Lettera aperta dei corridori sulla protesta del Giro

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La CPA, associazione dei corridori professionisti, ha pubblicato una lettera aperta “alla famiglia del ciclismo”, spiegando le proprie ragioni riguardo la protesta avvenuta al Giro. Riportiamo qui la versione italiana:

Cara famiglia del ciclismo,

in merito a quanto accaduto in occasione della terz’ultima tappa del Giro d’Italia 103 vogliamo spiegare le ragioni della nostra posizione.

Al culmine di una stagione difficile e stressante per tutti, stremati dalle fatiche dei giorni precedenti, in cui avevamo accumulato 15.000 mt di dislivello in 600 km, da aggiungere a trasferte infinite, ricorrenti risvegli all’alba, colazioni consumate sui pullman, con l’assillo di non ammalarci, la preoccupazione crescente per l’emergenza sanitaria che sta vivendo il mondo, i tanti timori per il presente e per il futuro, abbiamo chiesto che una tappa pianeggiante di 258 km fosse accorciata di un centinaio di chilometri.

Non abbiamo avuto paura né della pioggia né del freddo, lo abbiamo dimostrato scalando lo Stelvio a fine ottobre, ma un’ennesima prova di forza alla fine di un Giro logorante e con una pandemia in atto, ha fatto traboccare la goccia delle preoccupazioni per il nostro sistema immunitario e la rabbia per quanta poca cura si presti alla nostra incolumità, facendoci ritenere insensato affrontare 260 km con il maltempo.

Nella tappa Morbegno – Asti abbiamo proposto un compromesso, evitando una protesta che avrebbe avuto conseguenze peggiori per l’immagine della corsa. Probabilmente abbiamo sbagliato i tempi, avremmo dovuto confrontarci prima con l’organizzazione e la giuria, ma finora, ogni volta che lo abbiamo fatto, non siamo stati ascoltati. Nemmeno quando ci sono stati gravi incidenti, quando abbiamo chiesto di valutare a monte i percorsi, le trasferte, gli arrivi e molte altre situazioni che si sono rivelate spesso nefaste per la nostra incolumità.

Ad ogni modo, non vogliamo continuare con le polemiche. Anzi vogliamo essere propositivi e sottolineare come con la collaborazione tra tutti gli stakeholders, il ciclismo può crescere, anzi deve crescere sia in termini di sicurezza che di spettacolarità.

Noi siamo quelli in prima linea, sempre. Siamo riconoscenti verso chi in quest’anno difficilissimo è riuscito a organizzare le gare e ad allestire squadre, e che insieme ai nostri sforzi e la nostra professionalità ha permesso l’esistenza di una stagione 2020.

Personalmente ci siamo sottoposti a controlli di ogni tipo, abbiamo affrontato trasferimenti e viaggi a rischio della nostra salute e quella dei nostri cari, abbiamo dato sempre il massimo in sella, nonostante transenne volanti e moto che ci sfiorano mentre fatichiamo sulle nostre bici. La fatica e i pensieri si sono accumulati nel nostro animo fino ad esplodere a Morbegno.

Non siamo eroi come qualcuno ci dipinge, ma uomini. Con pregi e difetti, punti di forza e punti deboli. Siamo in pensiero per noi e le nostre famiglie, per quelle dei nostri compagni e lo staff che lavora al nostro fianco.

Siamo felici di essere arrivati a Parigi con il Tour de France, a Milano con il Giro d’Italia, speriamo la Vuelta riesca a raggiungere Madrid in sicurezza e che nel 2021 potremo disputare tutte le corse che sono state rimandate. Dalle più note alle meno famose. Tutte sono preziose per noi e per tutto il movimento, di cui siamo i protagonisti più esposti, nel bene e ne male. Meritiamo ascolto, anche quando diciamo qualcosa che non vi piace.

Grazie per averci ascoltati a Morbegno.

I corridori professionisti e il CPA

Commenti

  1. gibo2007:

    Secondo te le loro dichiarazioni erano sincere? Perché se il mio datore di lavoro è la RAI che mi paga lo stipendio e trasmette la corsa (e tramite i miei diretti riporti prende una posizione), mi guardo bene dal fare dichiarazioni contro l'interesse dell'azienda in diretta.
    Volpi non lo paga la RAI ad esempio. Ma sono pronto a credere che chi ha corso in bicicletta non abbia alcun problema a dire che venerdì si poteva correre. Se poi vai ad intervistare gente che ha fatto il Gavio sotto la neve o le Cime di Lavaredo qualche anno fa, ci sta pure che ti insulti.....
  2. Mardot:

    .........Se poi vuoi paragonare uno che sta sul piano di colata dell'AFO5 a Taranto per 240gg/anno con un ciclista professionista, non sarò io a fermarti.
    Il ciclista professionista non è solo Sagàn, Nibali o quelli della Sky...ce ne sono ben altri.
  3. Gamba_tri:

    Concordo in pieno. Ma UCI non limita le gare in linea non WT a meno di 250 km? Il chilometraggio si può poi superare nei GT? UCI dovrebbe stabilire un tetto di sforzo, qualcosa tipo i TSS dati da chilometri per dislivello, modulati per blocchi di giorni e sull'intera durata. Si è citata la maratona, a parte essere gara di un giorno e non a tappe, cosa che fa una differenza enorme, ma quella sempre di 42,195 km è, li la rincorsa è a disegnarla in discesa per cercare il record e quelle in salita sono definite extreme. Nel ciclismo su strada non ci sono praticamente paletti.
    Mi sembra infattibile stabilire un tetto di sforzo su un parametro assolutamente individuale...

    Credo che in realtà si farà come si è sempre fatto si dall'alba dei tempi: provando e poi cambiando quando la formula non funziona più.

    Credo anche che il pubblico del ciclismo sia molto cambiato ultimamente, con molti più praticanti tra il pubblico. Anche negli anni '80-'90 non c'erano le folle su per Gavia e Mortirolo (col 42 o il 39)...oggi c'è chi ci fa su gli everesting e poi da delle mammolette ai Pro.
    Questo sta cambiando le esigenze di "spettacolarità" inevitabilmente. Ecco, ad esempio i Pro per me dovrebbero si essere più "social" sotto questo aspetto ed "educare" il pubblico su certi aspetti.
    Qualcuno ad esempio lo ha già detto che queste tappe di salita infinta stanno solo "granfondizzando" il ciclismo pro, rendendolo insipido.
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