittore in sintonia con l’ambiente che descrive, e non uno dei tanti innamorati del loro amore per il tal campione o per una romantica idea di ciclismo. Gli estratti che seguono vengono dal suo libro “Le versant feroce de la joie“, edito da Alma Editeur:
(Prima della conferenza stampa che VDB dette in seguito alla sua sospensione)
“Non era sufficiente dire, né raccontare, i nomi dei protagonisti, enumerare i fatti. Non sarebbe stato di nessun aiuto. I medici, le iniezioni, le fialette, le sacche di sangue ed i cateteri. Ok. Le grandi squadre, i laboratori, i metodi, d’accordo, era quello che volevano sentire, e quello che lui avrebbe voluto da tanto tempo dire. Ma come dirlo? Avrebbe voluto, ma non si sentiva colpevole. Cioè, come dire, vedete, lo svolgimento delle cose che si impongono ai corridori, il vero posto della morale, della virtù? I soldi che guadagnate, che sono la sola cosa che i vostri peggiori critici venerano in voi? Di questo, al limite si sentiva di parlarne, ma gli allenamenti, le albe, il corpo nudo sotto la Lycra e le nebbie glaciali, le gambe che si depilano ancora prima di avere il primo pelo, l’olio riscaldante che si copre di sporco man mano che avanzano i chilometri, il sesso ed i suoi complessi, il nome e la famiglia, lo specchio del bagno, le salite micidiali, l’uccello grigio ed i piedi rossi sotto la doccia, il cielo ed i paesi, le case di mattoni rossi ridipinte di bianco ed i cavi elettrici mal-tesi che le alimentano, il vento ed i pali di cemento, i campi di patate ai bordi della strada ogni giorno che Dio manda in terra, gli sguardi innamorati dei bevitori di birra e mangiatori di patatine fritte quando a 15 anni posi per la foto dietro un bouquet di fiori cosi colorato quanto la vita è grigia, l’aria vagamente demente delle ragazze troppo truccate ed il desiderio che nasce nel torpore di luglio, lo zucchero della borraccia che lascia le mani collose dopo la corsa, quelle mani che ci si decide ad usare, finita ogni timidezza, sotto le gonne e le t-shirt, i morti che si hanno conosciuto ed i vivi che non si conoscono ancora, e questo talento assurdo di pedalare che finisce per sigillare la propria vita sotto forma di un destino…Era enorme, troppo! Tanto valeva citare la Bibbia in risposta ad un Quiz”
“Lo temevano non come si teme la forza bruta di un tiranno, come avrebbero temuto da li a poco Lance Armstrong, capace di intimidazione fisica, che poteva giurare di distruggervi, voi e la vostra carriera. Sceso dalla bici VDB non era uno che intimidiva. Molto curiosamente non era nemmeno bello, col naso troppo lungo, le palpebre spesso gonfie e colme di tristezza, ed il suo sorriso sottilmente contratto, come occupato dall’interno da un dolore discreto che emetteva ad intervalli regolari. Un dolore nascosto che prendeva troppo spesso posto nella sua bocca. Ormai lontano da quell’eleganza letale che aveva in corsa, non ispirava più lo stupore, ma dava solo l’immagine di un uomo magro e ben vestito, niente di più. Ma portava con lui i sui segreti, dei desideri inespressi e pericolosi che non si potevano dire ad alta voce per paura di inalarli. È sempre senza sapere perché si parlava con gravità. Il mistero impediva di essere leggeri come impediva di stare zitti: le stupidate notturne, le sue dipendenze fascinose cominciavano ad essere conosciute. Lo si ammirava perché non ci capiva come potesse essere, malgrado tutto, ancora cosi fresco, cosi forte, correre ancora cosi veloce. Si sapeva dell’EPO, del Clenbuterol, dell’insulina, insomma delle tecniche, degli abusi. Tutti avevano più o meno preso lo stesso. Certi avevano paura ed avevano rallentato dopo il caso Festina l’anno precedente, ma si dubitava che VDB non avesse troppa paura. Tuttavia si strabuzzava gli occhi. Le regole più venerabili dell’igiene sportiva, che si osservano con una fedeltà paurosa, lui le calpestava come una rockstar vandalizza la sua camera d’albergo. Le buttava dalla finestra. Il suo talento sembrava dovesse resistere a tutto“.
Nel 2001 firma con la Lampre di Algeri e Saronni con compagni di squadra Gilberto Simoni e Oscar Camenzind, ma non corre quasi mai e non si allena più. Nel frattempo la stampa belga gli si rivolta contro, sia per aver ostacolato (a suo dire) ai campionati del mondo di Lisbona (vinti da Oscar Freire) Musseuw e Van Petegem non avendo comunicato che si era rotto ambedue gli scafoidi dei polsi dopo 100km (arriverà 7°), sia per la relazione con Sarah, per la quale aveva abbandonato la precedente compagna e la figlia.
Nel 2002 vengono trovati dalla polizia a casa sua EPO, Clenbuterol e morfina. Durante l’interrogatorio affermò che il clenbuterol era per il suo cane. Viene quindi sospeso dalla sua squadra, allora la Domo-Farm Frites, oltre ad una denuncia per detenzione di prodotti illegali. Viene sospeso 6 mesi.
Nel 2003 riesce a correre ancora con la QuickStep-Davitamon di Léfévère, assieme a, tra gli altri, Paolo Bettini, Tom Boonen, Nick Nuyens e Johan Museeuw. Arrivò incredibilmente ancora 2° dietro Peter Van Petegem al Giro delle Fiandre.
L’anno dopo passò alla Fassa-Bortolo di Ferretti, ma solo fino ad agosto. I risultati non sono all’altezza degli eccessi e quindi per le due stagioni successive passa alla Mr.Bookmaker.com. Nel 2006-2007 corre per la Acqua&Sapone, ma ripetuti dolori al ginocchio lo portano a correre poco e senza risultati. Ormai residente a Gudo Visconti, nel pavese, l’unico exploit è la partecipazione a gare amatoriali in Italia con una tessera UDACE falsa a nome Francesco Dal Ponte (da una errata traduzione di Franck Vandenbroucke) con la foto di Tom Boonen…dirà: “Non ho mai passato il traguardo nelle gare per cicloamatori. Non voglio condizionare la loro corsa. E’ stata una debolezza”
Nel 2006 un tentativo di suicidio (uno dei vari) che arriva dopo che la moglie Sarah lo lascia, ormai stanca delle sue dipendenze da amfetamine e cocaina, tanto gravi che VDB comincia ad avere allucinazioni e vedere e parlare con gente che non esiste. Al culmine di un litigio VDB sparerà in aria con un fucile in cortile. Dirà: “Non dormivo anche per 5 giorni di fila, non un minuto“.
Si veste di una maglia di campione del mondo, si scola una magnum di Château Petrus e si inietta 10cc di Actaprid, un farmaco a base di insulina. La madre lo trova e lo salva portandolo in ospedale. Passerà un piccolo periodo in un ospedale psichiatrico, ma poi tornerà alle corse a fine estate.
Nel 2008 corre per la squadra estone Mitsubishi-Jartazi, ma l’UCI a causa dei suoi guai e della corsa amatoriale sotto falso nome accorda la licenza ProTour alla squadra solo se VDB non verrà fatto correre nelle corse ProTour: Persona non grata. Ad Aprile è licenziato. Mentre nel frattempo il suo nome compare come consumatore in un’inchiesta giudiziaria su un traffico di cocaina ad Ypres.
Nel 2009 corre per la Cinelli-Down Under, squadra a licenza australiana, ed ottiene alcuni piazzamenti in corse belghe oltre alla vittoria nella 2^tappa della Boucle de l’Artois, in Francia, sua ultima vittoria in un corsa Pro.
Ad agosto però decide di appendere la bici al chiodo e si impiega nel settore marketing della Delrue, azienda metallurgica di proprietà di un suo tifoso, per cui torna a vivere a Zottegem, in Belgio, e poi commentatore per lo Het Nieuwsblad, quotidiano fiammingo.
In un’intervista del 2006 alla Gazzetta dello Sport che gli chiedeva delle tragedie del ciclismo, di Pantani, di Jimenez: ““Non farò quella fine. Non corro nessun pericolo. La mia famiglia è la mia forza. Mia moglie Sarah, la mia bimba Margot. Corro con loro e per loro”.
Il 12 Ottobre 2009 viene trovato morto nella sua stanza d’albergo a Saly Portudal, in Senegal. La causa ufficiale è embolia polmonare, ma sotto il suo letto vengono ritrovate sostanze stupefacenti, ed il portinaio dell’albergo testimonia che fosse ubriaco la sera in cui arrivò con una donna senegalese.
Suo zio Jean-Luc dirà: “una mezza sorpresa, purtroppo“.
Un articolo del quotidiano britannico Guardian titolerà: “La morte di Franck Vandenbroucke [è] un duro promemoria del lato oscuro del ciclismo“.