Quando si tratta di denari, budget e consuntivi nel mondo del ciclismo professionistico si arriva sempre al Team Sky, la squadra dei super-domestiques al servizio di Chris Froome. La squadra britannica coi suoi 37 milioni di euro annui (nel 2017) ha una capacità economica 10 volte superiore a quella di buone squadre Continental, ma anche tripla o doppia rispetto a ottime squadre WorldTour come, rispettivamente, la Cannondale-Drapac e la Movistar. I soldi non son tutto però, vanno anche saputi spendere bene, sia per ottenere vittorie, sia per ottenere ritorni economici, senza i quali alla lunga, anche con generose iniezioni di liquidità ogni progetto faraonico si ridimensiona o finisce. Spesso non viene considerato che una squadra come la Katusha nel 2016 ha avuto a disposizione 32 milioni, cifra non lontana dalla Sky, ma con risultati un po’ diversi.
In questo panorama, una squadra che merita da sempre una menzione particolare è la QuickStep di Patrick Lefévère, ex professionista belga (una Kuurne-Bruxelles-Kuurne, una Omloop Het Volk ed una tappa alla Vuelta nel palmares) diventato uno dei migliori Team Manager della piazza. Una carriera in ammiraglia cominciata nel 1979 che ha preso una svolta negli anni ’90 con la leggendaria Mapei e le vittorie dei vari Museeuw, Ballerini, Rominger, Bartoli, etc.. con cui comincerà a crearsi la fama di specialista nelle vittorie nelle classiche di primavera, in particolare con un’infornata di Paris-Roubaix che continuerà anche dopo essere passato alla Domo-Farm Frites. Classiche del nord, ma non solo, basti pensare anche ai corridori che hanno vinto campionati del mondo sotto l’ala protettrice di Lefévère, come Paolo Bettini, Tom Boonen, Mark Cavendish, Tony Martin, Michal Kwiatkowski.
Ebbene, con un budget medio di 18 milioni di euro annui (come la Bahrain-Merida per dare un termine di paragone), la QuickStep è la squadra col maggior numero i vittorie annue dal 2013 ad oggi:
-2013: 53
-2014: 61
-2015: 53
-2016: 54
-2017: 52
Dal 2000 al 2013 le squadre di Lefévère appaiono in testa per vittorie annuali altre 4 volte. Per il 2017 manca ancora una gara in calendario (il Tour of Guangxi in Cina), ma in questa stagione la Quick-Step ha vinto ben 26 gare WorldTour, e solo la Sky ha fatto meglio in termini di punti WT, con 2925 (con 18 vittorie) contro i 2450 della squadra belga.
Considerare le vittorie solamente non da mai la dimensione corretta delle capacità né dei singoli né delle squadre, occorre anche prendere in considerazione i piazzamenti. Per quanto riguarda la stagione 2017 della QuickStep:
-3° Milano-Sanremo (Julian Alaphilippe)
-1° e 2° Dwars Van Vlaanderen (Yves Lampaert, Philippe Gilbert)
-2° E3 Harelbeke (Philippe Gilbert)
-1° e 3° Giro delle Fiandre (Philippe Gilbert, Niki Terpstra)
-1° Schildeprijs (Marcel Kittel)
-2° Paris-Roubaix (Zdenek Stybar)
-2° Freccia Brabante (Petr Vakoc)
-1° Amstel Gold Race (Philippe Gilbert),
-2° Freccia Vallone (Daniel Martin)
-2° Liegi-Bastogne-Liegi (Daniel Martin)
-2° Il Lombardia (Julian Alaphilippe)
-1° e 3° Paris-Tours (Matteo Trentin, Niki Terpstra).
A queste si aggiungono 5 tappe al Giro d’Italia (4 di Fernando Gaviria ed una di Bob Jungels), 5 tappe al Tour de France (Marcel Kittel) e 6 tappe alla Vuelta España (4 di Matteo Trentin una di Yves Lampaert ed una di Julian Alaphilippe). Da non dimenticare che in ogni grande giro la Quickstep ha avuto un corridore nella Top Ten: Bob Jungels 7° al Giro, Dan Martin (sfortunato) 6° al Tour e David De la Cruz 5° alla Vuelta.
La cosa che salta agli occhi è la varietà di corridori che hanno realizzato questi risultati, al contrario di squadre spesso dipendenti da uno o due corridori massimo.
Non è raro che la QuickStep porti nei finali di corsa più corridori a giocarsi la vittoria, buon esempio proprio la Paris-Tours appena conclusa, per cui erano partiti con la prima opzione Gaviria, poi caduto e terminata con Trentin 1°, Terpstra 3°, Richeze 5° e Lampaert 7°. Ovviamente non sono mancate nel passato delle corse dove nonostante l’abbondanza di corridori nel finale si sono poi fatti battere, basti ricordare la Het Nieuwsblad 2015 quando Terpstra, Boonen e Vandenbergh si sono fatti beffare da Ian Stannard (Sky), ma è evidente la completezza della rosa della QuickStep. A questa si aggiunge una certa mentalità, come descritta bene da Niki Terpstra dopo la recente Paris-Tours:
Al contrario di quello che si sente dire a volte è l’interesse della squadra che conta, non i singoli. Fino alla fine siamo un gruppo, e Matteo (Trentin, partente per la Orica-Scott -ndr-) ne fa ancora parte”.
O da Philippe Gilbert:
“Dall’esterno si ha l’impressione che sia una macchina da vittorie, ma in realtà è una vera famiglia dove tutti hanno lo stesso senso della vittoria. C’è una cultura della vittoria che non si trova da nessun’altra parte, dove ciascuno impara non a pensare a se stesso, ma al collettivo. Nel ciclismo è una cosa rara“.
Una cultura creata da Lefévère, che a sua volta smentisce la riduttiva immagine della squadra “da classiche”:
“Dicono sempre che siamo una squadra da classiche, ma siamo presenti su tutti i terreni. Dall’inizio alla fine della stagione non lasciamo mai niente. E’ un problema d’immagine. In Belgio si aspettano tutti molto da noi sulle classiche del Nord, ma siamo riusciti a diversificare e far comprendere che il bilancio della stagione si fa alla fine dell’anno e non ad Aprile”.
Un cambio di mentalità che risale al 2001, con la vittoria di Richard Virenque alla Paris-Tours, con la maglia della allora Domo-Farm Frites, come ricorda Frans De Cock, patron della QuickStep:
“Abbiamo capito che la nostra immagine poteva andare oltre le frontiere fiamminghe. La vittoria di Richard ci aveva fatto amare dai tifosi oltre le solite classiche di primavera”.
Nel corso degli anni non sono mancate le critiche a Lefévère, da quelle inevitabili in tema doping, sempre smentite riguardo il doping di squadra organizzato, sino ad una certa mentalità molto orientata al business, ma evidentemente riuscendola a coniugare con i risultati e lo spettacolo, come dichiarato dopo la recente Paris-Tours:
“Non ho mai dimenticato di far onore al ciclismo. I risultati sulle più belle corse del calendario sono sempre più importanti dei punti UCI, anche se oggi bisogna ragionare in loro funzione“.