Le opinioni su Remco Evenepoel sono sempre molto polarizzate, tra chi lo detesta e chi no, ma in genere, per quanto sentito fino ad ora, i suoi colleghi corridori ne hanno sempre parlato molto positivamente, al limite dell’ammirazione per quanto riguarda le sue doti atletiche. Tra questi si può ora annoverare Rui Costa, ex campione del mondo portoghese, che per il quotidiano lusitano O Jogo ha parlato del campione belga e di quanto successo nell’ultima, spettacolare, tappa della Vuelta España appena trascorsa.
Rui Costa risponde alla domanda se l’ultima tappa, con arrivo a Madrid sia stata una delle più spettacolari: “Lo è stata, perché è stata diversa dal solito. L’ultima tappa è sempre decisa allo sprint, ma sapevamo che a Madrid non c’era un livello di velocisti come si vede al Tour. A Parigi è quasi impossibile andare in fuga, la velocità è altissima e ci sono tante squadre con uno sprinter che vuole la vittoria. In Spagna, non essendoci così tanti velocisti, e curiosamente il migliore di loro, Kaden Groves, si era unito a noi in coppia con Remco Evenepoel, le possibilità sono aumentate. Ma nonostante ciò ho mollato negli ultimi 500 metri.”
Il portoghese, uno dei corridori più scaltri ed esperti in gruppo aveva già pensato ad una tattica: “In una situazione come quella volevo il miglior risultato possibile. Sapevo che vincere era difficile, ma avrei potuto conquistare il terzo o il quarto posto. Se non avessimo avuto la pressione del gruppo avevo già scelto (di seguire -ndr-) la ruota di Ganna perché sapevo che era il corridore da battere, e poi avrei potuto provare a staccarlo“.
Rui Costa poi ha lodato il proprio connazionale Joao Almeida, che non si è arreso nonostante un raffreddore e mal di gola che lo ha limitato: “pensava che un piazzamento tra i primi dieci sarebbe stato un buon risultato, tra i primi cinque sarebbe stato molto buono e tra i primi tre sarebbe stato eccellente. Non tutti i Grandi Giri sono uguali. Ha avuto un momento difficile, era raffreddato e aveva mal di gola. Ha perso un po’ di tempo, ma non si è arreso, a differenza di Remco“.
Ecco quindi che il portoghese risponde ad alcune domande sul talento belga, sempre al centro dell’attenzione dei media: “È curioso che proprio il giorno prima (dell’ultima tappa-ndr-) avessi discusso con i miei compagni del fatto è un corridore forte e super esplosivo e che, si, aveva vinto la Vuelta precedente, ma che continuavo a pensare che fosse più adatto alle classiche e alle corse di una settimana. Di fronte al gruppo di eccellenti corridori da tre settimane che abbiamo attualmente sarà difficile per lui tenergli testa. Mi riferisco a Vingegaard, Roglic e Pogacar. Non voglio considerarmi al suo livello, perché non lo sono, ma ho sperimentato ciò che sta cercando di fare, sta cercando di cambiare ciò che è geneticamente. Ero un eccellente corridore per corse di una settimana o di un giorno e volevo applicare la stessa cosa ai Grandi Giri. È stato molto difficile. Nel 2014 (quando tentò di fare classifica al Tour de France con la maglia della Lampre, e di campione del mondo in carica. Si ritirò alla 16^tappa -ndr-) ho lavorato come non mai e poi anche la broncopolmonite mi ha messo al tappeto. Quindi sono tornato alle gare di una settimana. Anche se è molto forte, è un po’ così. Alla Vuelta è stato vuoto un giorno e poi… una bomba il giorno dopo! È stato il più combattivo della Vuelta”. […]”Quando sta bene non è facile da seguire, nemmeno in pianura, il suo ritmo è molto forte. Soprattutto in salita, quando decide di tirare“.
Rui Costa è stato uno dei pochi ad averlo battuto in uno scontro diretto in corsa, in occasione della 15^tappa della Vuelta, ed è stato uno dei primi a congratularsi con lui. In particolare il portoghese ha detto che è amico di Evenepoel: “Abbiamo un rapporto di amicizia, ci scambiamo messaggi. Gli ho anche detto: Ho prenotato questa tappa, e quella e l’altra. Dovresti puntare su quelli più difficili, perché nessuno ti batterà su quelle… Gli ho detto di lasciar perdere la 15^ (tappa appunto vinta da Rui Costa -ndr-), ci ha provato lo stesso e non ha vinto! [ride]“.
L’intervista si chiude con una domanda ficcante: “come reagisce a chi la chiama “succhiaruote”? Non ci faccio più caso. È dura. Prima reagivo peggio. Ora mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro, ma se viene da persone frustrate non la prendo nemmeno sul personale. Quando ero più giovane me la prendevo di più. A nessuno piace sentirselo dire. Quando sei in fuga e stai gareggiando in una tappa ognuno fa il suo gioco. Se devi tirare per evitare di essere ripreso allora devi farlo. Altrimenti nessuno vince. Faccio un esempio: nella tappa che ho vinto al Giro di Spagna Buitrago mi ha chiesto di aiutarlo in salirta. Sapevo che era sul suo terreno e che io ero al limite, così ho detto che l’avrei aiutato più tardi e l’ho fatto. Tutto quello che ho vinto finora non è stato certo grazie al ciucciare la ruota“.
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