Antoine Vayer, 50enne francese, è l’equivalente di un professore Isef italiano, ex allenatore per le cronometro della Festina ed oggi opinionista ed (auto)editore di libri. Il suo cavallo di battaglia è il doping. Il suo stile è molto poco politically correct con palesi sconfinamenti nella maleducazione e grossolanità. La combinazione lo ha fatto chiaramente stare molto poco simpatico ai suoi bersagli, ovvero molti ciclisti ed ex. Un esempio per tutti Bernard Hinault che lo ha definito tout court “completamente coglione”.
Il metodo con cui Vayer si propone è quello dell’analisi delle prestazioni degli atleti via Watt. In particolare ha pubblicato un libro (“Tous dopés ? La preuve par 21“) in cui analizza le prestazioni in salita di 21 corridori, con cui è diventato molto noto ed ha fatto “esplodere” l’utilizzo delle analisi basate sulle stime dei Watt. Metodo che ovviamente è anche contestato, ma che in verità, con alcune approssimazioni, può dare un indicatore della “pulizia” di una prestazione. Senza entrare nel merito, l’argomento è piuttosto complesso e necessita di conoscenze non banali per essere affrontato correttamente, ma importante è ricordare che la soglia limite (-limite-) per una prestazione “pulita” è un rapporto di 6,2W/Kg o più per un tempo di 30′ o più (valore non impossibile, ma che significherebbe capacità molto molto al di sopra della media, in particolare su tappe di 5h o più, tanto da essere considerate inverosimili). Questo valore è condiviso dai fisiologi di tutto il mondo.
Il punto è che dopo essersi occupato di diversi corridori negli ultimi anni, e Froome più di altri recentemente, ora nel mirino di Vayer è finito Vincenzo Nibali, grazie alle prestazioni di questi giorni al Tour de France.
Ma soprattutto non si tratta dei soliti messaggi velenosi (o anche cafoni) che Vayer twitta in abbondanza quotidianamente, ma di un articolo pubblicato sul maggiore quotidiano francese: LeMonde. L’articolo è intitolato “La dissuasion n’affecte pas l’irréductible Italien” (“La dissuasione non influenza l’irriducibile italiano”) e parte dalla constatazione che la grossa pressione fatta ultimamente da agenzie antidoping, Gendarmi, doganieri, passaporti biologici, test ematici, etc.. sta portando il ciclismo a vedere finalmente “la luce” dopo anni di tunnel buio, soprattutto per le generazioni più giovani di corridori, che nemmeno più si lamentano continuamente come i loro predecessori dei test ematici a ripetizione, tanto sono nati e cresciuti in questo sistema. A supporto di questo ottimismo Vayer porta come sempre l’analisi grazie ai watt, constatando che sono in calo costante (30Watt in meno sulla prima salita seria del Tour, il col de Palaquit, rispetto gli anni precedenti). Il dito però lo punta contro i corridori che rispetto il passato non hanno avuto flessioni nelle prestazioni, e questa volta tocca a Nibali.
La prova Vayer la prende nella salita di Chamrousse della 12^ tappa, vinta da Nibali “con le dita nel naso” secondo Vayer, facendo marcare l’8° tempo assoluto di questa ascensione. 3′ dietro il recordman Armstrong, ma pur davanti al suo mentore Alexandre Vinokourov, che nel 2001 ci ha messo 50’42”, e non a “pane ed acqua” secondo Vayer. Idem per la salita a la Planche de Belles Filles quattro giorni prima, salita su cui Vayer stima un’accelerazione di 414watt nella seconda metà della salita dopo 5h di tappa, e su cui, sempre secondo Vayer, Nibali “non avrebbe spinto a fondo l’acceleratore” visto che era persino superfluo (per un rapporto W/Kg di 5.87).
L’articolo si chiude con una delle sue solite ironie, che per carità di patria, è meglio tralasciare.
In generale la pressione monta sulle spalle di Nibali, tanto che oggi si è tornati (in piccolo) al clima dell’anno scorso in conferenza stampa quando il duo Sky Froome-Brailsford si metteva in trincea con l’elmetto per proteggersi dal fuoco di fila delle domande sul doping.
Un giornalista ha chiesto oggi a Nibali se abbia mai conosciuto nel 2009 Michele Ferrari, “il dottor Mito”, come alcune illazioni vorrebbero. Nibali ha risposto seccamente di no, ricordando che quelle storie, comprese alcune fantomatiche foto che lo avrebbero ritratto in bici con Ferrari, cronometro alla mano, sullo sfondo, sono state inventate da Ivano Fanini della Amore&Vita, che è stato denunciato da Nibali. Caso concluso con l’ammissione di Fanini di essersele inventate.
Caso chiuso? Mica tanto, visto che in serata è lo stesso Ferrari a farsi vivo su Twitter:
It just hurts, Niabli says he never worked with me. Dammit.
— IL Mito (@MikeFerrari4) 19 Luglio 2014
@Digger_forum I just miss him and his unusually large “wattage”
— IL Mito (@MikeFerrari4) 19 Luglio 2014
Scherzi? Ironia?
Intanto Vayer ritwitta allegro.