Bdc-forum ha il piacere di potervi fornire un report dell’Australian Custom Bicyle Show, svoltosi a Melbourne il 1-2 Dicembre, grazie al nostro utente e per l’occasione inviato DeivSaiborg, che ringraziamo per il servizio e le belle foto.
A voi:
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Nel panorama commerciale ci sono alcuni mercati nei quali spesso si entra solo attraverso l’ingresso secondario, quasi clandestinamente, quello delle biciclette, e dei relativi accessori pare proprio essere cosi’.
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Lo spazio per tutti in se’ forse non manca, solo che i colossi che imperversano nel Pro Tour e nei magazines specializzati rendono la vita dura a chiunque privo dello stesso pedigree e dello stesso blasone voglia guadagnarsi un posto al sole.
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Ma, generalmente parlando, l’appassionato di bici e’ esigente si informa, ricerca su google, testa, parla col compagno di uscite. E se il prodotto e’ buono, e si riesce a piazzarlo anche a pochi (ma buoni) … il gioco e’ fatto. Niente pezzi fatti in serie, niente standard di massa al quale aspirare, niente fatturati da mibtel, ma una fetta di mercato ce la si puo’ ritagliare lo stesso ed essere felici.
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Insomma basta entrare, non importa da quale ingresso ed una volta dentro tutti potranno notare la qualità del prodotto e non ci vorrà molto prima che la bellezza dell’abito e di quella che fino a poco tempo fa gli altri chiamavano Cenerentola, saltino all’occhio dei presenti.
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Il ragionamento che procede vale a maggior ragione se si parte da una realta’ geografica, come quella Australiana, che non ha i numeri del mercato statunitense, la tradizione di quello europeo e la relativa facilita’ di trasporto che caratterizza le reti commerciali del nuovo e del vecchio continente.
Certo, lo sport australiano a due ruote fornisce da diverso tempo un buon numero di ciclisti professionisti su strada di sicuro livello (Robbie McEwen, Michael Rogers, Stuart McGrady, Cadel Evans e Orica Green Edge su tutti), e questo accade in misura superiore di quanto accade altrove in proporzione al numero di abitanti e di praticanti (visto che gli abitanti superano di poco i 20 milioni). Ma competere con Trek, Colnago, Ritchey, 3T, Fizik, come si fa?
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Non si fa, ovvio. E allora bisogna inventarsi qualcosa … cosa? I produttori su larga scala locali (Malvern Star e la neozelandese Avanti) praticamente sono conosciuti solo “Down Under”, dove sono avvantaggiati da un pizzico di sciovinismo, e dai quasi inesistenti costi di importazione. Ci sono poi alcune realtà il cui nome inizia a farsi largo anche a livello internazionale. I piu’ famosi di tutti sono i marchi creati dai telaisti Darren Baum (Baum Cycles) e Darrell McCullogh (Llewellyn Custom Bicycles, gia’ intervistato dal Forum). E altri, c’e’ da giurarci, seguiranno presto.
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La strategia seguita da Baum e Llewellyn e’ semplice, ovvero un antidoto alla produzione di massa: non una bicicletta che sia uguale ad un’altra, un’attenzione maniacale al dettaglio, dialogo aperto con il cliente in modo tale da capirne tutte le necessità (dall’estetica alla funzionalità), materiali grezzi e prodotti di qualita’ assoluta e finiture da esposizione. E se si finisce con lo spendere tanto quanto la Bianchi spendeva per una delle bici del Pirata, pazienza. Il cliente contento spende quasi volentieri, e probabilmente spendera’ di nuovo e, appena le finanze lo permetteranno, di piu’.
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Del resto, come dice Andy White (fondatore del blog Fyxomatosis, famoso soprattutto per materiale fotografico da urlo: www.fyxomatosis.com), “Life is too short to ride shit bikes”, la vita e’ troppo corta per andare su bici di m… ehm schifose. Tanto vale farsi una bici che sia bella, e che sia propria, custom, come nessun altro al mondo potrà mai averla.
Andy e’ uno che di bici se ne intende, intanto ha girato il mondo, e dovunque sia stato, per vacanza o lavoro, il suo mezzo di trasporto era la bici. Mountain bike, single speed, bici da pista, siluri in carbonio, gioielli vintage, se avevano due ruote e la propulsione umana, lui le ha provate tutte. Ha coltivato aspirazioni da agonista serio (anche se, dice, non da professionista), ha lavorato una vita come bike messenger (uno di quei pazzi che nelle grandi citta’ sfrecciano a 40 all’ora nel traffico, senza freni, e spesso senza rispettare un segnale che sia uno – nessuno e’ perfetto-) e dopo un brutto incidente (una ruota sfilata gli ha lasciato il collo fratturato in 3 punti), ha deciso di smettere con le consegne e l’agonismo, ma rimanere nell’ambiente a due ruote … e ora fa un po’ di tutto: era ed e’ rimasto patito (di bici), blogger di tendenza (argomento: le bici), fotografo (di bici), consulente restauratore (di bici), organizzatore di eventi (indovinate di che tipo?) … una vita da sogno, per molti di noi che si devono accontentare di un lavoro da scrivania.
L’ultimo coniglio che Andy ha estratto dal cilindro e’ ACBS – Australian Custom Bike Show. Una due giorni di bici customizzate e pezzi unici, di bike-porn fatto a mano, dove dodici tra i nomi piu’ importanti dell’industria artigianale australiana hanno avuto modo di far conoscere i loro prodotti non attraverso l’efficace, ma talvolta fredda, pagina di un settimanale, ma con una semplice chiacchierata in prima persona con i (potenziali) clienti – sapore di bottega, sapore di altri tempi. Il tutto l’1 ed il 2 Dicembre, all’inizio dell’estate australiana, a Melbourne, la capitale sportiva della nazione.
Un’idea che parte dalla passione per il fatto su misura e per la qualita’ ad ogni costo, un progetto che probabilmente trae ispirazione dal piu’ famoso festival del settore, l’americano NAHBS, che partito da poche centinaia di visitatori arrivati il primo anno, è ora un evento di fama mondiale.
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Forse i margini di espansione del cuginetto australiano sono piu’ ristretti, e con essi anche il margine di crescita, ma il ben di Dio in esposizione parla per sé. Le foto, scattate in uno showroom molto new age, luci basse e muri tutti bianchi (cosi’ che i colori delle biciclette risaltassero ancora di più) non rendono giustizia alla bellezza che che ho avuto di sperimentare con i miei occhi, ma ci si prova lo stesso.
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A farla da padrone, nel salone piu’ grande dello showroom, gli stand di Baum e Llewellyn. Il Deus ex Machina di Llewellyn (www.llewellynbikes.com), Darrell, e’ seduto ad un tavolino dietro i due palchi dove sono esposte le sue bici. Parla con una coppia, stanno discutendo i dettagli del prossimo ordine: a giudicare da quel che colgo della conversazione, lui e’ un appassionato, ma lei dev’essere relativamente nuova in fatto di bdc. Ma e’ anche molto fortunata: partirà da una Llewellyn! Attorno a loro, bellissimi telai in acciaio, decorazioni stile retro, cromature a vista, finiture elaborate e perfette, verniciature di livello assoluto. I telai Llewellyn, un po’ per il design, un po’ per le cromature secondo me andrebbero tutti montati, di default, con pezzi vintage anni 70 o 80 … ovviamente la maggior parte dei clienti di Darrell non la vede cosi’ e le bici montano gruppi moderni (quasi tutti Campagnolo, ma forse e’ una coincidenza). Ognuna ha il nome del proprietario in bella vista: bisogna che si veda che il telaio e’ fatto su misura!
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Tra le altre opere d’arte coglie la mia attenzione un telaio oro-verde (colori che stanno all’Australia come l’Azzurro sta all’Italia), corredato di borse in pelle anteriori e posteriori, pronto all’uso cittadino. Mi colpisce molto l’orologio a lancette montato nell’estremita’ del tubo della forcella.
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Pochi metri piu’ in la’ Darren Baum (www.baumcycles.com) é letteralmente assediato da clienti (acquisiti o potenziali) che fanno letteralmente la fila, alle sue spalle, per scambiare due chiacchiere con lui. E’ un nome molto noto, in Australia: sulla copertina dell’autobiografia del 2009 Cadel Evans porta sulle spalle una sua bicicletta (ovviamente senza marchi, i contratti con gli sponsor vanno onorati!). E ci sono orde di appassionati che, in Australia e non solo, farebbero di tutto per assicurarsi uno dei suoi telai in titanio. Baum ha portato 4 bici complete, tutte del metallo piu’ pregiato: la sua MTB personale una Extensa verniciata in maniera da richiamare la colorazione della componentistica SRAM, due Corretto, una da strada ed una da pista (entrambe di proprieta’ di un cliente con molto buon gusto e molto denaro – le Lightweight Obermayer in edizione limitata da 99 pezzi valgono quanto un’utilitaria)
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e l’ultima arrivata, la Corretto Rapha. Un bolide nero con dettagli … in rosa, anzi il Rosa, quello della Gazzetta. Da quel che ho capito nella breve chiacchierata con Darren (speriamo ne seguano altre!!!) al telaio dipinto di nero sono state incollate delle pagine di carta velina stampata ad immagine e somiglianza dell’italica bibbia dello sportivo. Il tutto poi e’ stato ricoperto da uno strato di vernice trasparente … e voila’, il gioco e’ fatto. A vederla, splendida ed unica, forse irripetibile, viene da dire: ma perche’ non ci ho pensato io (brutta cosa, l’invidia)! Parlando con Ryan, uno dei collaboratori di Darren, gli dico “Ma sai … l’unico problema delle vostre bici e’ che se me ne compro una … perche’ mai dovrei sentire l’esigenza, in futuro, di comprarne un’altra? In titanio, fatta su misura, col telaio rigido a seconda delle mie esigenze, i pezzi che ho scelto io e la verniciatura fatta come da me richiesta … con che coraggio potrei dire a mia moglie che ne voglio un’altra?”. Ryan sorride, chiama a sé Darren e dice “Eccone un’altro”. Darren, che ha capito, dice placido: “Non ti preoccupare, se vuoi un’altra bici, lo shopping da noi lo puoi sempre fare, l’unica cosa che non ti posso dare é lo spazio in garage”.
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Le Corretto hanno in comune, oltre al telaio in titanio, un elemento di contorno non da poco. Hanno tutte selle foderate e nastro manubrio di pelle fatti da Busyman Cycles (www.busymanbicycles.blogspot.com).
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Mick Peel, l’artigiano / artista dietro questo marchio, lavora il cuoio e, con tecniche che sanno di secolo scorso, produce pezzi che uniscono la leggerezza e l’affidabilita’ dei materiali costruttivi moderni, all’estetica vintage data dalla vera pelle. Per le selle Mick lavora con il cuioio di pelle di canguro, molto resistente allo sfregamento ma comunque duttile e che si presta a lavorazioni particolari. Con una delle sue selle son finiti i tempi dei colori e delle grafiche adottate dai grandi produttori (che di solito non sprecano l’occasione di piazzare sulla sella un marchio, non sempre esteticamente gradevole, delle dimensioni di un DVD). Il materiale scelto per i nastri invece é il cuoio di pelle di mucca, più morbido al tatto e confortevole di quello di canguro. Mick mi dice che pensa che i suoi nastri possano durare anche piu’ di cinque anni, ma ammette di non aver cominciato da tempo sufficiente per poterlo verificare. Ha un catalogo con tutti i disegni e le lavorazioni standard, ma mi assicura che, sia per le selle, che per i nastri, se ho qualcos’altro in mente, basta che glielo faccio sapere. Gia’ so cosa chiedere a Babbo Natale. La lista d’attesa e’ piuttosto lunga, pero’: due mesi, per il nastro che vorrei. Mick é subissato di ordini, ma il fatto che la sua professione sia Professore universitario (no, non e’ uno scherzo) gli vale da giustificazione (quasi) piena. Intanto, io rimango col nastro vecchio.
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Degne di nota anche le lavorazioni di Patebury (www.patebury.com) che utilizzano il pellame di canguro per rivestimenti per selle di impatto minimalista, nastri manubrio e cinghie per pedali leggere e resistenti, che fanno anche da gabbia … cosi’ da evitare crack improvvisi e catastrofici.
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Menzione di nota anche per la Cycle Design (www.cycledesign.com.au) di Joe Cosgrove – e’ un Master Painter, uno che i telai non li costruisce, li dipinge e basta. Ma lo fa cosi’ bene che Llewellyn gli affida ogni telaio che costruisce e le fotografie, credo, dimostrano la qualita’ di ogni sua lavorazione. Joe lavora anche “in privato” sotto il marchio Frezoni, ed e’ specializzato nei telai replica di bellezze antiche.
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Solo dodici stand, una manciata di metri quadri … eppure son gia’ passate tre-quattro ore tra telai, accessori, foto, chiacchiere, ispirazione … e sogni. Inforco la bici e sono di rientro. E’ tempo di pedalare, finalmente. Per ora il destriero e’ prodotto in serie. Il purosangue customizzato, verrà.
Speriamo presto.
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