[Test lunga durata] 14.000 km con la Cervélo R5

Come ben sa chi ci segue con assiduità, abbiamo avuto in test per tutta la stagione una Cervélo R5 Dura-Ace modello 2016.

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Per le caratteristiche di montaggio, vi rimandiamo al report di presentazione.

La prova sul campo

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L’R5, giunta i primi di febbraio, è stata per oltre 14.000 km compagna in allenamenti specifici, granfondo, giri ad ampio respiro e perfino qualche “rullata”. A parte la sella, prima una Selle Italia SLR e poi una San Marco Aspide, in luogo della Fizìk Antares di serie su cui chi scrive non si è trovato a proprio agio, preferendo selle con scarico della pressione perineale, la Cervèlo è stata usata con la sua componentistica di serie, alternando alle pur ottime Hed Ardennes Plus LT le Fulcrum Rzero, le DT Swiss R20Dicut e anche delle Mavic Cosmic Pro carbon, più per completezza di test che per deficit funzionale delle Hed di serie.

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Del rendimento e del feeling con l’R5 già molto si è detto nei vari report che di volta in volta han raccolto le nostre impressioni post gara.

Il feeling sulla bici è stato immediato. Comoda e non impegnativa fisicamente alla distanza, ottimo l’assorbimento delle vibrazioni, efficiente in salita e neutra nella guida in discese anche lunghe e tecniche, sulle quali la frenata, la conduzione di curva e i cambi di direzione e dunque lo spostamento del peso sono sempre venuti facili e naturali. Queste sono le caratteristiche che più ci hanno impressionato nella R5. Volendole trovare un punto debole, l’R5 appare meno reattiva di altre bici, in particolare con le ruote di serie e i relativi copertoncini Continental GP da 25mm. Del resto, essendo votata ad un uso granfondistico, e per questo scelta per testarla in tale uso, riteniamo sia una caratteristica più marginale di altre in questo frangente. Peraltro, già con le Fulcrum Rzero e ancor più con le DtSwiss R20 dicut, le ruote che meglio ci hanno impressionato fra quelle usate su questa bici, entrambe allestite con copertoncini da 23 mm, l’R5 guadagnava quel pizzico di sprint, senza perdere in comfort e guidabilità che ancor più ce la hanno fatta apprezzare.

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Va detto che con una bici di così alto livello le Hed Ardennes di serie sono un gradino sotto il resto della componentistica. Appena 80 gr.  più pesanti delle Rzero, e 20 gr. più leggere delle R20, quindi abbastanza in linea come peso, sono però abbastanza morbide. Ottime per allenamenti e per le uscite di tutti i giorni, ma non appaganti e non all’altezza del resto della bici, soprattutto in gara.

Per delle basso profilo, sono abbastanza sensibili al vento laterale, mentre ad andatura costante e sostenuta mantengono bene la velocità.

Come accennato, abbiamo usato per un breve periodo anche delle Mavic Cosmic Pro Carbon. Più a scopo didattico che perché siano ruote che ben si sposano con le caratteristiche di una bici granfondistica.

Effetto estetico a parte, a giudizio di chi scrive piuttosto accattivante, nei tratti pianeggianti e in saliscendi, danno alla R5 sicuramente una marcia in più, soprattutto nel mantenimento di alte velocità. Rimangono tuttavia ruote piuttosto pesanti e impegnative nei rilanci come alle basse velocità tipiche delle salite risultando una soluzione buona per l’estetica, ma che mal si sposa su una bici tecnicamente votata ad altro.

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In un test di così lunga durata, oltre alle impressioni tecniche che possono emergere anche con poche uscite, quel che più è interessante analizzare, è la resa nel tempo della bici nel suo complesso, quindi valutarne l’affidabilità. Dopo 14.000 km, in tutte le situazioni, gare anche tirate, buche sull’asfalto e uscite piovose incluse, l’R5 non ha mai avuto nessunissimo problema. La trasmissione DuraAce non ha mai necessitato della minima regolazione, nemmeno in occasione dei cambi ruote o della sostituzione del pacco pignoni in concomitanza con gare impegnative.

In occasione della 3Epic è stato montata in luogo della corona da 36 quella da 34, e pur in abbinamento con la 52 tutto è funzionato alla perfezione senza che il deragliatore anteriore abbia avuto bisogno di alcuna regolazione, riuscendo sempre a gestire il salto di 18 denti tra le due corone. Nessun problema ha sinora accusato il movimento centrale, oggetto di perplessità di qualche “Cervelista”, così come, al contrario di quel che qualcuno sosteneva commentando uno dei primi report, il comando DuraAce dx del cambio posteriore non ha lesionato, sfilacciato, consumato o rotto il cavo del cambio che funziona tutt’ora come un’orologio. C’è da dire che il DuraAce è piuttosto morbido nella cambiata, e già l’Ultegra è quel filino più secco, senza perdere in efficienza, che a parere di chi scrive dà una risposta più netta alla pressione della leva.

Successivamente alla prima uscita molto molto bagnata, la ruota libera delle Hed Ardennes tendeva a trascinarsi un po’ il pacco pignoni non scorrendo affatto bene. Abbiamo pensato che la sensibilità alla penetrazione dell’acqua fosse un punto debole del tipo di ruota, ma una volta smontata, lubrificata e pulita la RL, il problema non si è mai più ripresentato, né a seguito di uscite bagnate e nemmeno dopo il lavaggio della bici pur cercando di verificare se con abbondante acqua il problema si sarebbe ripresentato. Con le ruote di serie abbiamo percorso circa 10.000 km. I mozzi sembrano ancora perfettamente efficienti e le ruote ottimamente centrate e senza alcun bisogno di manutenzione. Eccellente la durata dei copertoncini, il cui posteriore, pur ovviamente consumato, è ancora utilizzabile. In tanti mesi, solo una foratura, all’anteriore per giunta, che per il resto, leggere screpolature a parte, abbastanza tipiche dei Continental, sembra quasi nuovo.

Il telaio della R5 non mostra alcun segno evidente di usura, né la vernice ha perso brillantezza di colore o mostra segni di invecchiamento o crepe superficiali. Sembra ancora nuovo.

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Conclusioni

Sicuramente il prezzo non ne fa un mezzo tra i più economici, ma se si cerca una bici efficiente al miglior livello, l’R5 è una soluzione che ci sentiremmo sicuramente di consigliare per resa e affidabilità. Ottima per uso granfondistico o anche giri molto lunghi, mai impegnativa nella guida o stancante oltre il lecito e con una ottima affidabilità generale nel tempo.

Concludiamo il report con una foto che vuole essere un pensiero a uno dei luoghi più martoriati dagli eventi sismici di questo autunno.

Il paese di Castelluccio di Norcia che non c’è più, quasi del tutto raso al suolo. Mai avremmo immaginato di dover dire queste parole quando scattammo questa foto.

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Report precedenti:

Gf Cesarini (Terni)

Sulle sponde e le salite del lago di Como

G La Garibaldina (Mentana-Roma)

Gf Terre dei Varano (Camerino-Macerata)

3epic road (Auronzo di Cadore-Belluno)

Oetztaler Radmarathon (Soelden-Austria)

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