La Trek Checkpoint è stata per anni uno dei modelli di grande successo nel panorama gravel, spiccava per le sue ottime caratteristiche su terreni misti unendo prontezza e agilità tipiche delle bici da corsa. Il mondo gravel si sta però sempre più spostando verso terreni difficili, quasi da xc. Trek ha deciso quindi di rinnovare la Checkpoint con un modello di seconda generazione che segue queste tendenza del panorama gravel. Noi abbiamo testato il modello SL6 Etap taglia 56.
Geometrie e allestimento Trek Checkpoint
Gruppo: SRAM Rival XPLR eTap AXS
Pacco pignoni: SRAM XG-1251, 10-44, 12 velocità
Guarnitura: SRAM Rival 172.5mm, 40t
Ruota anteriore: Bontrager Paradigm Comp 25, Tubeless Ready, larghezza cerchio 25mm, perno passante 100x12mm
Ruote posteriore: Bontrager Paradigm Comp 25, Tubeless Ready, larghezza cerchio 25mm, ruota libera SRAM XD-R 12 velocità, perno passante 142×12
Pneumatici: Bontrager GR1 Team Issue, Tubeless Ready, protezione Inner Strength, tallone in aramide, 120tpi, 700x40c
Reggisella: Carbonio Bontrager, 27,2mm, offset 8mm, lunghezza 330mm
Attacco manubrio: Bontrager Pro, 31,8mm, compatibilità Blendr, 7 gradi, lunghezza 90mm (taglia 56)
Manubrio: Bontrager Elite Gravel, larghezza 42cm (taglia 56) – Manubrio in lega d’alluminio 6061, angolo di flare 13°
Peso: 950 g telaio taglia56 cm (dichiarato); 10 kg peso misurato con pedali Shimano PD-ES600 (peso 279 g al paio) e due portaborraccia.
Prezzo: 4199 €
Dettagli costruttivi Trek Checkpoint
La principale innovazione riguarda la geometria del telaio. Rispetto al modello originale reach e interasse sono aumentati di circa 2cm, mentre la lunghezza del fodero orizzontale è aumentata di 10 mm. Per far fronte a questi cambiamenti le lunghezze dell’attacco manubrio e del reach del manubrio sono state diminuite di 1 cm in modo da garantire la stessa posizione di guida precedente. Il valore di stack è aumentato invece di 6 mm.
L’angolo del tubo sterzo è rimasto pressoché invariato, il rake è invece diminuito da 49 mm a 45 mm. L’avancorsa è invece aumentato, regalando una maggiore stabilità dello sterzo sulla nuova Checkpoint (nella prima generazione il valore di avancorsa era molto simile a quello di una bici da strada).
Tutte queste modifiche di geometria hanno permesso di ottenere una bici più stabile senza sacrificare totalmente l’agilità che da sempre ha contraddistinto la Checkpoint. La massima dimensione degli pneumatici che possono essere montati non cambia, 700×45 mm (di serie vengono montati dei 700×40 mm); si aggiunge invece la possibilità di montare pneumatici da 650b su questo nuovo modello con una larghezza massima pari a 2.1”.
Questa Checkpoint eredita dalla Domane SLR (e da alcuni modelli MTB) il compartimento integrato nel tubo obliquo che accoglie il mini-tool Bontrager fornito di serie (anche se non ha lo smaglia-catena); rimane poi spazio a sufficienza per riporre una cartuccia CO2, leve cacciagomme e una camera d’aria. Questo vano è chiuso da un apposito coperchio che utilizza una singola leva per chiudere in maniera sicura e impermeabile tale coperchio sul tubo obliquo.
È necessario però riporre con cura il materiale al suo interno altrimenti non si riesce a chiudere la leva, ciò in particolare è dovuto al multi-tool fornito che sporge in maniera fin troppo pronunciata dalla parte sottostante del coperchio.
Sempre sul tubo obliquo, in particolare la parte sottostante, è presente una robusta protezione in materiale plastico per evitare danneggiamenti del telaio dato l’utilizzo gravel.
Il passaggio cavi è stato rivisto rispetto al precedente modello in maniera simile a quanto previsto sulla Madone e sulla Domane. I cavi dei freni e del cambio entrano nel telaio in apposite aperture presenti sul coperchietto della serie sterzo. In tal modo, manubrio e attacco rimangono standard senza la necessità di utilizzare modelli per cavi integrati. Ciò facilita anche le operazioni di manutenzione e montaggio/smontaggio.
Trek ha previsto un unico tipo di serie sterzo per tutti i modelli, pertanto il modello monocorona ha un punto di passaggio cavi vuoto che è chiuso da un apposito tappo. Attenzione durante le operazioni di lavaggio a non insistere troppo in questa zona per evitare dannose infiltrazioni di acqua.
Altra novità per questa seconda generazione è l’introduzione di un modello con telaio in lega d’alluminio.
La versione top di gamma è contraddistinta dalla sigla SLR; il suo telaio è costituito dalla fibra di carbonio OCLV700, la più leggera, mentre la versione da noi testata è la SL che è costruita con fibra di carbonio OCLV500 che risulta un po’ più pesante rispetto al top di gamma SLR.
Il peso dichiarato del telaio SLR taglia 56 è 950 g, quello del modello SL taglia 56 pari a 1150 g.
SLR e SL sono provvisti di una rinnovata versione del sistema di sospensione posteriore di casa Trek noto come Top Tube IsoSpeed. Quest’ultimo, a differenza di quello montato su Madone e Domane, non è regolabile dall’utente ma viene fornito già pre-settato da Trek. Una soluzione a mio avviso azzeccata dato che il sistema di regolazione complica e appesantisce il sistema e spesso non viene poi di fatto utilizzato durante la vita della bici.
Sono presenti punti di ancoraggio per il montaggio di 4 portaborraccia, di cui 3 all’interno del triangolo anteriore del telaio sulle taglie più grandi, una borsa sulla parte superiore del tubo orizzontale e parafanghi anteriore e posteriore. Altri punti di ancoraggio sono presenti sulla forcella, questi ultimi però solo sulla versione SL.
Il tubo reggisella è tornato ad essere standard (tondo di diametro 27.2 mm) rispetto al reggisella integrato della prima versione. Questo permette l’utilizzo di reggisella telescopici che ultimamente si stanno diffondendo anche nel settore gravel.
Infine un accenno alle versione in alluminio identificata dalla sigla ALR: il suo telaio è costituito da tubi in lega d’alluminio idroformato. Il peso di una taglia 56 si attesta a 1450 g. Da notare che le versioni SLR non sono dotate dello scompartimento integrato sul tubo obliquo.
Su tutti i modelli della Checkpoint, Trek ha deciso di non utilizzare il sistema di sospensione anteriore denominato Front IsoSpeed, presente invece sulle Domane SLR. A prima vista questa scelta potrebbe apparire priva di senso, dato che su una gravel le doti di smorzamento delle vibrazioni sono rilevanti rispetto ad una bici per utilizzo esclusivo su strada.
Ad una analisi più approfondita, invece, il senso lo si trova: su una bici rigida e corsaiola come la Domane, il sistema Front IsoSpeed permette di rendere la bici meno cattiva e difficile da guidare in particolari condizioni. Su una gravel quale la nuova Checkpoint, tale effetto di sospensione anteriore è già assolto totalmente dalle ruote di sezione 40 mm, quindi Trek ha deciso di evitare l’utilizzo del Front IsoSpeed sulla sua gravel in modo da contenere il peso e diminuire anche il costo finale.
Da sottolineare che tutte le versioni di Checkpoint sono dotate del movimento centrale filettato oversized T47 al posto del precedente press-fit BB90. Ciò aumenta leggermente il peso ma ha il vantaggio di eliminare i problemi tipici di un movimento centrale press-fit, in primis gli scricchiolii che spesso affliggono le bici con questo tipo di movimento centrale e le maggiori difficoltà di manutenzione rispetto ad un movimento centrale filettato.
Con la nuova Checkpoint viene poi introdotto un nuovo set di borse per il bikepacking marchiate Bontrager. Si tratta di una borsa da manubrio, una per il sottosella (entrambe con capacità di 6 litri) e una per il telaio. Esse possono essere fissate direttamente al telaio tramite appositi fori filettati presenti sul telaio della Checkpoint. Tali fori sono chiusi da un tappino in gomma fornito di serie. Quelli presenti al di sotto del tubo obliquo hanno però la tendenza a staccarsi facilmente.
La Trek Checkpoint sul campo
Il test si è svolto per la durata di 4 settimane in cui abbiamo percorso circa 1000 km. Le condizioni sono state spesso difficili data la stagione umida e piovosa: fango e terreno scivoloso hanno messo per bene alla prova questa Checkpoint.
Non abbiamo avuto l’opportunità di testare il precedente modello, ma questa Checkpoint di seconda generazione stupisce per la stabilità di guida in tutte le condizioni. Ci si sente come in poltrona e sempre padroni della traiettoria impostata. Sicuramente i pneumatici da 40 mm aiutano molto, peraltro montati tubeless le pressioni di gonfiaggio hanno potuto essere mantenute basse (dai 2 bar per condizioni fangose fino ai 3 bar per giri più tranquilli su strade bianche e asfalto).
Reattività e maneggevolezza rimangono comunque su ottimi livelli anche se rilanciare l’andatura sia in pianura che in salita non è immediato. Trek ha quindi centrato in pieno l’obiettivo di smussare un po’ il carattere race della vecchia Checkpoint rendendola più adatta a terreni gravel anche di parecchio impegno. Il sistema di ammortizzazione posteriore IsoSpeed ha poi offerto ottime sensazioni di guida: su terreno sconnesso si riesce a pedalare con facilità e comfort anche per lunghi tratti.
In salita su sterrato questa Checkpoint si è sempre ben comportata. Il range di rapporti permette di affrontare anche pendenze importanti da seduti senza mai andare in crisi. Il cambio in particolare mi ha entusiasmato. Questo Rival elettronico, una volta regolato, ha sempre garantito cambiate precise anche sotto sforzo. Si sente però la mancanza di un sistema di tendicatena tipo quello di Shimano presente sul GRX, su tratti molto sconnessi la catena ondeggia molto.
Una nota relativa al cambio elettronico: molti meccanici hanno il brutto vizio di non regolare più i finecorsa dato che, regolando il cambio con l’elettronica nella giusta posizione, non si corre il rischio che la catena finisca oltre il primo o l’ultimo rapporto. Succede però che la regolazione elettronica si modifichi accidentalmente specialmente durante il trasporto quando magari vengono schiacciati involontariamente i pulsanti di microregolazione delle leve.
In questi casi, se i finecorsa meccanici non sono regolati, la catena cade come successo a noi al primo utilizzo. Pertanto è sempre bene controllare i finecorsa quando saliamo per la prima volta su una bici con cambio elettronico.
Sempre restando in tema cambio, molto utile il rapporto 40/10 che permette un buono sviluppo metrico e di raggiungere elevate velocità.
Rispetto alla tradizionale frenata SRAM (per alcuni piuttosto spugnosa e a prima sensazione poco efficace), su questo nuovo Rival il feeling di frenata è molto più simile a quello Shimano, quindi molto più deciso ed energico. Si perde però un po’ di modulabilità.
Una nota negativa riguarda il manubrio. La diminuzione di reach del manubrio e della lunghezza dell’attacco manubrio, uniti con un drop piuttosto elevato del manubrio stesso, hanno reso nel mio caso l’impugnatura un poco scomoda in particolare dopo uscite di lunghezza superiore alle 4 ore. Il flare di 13° è poi evidente: se non si è abituati, la posizione in cui si è costretti può far storcere il naso.
Ottima la sella, sempre comoda anche dopo parecchie ore di pedalata.
Ruote Bontrager promosse, anche dopo essere state maltrattate per 1000 km non hanno dato il minimo problema. Buona anche la loro reattività nei rilanci e la prontezza di ingaggio della ruota libera.
I copertoncini forniti di serie sono poi un ottimo compromesso tra utilizzo gravel e stradale, vanno in crisi solo su terreni molto fangosi ma, per queste condizioni, esistono modelli dedicati. Buona anche la loro durata e resistenza: a fine test il battistrada non presentava segni di usura e non abbiamo mai forato.
Conclusioni
Trek è riuscita a creare una bici gravel che segue le ultime tendenze di questo mondo, che vanno sempre più verso sterrati difficili, senza sacrificare totalmente maneggevolezza e reattività di cui la Checkpoint ha goduto in passato con la prima generazione. Bici gravel quindi da consigliare per chi intende affrontare percorsi impegnativi e anche cicloviaggi date le ampie possibilità di fissaggio di borse. Il peso rimane contenuto e, utilizzandola su strada, si riescono a percorrere anche tanti chilometri senza affaticarsi troppo.
In effetti io sono sempre solo stato stradista, fuori ho fatto di tutto ma solo con le scarpe da trail :-)xxxx e proprio per questo forse oserei mediamente qualcosa in più, quello che penso però è che lo stradista puro cercherà, anche in fuoristrada, le sensazioni più "race" ovvero rigidità, brillantezza, agilità, aerodinamica... e se le si "castra" troppo poi magari "manca qualcosa" proprio a livello di sensazioni... ;-) ...Anche perché, almeno in molti posti del nostro bel paese, ok il fuoristrada, ma gravel resta comunque ALMENO il 50% di asfalto, ma ALMENO! ;-)
c'è anche l'esperienza e la statistica. ho iniziato nel 92 con la mtb rigida e sezioni gomme che +o- sono tipo quelle di adesso, mescola a parte. erano geometrie non troppo distanti dalle gravel di adesso, tranne per manubrio e inclinazione forcella .
l'evoluzione l'ho seguita più o meno tutta. in mtb sono caduto un sacco di volte e ogni volta mi ha lasciato un segno, ultimamente cado sempre meno ritengo perche le moderne mtb sono molto più guidabili e sincere e gli ammorzatori dei veri ammortizzatori e non come quelli poco sinceri degli anni 90 primi anni 2000.
una gravel rigida per quanto moderna non avrà mai il feeling sui terreni smossi che può dare una mtb e la caduta sarà sempre dietro l'angolo specie su terreni che non si conoscono. d'altra parte coperture, passo e ammortizzatori giocano solo dalla parte delle mtb.
sulla bdc in compenso in 15 anni sono scivolato una sola volta quasi da fermo su una curva con muschio.
il tutto per dire, senza polemica, che la bici gravel non lo ritengo il miglior mezzo per un amatore per fare offroad spinto. per un discorso di sicurezza.
vedi che per superare certi limiti si introducono manubri con sempre meno drop e sempre più flare, gomme sempre più generose e si comincia a parlare di ammortizzatori.
la gravel per me è solo light offroad su territori che lo consentono. per fare solo strade bianche anche una endurance bdc gommata ad hoc potrebbe fornire risultati equivalenti