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Il campionissimo di Castellania è considerato, oltre che uno dei più forti ciclisti di tutti i tempi, come l’uomo che introdusse la mentalità “scientifica” nel ciclismo: allenamento, dietetica, tattica ed organizzazione della squadra e persino abbigliamento.
Coppi è stato uno dei primi ciclisti a non lasciare nulla al caso. Già dotato di doti fisiche ed un talento eccezionali, questa sua meticolosità ed abnegazione avrebbero aumentato ancora di più il divario coi suoi concorrenti, che, per forza di cose, cominciarono ad adottarli a loro volta, facendo entrare il ciclismo in quella che viene considerata “l’epoca moderna” dello stesso.
Si rivolse spesso ai consigli del celebre dietetista statunitense Gayelord Hauser, consigli che metteva in pratica meticolosamente, come raccontato in Les Miroir des Sports (n° 869, 14 Agosto 1969, p. 30):
“Leggeva una moltitudine di riviste mediche, si teneva al corrente di ogni progresso in materia di dietetica e di alimentazione sportiva. Fausto arrivava alla tavola comune, la sera della tappa, con una cartella in cuoio da uomo d’affari. Ne tirava fuori delle fialette, sacchetti e pacchetti che allineava davanti il proprio piatto. E cominciava il rito: qualche goccia di una medicina per il fegato, una o due ampolle di “fortificante”. Nel piatto, dei fiocchi d’avena o germe di grano aprivano il pasto. Nello stomaco una mistura destinata a facilitare la digestione, etc.etc. La sveglia di Fausto si accompagnava di uno stesso cerimoniale medico”.
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I risultati non si fecero attendere, come ad esempio i ripetuti record dell’ora infranti in successione. Specialità in cui Coppi primeggiava ovviamente.
E’ il mitico Gianni Brera il primo a rivelare un aneddoto sui metodi di Coppi, in particolare per il suo record dell’ora del 1942, quando avrebbe preso 7 compresse di amfetamine:
“Coppi preparò il record dell’ora per farsi notare dalle autorità militari. Pedalando come un pazzo sulle strade sventrate vicino casa e quando la sua gamba gira bene, andando al velodromo Vigorelli di Milano, dove qualche giro di pista lo convince che può giocarsi le sue possibilità. Il direttore del velodromo, Anteo Capezzi, gli prepara la tabella di marcia, basata sul record di Maurice Archambaud, in modo che Coppi sappia subito il suo vantaggio (o il suo ritardo). Per la prova ingoia 7 compresse di un’amfetamina assai popolare tra gli studenti che preparano gli esami; indossa una maglia di lana ruvida ed utilizza la sua bici con cerchi in legno. Coppi soffre: è sfinito, terribile, peggiore delle peggiori salite del Giro. Ma ha una tale classe che batte il record di Archambaud da 45,817km/h a 45,848km/h. E’ il 7 Novembre 1942.” (Il Gigante e la lima, Ed. Campagnolo, Vicenza, 1995, p.70)
Altra testimonianza quella di Rik Van Steenbergen, coriaceo avversario di Coppi nelle classiche:
“Il primo di cui seppi che si dopava fu l’ineguagliabile campione Fausto Coppi, che era sempre accompagnato dalla Dama Bianca (Giulia Occhini, sua amante e moglie di un medico -ndr-) un’abile medico. A quell’epoca non ci si scandalizzava tanto per queste cose. Tutti i grandi campioni dopo di lui hanno fatto ricorso al doping. Dovevano.” (Theo Koomen, 25 ans de dopage, Ed. Luitingh, Laren, 1974, p.34)
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Sull’Equipe del 24 Marzo 1955 il medico italiano Giuseppe Lacava, presidente della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport dal 1947 al 1959 scrive:
“Mi ricordo di una foto di Coppi apparsa sull’Equipe all’arrivo del Tour de France, con la didascalia che recitava “Ecco il volto della leggenda”. Si trattava soprattutto del volto di un dopato, di uno affetto da fatica cronica. Per me quello non era sport. E quando vedo una foto di Kubler, con la schiuma alla bocca, vi dico subito: Ecco un uomo che ha assunto Simpamina, che voi in Francia chiamate Ortedrine (amfetamine -ndr-).
Anche Jacques Anquetil, che gli fu compagno di squadra, aveva una sua personale opinione:
“Fausto Coppi è stato indiscutibilmente il più grande campione dell’epoca moderna, e l’ho conosciuto a sufficienza per poter dire di esserne persuaso. Ma, se corresse oggi, nel pieno della sua giovinezza e forma dovrebbe cambiare radicalmente i metodi di preparazione (quali è sottinteso -ndr-) che adottava 10 anni fa. Senza quello sarebbe solo un corridore tra gli altri.” (Les Miroir des Sports, n° 869, 14 Agosto 1969, p. 30)
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