Oggi viene svelata la tanto attesa Specialized Tarmac SL7. La nuova versione di un bestseller con decenni di storia si trova nella nostra redazione da qualche settimana in cui l’ho potuta mettere per bene sotto torchio. Prima della prova sul campo, andiamo a vedere cosa è cambiato.
Analisi statica
Lo slogan della nuova Tarmac si può riassumere in “una sola bici per ogni situazione“, nel senso che unisce lo spirito Aero della Verge con quello da arrampicata della Tarmac. Rispetto alla SL6 le forme sono più attente all’aerodinamica, saltano poi subito all’occhio le ruote ad alto profilo Roval Rapide CLX, con un cerchio profondo 51mm all’anteriore e 60mm al posteriore. Se la cosa può far storcere un po’ il naso agli arrampicatori, va detto che il peso dichiarato del set di ruote è di soli 1400 grammi.
Sono ruote per copertoncino con camera d’aria, il canale interno è molto generoso (21mm) e pensate esclusivamente per i freni a disco. Le gomme sono delle Turbo Cotton 320 TPI da 26mm, ma si possono montare pneumatici larghi fino a 32mm. Fa decisamente strano vedere il cerchio più largo delle gomme, ma la motivazione è anche aerodinamica.
La Tarmac in test è una S-Works Durace Di2, con un telaio in Fact 12r, il più leggero di casa Specialized. Più in basso nella gamma (vedere in fondo all’articolo) troviamo anche il Fact 10r, leggermennte più pesante. Il peso dichiarato del solo telaio è di circa 800 grammi nella colorazione più leggera, cioè la Carbon/Color Run Silver Green. La bici completa di quel colore e col montaggio in test pesa 6.7kg in taglia 56, mentre quella che ho provato io in taglia 54 ha fermato l’ago della bilancia sui 6.9 kg.
Tutti questi numeri servono per capire che Specialized è riuscita a tenere un peso vicino al peso minimo UCI pur dando una forma aerodinamica al telaio della Tarmac. Considerate che, se si montano le ruote Roval Alpinist CLX, con profilo da 33mm e un peso complessivo di 1248 grammi, nella colorazione in test scederemmo sui 6.750 grammi. Questa è poi la configurazione che userà Julian Alaphilippe.
La posizione della Junction Box del Di2 è integrata nel reggisella, con una costruzione unica e molto pulita. L’accesso per il cavo della ricarica della batteria è coperto da una piccola protezione in gomma, necessaria anche per evitare che vi penetri acqua alzata dalla ruota posteriore. I passaggi dei cavi sono tutti interni, anche grazie al manubrio integrato Aerofly II, da cui poi proseguono nei distanziali per poi nascondersi dentro il telaio.
Il manubrio è di chiara provenienza Venge, mentre l’attacco è stato completamente riprogettato ed è disponibile con due angoli, -6 e -12 gradi. L’attacco -6 è disponibile nelle lunghezze 70/80/90/100/110/120/130mm ed è montato sulle bici o acquistabile aftermarket. Il -12 gradi è disponibile nelle lunghezze 110/120/130/140mm ed è disponibile aftermarket.
Sulla top di gamma non poteva mancare il powermeter, presente su entrambe le pedivelle. La guarnitura ha corone da 52/36T, mentre la cassetta è una 11-30T, ad 11 velocità.
Geometria
La geometria è la stessa della Tarmac SL6 (bici che rimane a catalogo) e della Venge.
La prova
Dopo qualche giro sui tracciati di casa per prendere confidenza, mi sono lanciato in una settimana con Trittico Alpino, Stelvio bagnato e quattro passi dolomitici in un botto per capire la nuova Tarmac a fondo. Giri con più di 3000 metri di dislivello e 100km di sviluppo in solitaria, per una bici che non dovrebbe disdegnare né le lunghe percorrenze né le montagne.
La taglia in prova è una 54, per me che sono alto 179cm con un cavallo (sella-mc) di 75cm. Avrei preferito qualche distanziale in meno sotto il manubrio, mi ero anche messo al lavoro per tagliare il cannotto della forcella ma all’idea di dover staccare il tubo del freno idraulico ho desistito. Il dislivello sella-manubrio è comunque sufficiente per una buona posizione aerodinamica in discesa.
A proposito di posizione, l’anima corsaiola della Tarmac è inconfondibile, con un busto piuttosto disteso, anche se non esageratamente. Il reggisella ha un offset di 20mm, ma è disponibile anche con offset di 0mm.
Copertoncini con camere d’aria, ruote ad alto profilo, un telaio molto rigido: tutti fattori che potrebbero far pensare che la Tarmac sia scomoda quando si passano tante ore in sella. Devo dire che non è affatto vero, non ho avuto un dolore che sia uno durante tutto il test. Malgrado io sia solito non usare i guanti, non ho avuto mani addormentate. Le asperità dell’asfalto e le buche si sentono chiaramente, ma si spera che chi compra una bici del genere sia abituato ai rigori di una bici da gara, anche perché il rovescio della medaglia è la precisione di guida, aiutata dal potente impianto frenante a dischi e da delle gomme che mi hanno stupito per tenuta e grip.
In un paio di frangenti durante la discesa dal Passo della Novena, dove ho toccato anche i 90 km/h malgrado il vento, sono arrivato piuttosto lungo ed ero sicuro di essere lì lì per bloccare il posteriore e partire in derapata, ma i copertoncini Turbo (belli gonfi, fra l’altro) non hanno battuto ciglio. Devo anche dire che il disco da 140mm al posteriore è una bella pensata per evitare di bloccare la ruota, visto che la maggior parte del lavoro lo fa comunque l’anteriore. Non solo, tengono bene anche sul bagnato, come ho potuto constatare durante una gelida discesa dallo Stelvio, dove mi ero preso l’acqua salendo dalla Val Venosta durante gli ultimi 400 metri di dislivello.
La trazione e il grip si fanno apprezzare anche in piega, dove si riesce ad entrare precisi e veloci per la complessiva stabilità della Tarmac SL7. Non ho mai avuto la sensazione di essere in sella ad una bici nervosa o, dall’altro lato, troppo lunga ed impacciata. Le geometrie sono il giusto mezzo.
La rapportatura 52-36 ben si adatta a quel carattere di allrounder che la nuova Tarmac dovrebbe avere, infatti si riesce a spingere oltre i 60 km/h senza frullare come dei matti, e allo stesso tempo il pignone del 30 permette di salire anche tratti ripidi senza avere la cadenza da Ebiker.
Il manubrio Aerofly II è molto comodo, in particolare nella presa centrale dove le mani si possono rilassare mentre si spinge in salita. È anche un’ottima posizione per i tratti sconnessi, come la famosa Tremola del Gottardo, visto che assorbe discretamente le vibrazioni provenienti dal terreno.
Sull’aerodinamicità si può star qui a discutere all’infinito. Per un amatore, più della bici può il vestiario non svolazzante, in foto mi vedete con il completino Specialized abbinato ai colori della Tarmac in prova. In ogni caso le forme del telaio sono molto belle da vedere, ben abbinate ad una colorazione che ha fatto girare più di una testa durante i miei giri. L’unico Passo in cui mi sono dovuto fermare a vestirmi, lo Stelvio, mi ha visto combattere contro un gruppo di spagnoli che ha riconosciuto la Tarmac SL7 e voleva a tutti i costi fotografarla. Se non altro, le forme aerodinamiche servono a questo, uno potrebbe dire. Non andando ad incidere sul peso più di tanto, Specialized ha creato una bici esteticamente molto interessante e apprezzabile.
La nota dolente dei componenti Aero, per la precisione le ruote, si ha in discesa in presenza di vento. Diventa complicato tenere la bici quando una folata violenta arriva di traverso, la cosa richiede abitudine e possibilmente una presa bassa ben salda. Vietato pedalare senza avere le mani sul manubrio se c’è vento, o c’è il rischio di finire come Froome. D’altro canto in pianura, giù a testa bassa a pedalare intorno ai 40 km/h, si ha la sensazione di andare veramente forte. Quantificare il vantaggio del profilo alto è un altro paio di maniche…
Conclusioni
Il concetto di “una bici per ogni situazione” non è solo uno slogan. La nuova Tarmac SL7 è una grande scalatrice che si trova a suo agio anche in piano quando c’è da picchiare sui pedali. Il suo carattere corsaiolo e amante delle montagne non rimane nascosto a lungo, anche grazie al peso e alla scelta di montarla solo con i freni a disco, i migliori amici del ciclista quando le discese diventano impegnative o bagnate. Le sue linee e le grafiche sono molto piacevoli, non passerà inosservata.
Tenuta nel senso di non stallonare in curva