Dopo il primo reportage sul doping tecnologico della rete francese Stade2, è arrivata una nuova puntata, questa volta non con nuove rivelazioni sui sistemi adottati, ma altre, persino più inquietanti sulle strane relazioni che vi sono all’interno dell’UCI.
Nello specifico, nel reportage viene mostrato come il Technical Manager dell’UCI, Mark Barfield, abbia avvertito il proprietario di un’azienda che produce biciclette dotate di motori elettrici, la Typhoon, Harry Gibbings di controlli che la Gendarmerie francese sarebbe stata in procinto di fare su Stefano Varjas, l’ormai noto “ingegnere” ungherese inventore di motorini da applicare nelle ruote.
L’indagine mostra anche come Varjas fosse stato un collaboratore esterno della stessa Typhoon Bicycles, che a sua volta “collabora” in qualche modo con la stessa UCI (loro le bici utilizzate per una dimostrazione sull’uso dei tablet alla sede UCI).
Il giro di email tra Barfield e Gibbings avrebbe portato alla “fuga” dal Tour de France di Varjas. Testimone di questo è stata la moglie di Greg Lemond, la quale era a cena con Varjas al momento in cui questo ha ricevuto la mail di avvertimento (Lemond lo avrebbe contattato per sviluppare una propria linea di bici elettriche).
Le domande poste dai giornalisti a Barfield e Gibbings hanno ricevuto risposte evasive o contraddittorie rispetto a quanto poi riportato dalla Gendarmerie. Questa fuga di notizie riservate in seno all’UCI verso personaggi esterni nonché la tempistica e la modalità destano quindi non pochi sospetti.
Insomma, i motorini elettrici continuano a stare sugli scudi, tra tecnologie sempre migliori (si parla di sistemi meccanici inseriti nelle guarniture non rilevabili da tablet e camere termiche), controllori-talpe e nel complesso di un ambiente che definire opaco è un eufemismo, tanto che Christian Proudhomme, patron di ASO, ha chiesto l’istituzione di un’agenzia indipendente dall’UCI per i controlli.