È veramente necessario utilizzare le bici da cronometro nel ciclismo su strada? La domanda la pone nientemeno che Chris Froome (Israel-PremierTech) in un video sul suo canale YouTube, vincitore di ben 7 grandi giri. Froome è in una posizione decisamente ottimale per porre questa domanda senza essere accusato di avere dei pregiudizi, in quanto la sua carriera ha preso una svolta decisamente negativa proprio grazie ad un incidente avvenuto sulla bici da cronometro, ma proprio grazie alla sua abilità a cronometro è anche riuscito a cogliere tante delle sue vittorie.
Riguardo l’inserimento dei settori in gravel e pavé, Froome prende spunto dalla questione sollevata da Matteo Trentin (UAE) dopo il giro della comunità Valenciana, ed il campione britannico pone il problema dal punto di vista dei corridori: “ha senso per avere più spettacolo mettere a rischio il lavoro di mesi di preparazione, non solo del capitano, ma di tutta la squadra nel suo insieme come organizzazione? Pochi metri di pavé o gravel inseriti in una gara a tappe possono far finire la corsa o le ambizioni di vittoria per una squadra intera. Ne vale la pena? ” Froome non ha risposta, e dice di capire il senso del cercare di rendere più appetibili per il pubblico le gare, ma allo stesso tempo definisce “tirare i dadi” l’inserimento di questi settori. E specifica che la questione deve essere vista proprio per le gare a tappe, in cui un eventuale successo si costruisce giorno per giorno, mentre le classiche sarebbero “comunque un tirare i dadi in ogni caso, visto che si tratta di avere una chance in un giorno e basta“. Mentre per i GT secondo Froome l’inserimento di questi settori è un rischio che può togliere più che dare, in quanto nella ricerca dello spettacolo si rischia di mettere fuori gioco i concorrenti più accreditati per poi ritrovarsi con una gara meno spettacolare sino all’ultimo giorno.
E qui si può facilmente intuire come Froome pensi al Tour de France 2014, quando nella tappa del pavé della Roubaix, resa infernale dalla pioggia,fu costretto al ritiro dopo essersi fratturato un polso in una caduta. Mentre altri uomini di classifica persero molto tempo (Contador 2’54”, Pinot 2’28”, Péraud 3’4″), per la gioia di Nibali che arrivò 3° nella tappa e poi vinse quel Tour.
Per quanto riguarda le bici da cronometro la domanda sorge spontanea sia per l’incidente da lui subito, ma soprattutto per il recente incidente occorso a Egan Bernal, il quale ha rischiato letteralmente la vita in un incidente mentre si allenava sulla bici da cronometro. Un incidente apparentemente dovuto solo alla sua distrazione totale (tale da non accorgersi di un autobus fermo davanti alla sua traiettoria), ma anche debitore della posizione tenuta sulla bici stessa, come ha fatto rilevare anche Tom Pidcock.
Froome ricorda appunto come molti dei suoi successi siano arrivati grazie alle cronometro, una disciplina che definisce “arte ed abilità”, ma afferma anche che le bici da cronometro “non sono pensate per essere usate su strade aperte nel modo che serve ad un professionista per prepararsi ed allenarsi alla competizione“.
Secondo Froome non esistono strade in cui è possibile allenarsi con una bici da cronometro senza incorrere in gravi rischi, che siano gli altri veicoli, semafori, stop e quant’altro. Ovvero non esistono strade in cui ci possa allenare nelle condizioni di “strade chiuse” come necessario in competizione. In particolare per periodi di tempo prolungati (Froome fa l’esempio di una crono di 1h, anche se ormai cronometro di 1h sono praticamente sparite dal panorama ciclistico pro).
Quindi Froome pone la domanda: è necessario avere le bici da cronometro nelle gare di ciclismo? Visti i rischi connaturati alla guida di queste bici in se e soprattutto in allenamento? Attenzione però, Froome non chiede se siano da bandire le cronometro, ma le bici da cronometro, lasciando che le prove contro il tempo possano essere corse con le normali bici da corsa, in cui i freni sono sempre a portata di mano e la posizione di guida meno rischiosa.
Inoltre punta anche l’attenzione sul fatto che ci sarebbe un maggior livellamento a livello di materiali tra tutti i corridori usando bici normali, focalizzandosi quindi sulle capacità del singolo atleta e meno sull’attrezzatura (molto costosa in termini di progettazione e realizzazione per quanto riguarda il materiale da cronometro).
Secondo Froome sarebbe facile implementare queste norme per l’UCI, la quale negli ultimi anni è sempre stata invece molto sollecita nel proibire nuove posizioni in bici ritenute pericolose.
Conclude infine dicendo che “per me sarebbe persino uno svantaggio se questi cambiamenti fossero accettati, ma sarebbe un miglioramento in termini di sicurezza per tutti i ciclisti“.
Rilanciamo quindi qui le domande poste da Froome. A voi.
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