Secondo quanto riportato dal britannico Guardian il caso Froome sembra portare verso l’appello al TAS (tribunale arbitrale dello sport) di Losanna, sulla base di due fatti: le nuove regole WADA contemplano un margine nei controlli per il salbutamolo, dovuti alla disidratazione e concentrazione delle urine, e il risultato di Froome sarebbe stato “ricalibrato” da 2000ng/ml a 1429ng/ml. Il che lo fa rimanere in ogni caso un “controllo analitico avverso” e potenzialmente una violazione antidoping, ma su nuove basi.
L’altro è uno studio pubblicato dal British Journal of Clinical Pharmacology intitolato nientemeno che “Futility of current urine salbutamol doping control”, redatto dai ricercatori del Centre for Human Drug Research di Leiden nei Paesi Bassi. Questo studio riporta dei test, secondo i quali con il massimo dosaggio di salbutamolo ammesso, nel 15,4% risultano falsi positivi. Concludendo che “la soglia massima attuale porta ad incorrette presunzioni di violazioni, e molte violazioni non vengono rilevate”. Pertanto il test andrebbe rivisto.
La WADA continua a considerare il test valido, ed un portavoce ha dichiarato: “La WADA ha condotto molti studi sul salbutamolo e continua a condurne sui Beta-2 antagonisti. Crediamo che la soglia massima attuale sia solida rispetto al letteratura scientifica sul salbutamolo degli ultimi 20 anni, sulla base di informazioni pubblicate e non pubblicate non ci sono motivi di cambiare la soglia per il salbutamolo“.
Riguardo l’attuale partecipazione di Chris Froome al Giro d’Italia e l’eventualità di una squalifica successiva, Mauro Vegni, ha dichiarato che dopo colloqui col presidente UCI David Lappartient ci sarebbero garanzie che un’eventuale vittoria di Froome non verrebbe revocata.
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