Chi è Jonas Vingegaard? Alla fine della tappa di oggi (a meno di catastrofi impreviste) con la passerella sotto l’arco di trionfo a Parigi Vingegaard sarà il vincitore del Tour de France, la corsa ciclistica più importante del mondo. Ma per il resto questo 25enne danese di Hillerslev è un personaggio ancora da scoprire, e che, anzi, non sembra per niente voler farsi scoprire e diventare personaggio.
Di lui ormai quasi tutti sanno che faceva “il pescatore”, che è una di quelle etichette che spesso la gente incolla addosso a qualcuno pur di identificarlo (come il saltatore con gli sci per Roglic). In realtà Vingegaard ha lavorato per un periodo in una fabbrica dove si inscatola pesce quando aveva 19 anni. Il piccolo Jonas è sempre andato in bici, ma le sue passioni erano la pallamano e il calcio (grande fan del Liverpool), fino al giorno in cui vide passare vicino casa il giro di Danimarca. Da allora cominciò a dedicarsi al ciclismo nelle piatte pianure attorno a Hillerslev.
Nella primavera del 2016 passò professionista, nelle file della squadra danese ColoQuick, a 19 anni, con viatico una sola vittoria in una gara regionale ad Hammel. I direttori sportivi della ColoQuick non gli proposero però un contratto con retribuzione, ma gli chiesero di andare a lavorare. Il che può non suonare benissimo, ma l’idea era che i direttori sportivi Brian Petersen e Christian Andersen si erano accorti che era una persona molto disorganizzata e poco sicura di se. L’idea del lavoro doveva servire a dargli un ritmo quotidiano e ad imparare la gestione del tempo. Cosī il giovane Jonas prima si occupò dell’imballaggio e poi dell’organizzazione delle vendite per più di due anni (insomma, non ha mai pescato). Nella stessa azienda ha lavorato anche Michael Valgren (EF).
Nel primo anno da pro regalò alla sua squadra i migliori risultati di quell’anno: 2° al giro di Cina, con anche un 2° posto nella 3^ tappa. La mattina prima di allenarsi lavora, il ritmo c’è, ma i risultati faticano ad arrivare. Poi nel 2017, dopo un 4° posto al Tour du Loire et Cher vinto da Alexander Kamp (ora alla Trek) cade al Tour of Fjords e si rompe una gamba. Resta lontano dalle competizioni da maggio sino al marzo dell’anno successivo.
Nel febbraio del 2018 però Jonas conosce la direttrice marketing del main sponsor della squadra, Trine Hansen, di 11 anni più vecchia di lui. E’ lei stessa che racconta come andarono le cose: “La prima volta che l’ho visto avevo 32 anni e lui ne dimostrava 14! Quindi non l’ho nemmeno guardato. Ma ha insistito così tanto che dopo pochi mesi sono crollata. Non capita spesso di incontrare ragazzi così, con un cuore d’oro. Era molto calmo, mai di cattivo umore o esigente. Non stava cercando di impressionarmi, come fanno alcuni uomini. Mi è piaciuto questo di lui. Non pensava che sarebbe diventato professionista. Disse che voleva fare il banchiere e io mi immaginavo come moglie di un banchiere” (la madre di Trine è una persona famosa in Danimarca, essendo stata la protagonista di un programma tv stile Masterchef).
Ora, sistemato sentimentalmente, Vingegaard pensa solo al ciclismo. Timido e molto riservato rifiuta interviste e passaggi in televisione, deputando la gestione dei propri affari e della propria immagine a Trine. Vince il prologo del giro della Val d’Aosta e del Monte Bianco.
Infatti Vingegaard all’epoca era considerato un ottimo prospetto come cronoman. Arriva 15° ai campionati nazionali a cronometro, a 2’27” dal vincitore Matthias Norsgaard (ora alla Movistar). I risultati latitano, ma viene selezionato nella nazionale danese U23 per i mondiali a Innsbruck. Ma le cose vanno male, arriva 64° a 10’49” dal vincitore Marc Hirschi. Come ricordano i suoi DS dell’epoca Vingegaard era molto ansioso, prima delle partenze tremava dal nervosismo, in particolare se sapeva di avere delle chances di fare bene. “Più l’obiettivo era alla sua portata e più si bloccava“, ricorda Andersen.
Nel 2019 il passaggio alla Jumbo-Visma. Il primo risultato di rilievo lo ottiene vincendo la 6^tappa del giro di Polonia, allo sprint contro Pavel Sivakov e Jai Hindley. In seguito a questa vittoria indossa anche la maglia di leader quando manca solo una tappa alla fine. La notte precedente all’ultima tappa però è talmente nervoso che non riesce a mangiare e non dorme. Il giorno seguente esplode, arrivando 81° a 14’30” dal vincitore, Matej Mohoric, per finire mestamente 26° in generale.
Vingegaard si affida alle cure di una società di mental coaching, ma il vero cambio di passo lo fa grazie alla nascita della figlia Frida, nel settembre 2020, qualche giorno prima che il compagno di squadra Roglic perdesse il Tour de France nella cronometro finale a La Planche de Belles filles. L’anno successivo vince una tappa del UAE-Tour battendo Tadej Pogačar sul ripido arrivo di Jebel Jais e poi vince due tappe e la classifica generale della Settimana Coppi e Bartali a marzo.
Merjn Zeeman, Team Manager della Jumbo-Visma, sa che Vingegaard “ha i numeri”, ma che ha bisogno anche di trovare fiducia nei propri mezzi. Visti i risultati incoraggianti lo manda come co-capitano assieme a Roglic al giro dei Paesi baschi. Roglic con cui ha un ottimo rapporto, lo sloveno infatti gli ha sempre fatto da “fratello maggiore” nella squadra, condivide con lui anche l’agente. I due della Jumbo fanno una doppietta: 1° Roglic, 2° Vingegaard.
La Jumbo lo seleziona per il Tour de France, ma l’effetto su Jonas non è quello sperato: è nervosissimo, non riesce a mangiare, dorme poco. Anche in preparazione al Tour si sveglia all’alba, ma non riesce a scendere dal letto se non dopo ore in cui si rigira pensieroso nel letto, come ha raccontato Trine a l’Equipe. E’ lei che lo spinge a mettere della musica, a parlare con le persone non solo di ciclismo. Insomma ha cercato di “scuoterlo in un modo anche un po’ duro“. Trine e Frida non vanno al Tour a seguirlo. Vingegaard si compra un telefono con un numero che da solo alla propria famiglia, e da li inizia lo strano rito in cui 30” dopo l’arrivo di tappa Jonas chiama compagna e figlia.
Alla Jumbo ovviamente lo sanno e evitano in tutti i modi di mettergli pressione. Al Tour dello scorso anno, dopo il ritiro di Roglic, era palese che Vingegaard fosse il capitano, ma nella squadra olandese l’argomento è tabù. Zeeman ha raccontato di come mai gli abbiano detto che lui fosse il capitano, e che prima di ogni tappa, nei briefing di squadra lui desse obiettivi e consigli a tutti i corridori, ma non a lui: “gli abbiamo detto che avremo difeso il suo secondo posto solo 2 giorni prima dell’ultima crono“.
Il 2° posto al Tour dello scorso anno però gli da la fiducia di cui aveva bisogno. Lui stesso ha detto che durante questo inverno “ha cominciato a crederci”. Durante l’inverno la famiglia Vingegaard ha comprato casa e Jonas si è rivelato essere portato per il bricolage: Trine ha raccontato di come abbia montato da solo la cucina. E di come lei lo abbia coinvolto nel sistemare la casa, arrabbiandosi quando lui, come suo solito, rispondeva sempre “come vuoi” ad ogni domanda su cosa e come fare.
Vingegaard è descritto da chi lo conosce infatti come molto introverso e dedito a far piacere agli altri prima che a se stesso. Fino a trascurarsi, lasciando sempre agli altri decidere al proprio posto. Ora però, piano piano, Vingegaard pare essere giunto a maturità, riesce a comunicare meglio con i propri compagni di squadra, che lo descrivono tutti come “un ragazzo d’oro”. E soprattutto pare aver finalmente preso coscienza delle proprie capacità.
Stasera, il gradino più alto del podio, con alle spalle l’arco di trionfo, sarà il punto di arrivo non solo di 3 settimane di gara, ma di un percorso di vita.
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