Sembra una maledizione quella di Primoz Roglic (Jumbo-Visma) nel vestire le maglie gialle di leader della classifica generale nelle corse a tappe francesi.
Tutto ebbe inizio l’anno scorso al Criterium du Dauphiné, durante la 4^ tappa, quando lo sloveno, in maglia gialla, dopo la vittoria nella 2^tappa ed il 2° posto nella 3^, cadde dopo 82km di tappa, in un momento per niente critico della corsa (addirittura Van Aert stava facendo una pausa “idrica”). Il risultato fu che Roglic abbandonò la corsa. Corsa in cui peraltro la Jumbo-Visma perse anche Krujiswijk, caduto pure lui, per una spalla lussata.
Non fu una caduta, se non metaforica, a togliergli il primato in giallo, ma una prestazione di cui ancora si discute al Tour de France un mese dopo. Fatale è stata la cronometro di La Planche des Belles Filles, ultima tappa prima della passerella parigina, dove Roglic ed il connazionale Pogačar hanno scritto una delle pagine più drammatiche, sportivamente, della storia del Tour. Roglic, teso, col casco storto in testa, gomiti larghi, ha visto evaporare il vantaggio costruito in tre settimane nei pochi chilometri di salita, incassando una sconfitta brutale.
Una sconfitta a cui Roglic ha reagito bene, sia con grande classe, dimostrandosi uomo di sport nei confronti del giovane connazionale, sia dimostrando la propria forza mentale vincendo la Vuelta il mese successivo.
Ultimo episodio in giallo per Roglic quello di ieri, all’ultima tappa della Paris-Nice. Una gara che aveva in tasca, avendo dimostrato palese superiorità nelle tappe precedenti, vincendone 3 e siglando il 3° tempo nella crono individuale dietro due specialisti come Bisseger e Cavagna. Lo sloveno è caduto pesantemente in una curva in discesa. Non si tratta di sfortuna, ma di un errore, come lui stesso ha ammesso, e come ha raccontato Matteo Jorgenson (Movistar) che lo seguiva: “ha frenato troppo forte in piega“. Nella caduta Roglic si è lussato la spalla sinistra, ma è risalito in sella ed è stato riportato in gruppo (che lo ha atteso) dai compagni di squadra Sam Oomen, Steven Kruijswijk e George Bennett. Ultima discesa nei restanti 20km di tappa gli stretti tornanti verso Levens e Roglic ha toccato con la ruota anteriore la posteriore di Bennett in un rilancio, cadendo di nuovo, stavolta sulla destra. Gli è caduta anche la catena e ci ha messo un po’ a rimetterla sulle corone. Stavolta ha dovuto rientrare in gruppo da solo, ma senza successo. Con la corsa ormai lanciata a piena velocità dalle squadre per piazzare i loro uomini per la volata finale.
Finisce 56° a 3’08”. Ovvero 15° in generale a 2’16” da un incredulo Maximilian Schachmann (Bora-Hansgrohe) che bissa così il successo dello scorso anno. Per Roglic ancora un gesto di sportività, ma sempre molto amaro. Come ha raccontato Schachmann: “subito dopo il traguardo è venuto a parlarmi. Gli ho chiesto se stava bene e gli ho detto che mi dispiaceva che fosse andata così, ma mi ha risposto: no, no, hai vinto“.
Che non si parli di sfortuna. Non lo fa in primis Roglic stesso: “E’ colpa mia, se non avessi fatto errori non sarei qui. Non è stato il nostro giorno migliore, ma bisogna guardare avanti e prepararci per le prossime corse. Mi sono lussato la spalla sinistra nella prima caduta, poi ho commesso un nuovo errore e non sono mai riuscito a raggiungere gli altri. Ho dato tutto, ma è andata cosi…il mondo per questo non si ferma. Non ce l’ho con Maximilian, è una corsa di bici, non stiamo qui a farci delle gentilezze. È lo sport. Tornerò.”
Se non sfortuna allora cosa? C’è una spiegazione a questi errori? Da escludere che Roglic non sia capace in discesa, come confermato dai suoi colleghi, che anzi, lo raccontano ottimo discesista. Resta quindi un’opzione “psicologica”, come ha spiegato Anthony Perez (Cofidis), maglia a pois della corsa, che già la mattina in griglia pre-partenza era a fianco dello sloveno e lo ha visto “più teso del solito“. E poi lo ha visto cadere in entrambe le occasioni visto che lo seguiva: “la prima volta in una curva a sinistra in discesa, la seconda in basso durante un rilancio…non so come abbia fatto, in ogni caso è stato orribile“.
Roglic, il taciturno sloveno, che preferisce allenarsi da solo ed ammette di far fatica ad imporsi come leader coi suoi compagni, forse soffre la pressione psicologica nei momenti finali. Lui che si dimostra spietato nelle prime tappe, quando vince da vero killer, senza far tanti complimenti (come nella tappa in cui ha superato il giovane Gino Mäder ai -20mt dal traguardo), quando deve “chiudere” la corsa mostra delle debolezze. Sempre Perez racconta di come dietro il palco prima della premiazione delle maglie (Roglic ha comunque conquistato quella verde) il povero Primoz fosse in lacrime: “piangeva, mi faceva pena“.
Tanto che Roglic non è riuscito ad uscire sul palco per ricevere la maglia, mandando il suo DS al proprio posto.
“Fragile” Roglic quindi? Forse, ma anche capace di reagire come pochi, almeno ricordando quello che ha fatto a Liegi e Vuelta lo scorso anno. Vedremo quindi se porterà il segno di queste ulteriori ferite.
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