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Alcune problematiche dell’anti-doping

Il doping è sempre più sugli scudi nel mondo dello sport, ed in particolare nel ciclismo, in un momento di “passaggio” tra la necessità di riconquistare una credibilità rispetto al passato e la difficoltà nel farlo, sia per ragioni strutturali che culturali. Per ragioni strutturali si intende il fatto che a livello dirigenziale l’ambiente è composto quasi totalmente di persone provenienti dallo stesso, con un passato quindi quantomeno dubbio se non compromesso, con scarse garanzie a livello etico e morale rispetto le “nuove leve” che si formano in questo ambiente. Le alternative a questo sono praticamente assenti, vista l’estrema difficoltà di rinnovare completamente il quadro dirigenziale, che vista la posizione occupata dovrebbe fare un improbabile “passo indietro” volontario.

Restano le ragioni “culturali”, che però per loro natura devono essere considerate non solo nell’ambiente specifico, ma globalmente. Normalmente le principali ragioni dell’esistenza dell’anti-doping sono 4:

  • -garantire pari opportunità ai partecipanti
  • -proteggere la salute degli atleti
  • -preservare l’integrità ed il senso dello sport
  • -porsi come norma della corretta condotta etica

Ecco un tentativo di valutare le problematiche di queste ragioni:

 

Pari opportunità

Garantire pari opportunità per tutti i partecipanti si scontra con le inevitabili differenze dell’ambiente da cui provengono gli stessi. Tecnologie di allenamento e materiali in primis ed in definitiva i mezzi economici. Es. Gli stessi amatori sono fortemente critici con la norma UCI che limita il peso minimo e le forme delle biciclette, assieme alle aziende produttrici ovviamente, che si vedono negare la possibilità di portare la concorrenza dei prodotti sul piano della libertà totale, senza dover rischiare di avere un proprio prodotto molto simile a quello degli altri. Le motivazioni dell’UCI di voler mantenere il primato dell’uomo sulla macchina e di non voler dare troppo vantaggio ai paesi o individui con maggior disponibilità economica non solo non è recepito in gran parte, ma rischia di spostare pesantemente gli eventuali investimenti tecnologici proprio “sull’uomo” e basta.

I sempre più rapidi progressi scientifici nel campo della ricerca medica sono evidentemente a vantaggio degli individui privilegiati che prima degli altri ne hanno accesso.

A questo si aggiunga la percezione di questa motivazione come un po’ paternalistica, visto che i fattori che avvantaggiano alcuni atleti piuttosto che altri sono innumerevoli, dai fattori genotipici e fenotipici al talento.

La salute

Altro argomento spesso percepito come paternalistico è quello della salute degli atleti. In particolare dagli atleti stessi, che nella maggioranza sono soggetti sani e giovani e poco proni a considerare l’eventualità di problemi fisici futuri. A maggior ragione in un contesto agonistico, dove il rischio e la retorica del “sacrificio” sono inerenti.

Fare una volata a 60-70km/h o gettarsi in discesa sotto la pioggia a 80km/h vestiti solo di lycra è un atteggiamento che viene salutato come “eroico” o esaltato quanto meno come “necessario” in un contesto sportivo agonistico d’élite. Visto ciò diventa difficile utilizzare il solo argomento del preservare la salute riguardo la possibilità di problemi futuri legati all’assunzione di sostanze. In mancanza anche di una vera e ben pubblicizzata campagna che ne dia evidenza e statistiche.

 

L’etica sportiva

L’argomento del mantenimento dell’integrità dello sport è fondato sul fatto che il doping compromette i fondamenti etici e la funzione sociale dello sport.

Questo però ignora le differenze tecnologiche e culturali che hanno permesso lo sviluppo dei vari sport, che sono nati in contesti culturali e sociali differenti. Senza contare l’impatto che la tecnologia, la scienza e gli interessi economici hanno esercitato ed esercitano. Es. Le olimpiadi che sono l’evento simbolo della cultura dell’etica sportiva sono un evento organizzato con principi di concorrenza ed interessi economici che spesso stridono con l’etica che propugnano.

Questo porta anche a considerare abbastanza ingenua la linea di pensiero che vorrebbe gli atleti di alto livello come esempi e/o modelli da seguire giudicandoli però con criteri molto più stringenti  di quelli che sono richiesti ad altri cittadini “importanti” e che sono modelli da seguire. Senza contare che sostanze e pratiche per migliorare le proprie prestazioni o la qualità della propria vita sono normalmente accettate nella società, dalle droghe ricreative (il legame tra queste e quelle performative è considerato tanto stretto da essere presenti nella stessa lista di quelle proibite) a quelle per migliorare le prestazioni sessuali, combattere l’invecchiamento, etc… fino alla chirurgia estetica. La linea di confine tra “naturale” ed “artificiale” si fa sempre più sfumata nella società contemporanea.

 

Norma di condotta

La politica antidoping attuale è perlopiù orientata ad un approccio costoso, repressivo e a “tolleranza zero”. I risultati di questo approccio sono da più parti invocati come da inasprire, ma al contempo si scontrano con dibattiti in corso da anni sull’efficacia di questo approccio. Basti pensare al proibizionismo, al fatto che al contrario, nella società l’utilizzo di dopanti si stia banalizzando anche per soli fini estetici come per gli steroidi da palestra, oltre al far fiorire un mercato nero ed illegale che prospera nella produzione di sostanze dopanti, spesso al di fuori di ogni controllo qualità, sia nella qualità della sostanza che nel metodo della sua somministrazione. E per finire, da parte di molti atleti d’élite si è ormai consolidata l’opinione che i metodi e protocolli antidoping ormai violino le più elementari nozioni di libertà e privacy personale.

 

A conclusione

Da questo a trovare delle soluzioni il passo è molto lungo. Cercare di fare il punto sui problemi di base e vedere se siano condivisi o se se ne siano tralasciati potrebbe essere un punto di partenza.

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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