Il 18 Luglio 1909 in un giorno estivo che verrà ricordato come la “Domenica nera” del ciclismo su pista tedesco, presso l’impianto sportivo dei giardini botanici di Berlino, poco prima delle 17 ebbe inizio una corsa.
Lo stadio era pieno. Un impianto inaugurato pochi giorni prima che puzzava ancora dell’odore acre dell’olio usato per verniciare la pista e le strutture in legno. 6200 spettatori che pero’ non badavano a quell’odore, rapiti com’erano dallo spettacolo.
Purtroppo pochi minuti dopo il via, il tandem motorizzato che precedeva la stella olandese John Stol cadde scivolando sulla pista ed uscendo dalla stessa ando’ dritto sul pubblico della curva Nord. Il serbatoio del mezzo si incendio’ esplodendo.
Fu il panico. Con la gente che cerco’ di fuggire le fiamme in modo disordinato. 10 minuti dopo arrivarono i pompieri a spegnere l’incendio, ma il bilancio fu comunque pesante: 9 morti (tra cui due donne colpite dal tandem) e 40 feriti, per quello che rimane il più grave incidente del ciclismo tedesco.
In realtà questo racconto da solo in parte l’idea di quello che era una volta il ciclismo su pista ed il perchè era uno sport che attirava le masse: uomini che cercavano di oltrepassare dei limiti, in un mix con la tecnologia che entusiasmava all’epoca, ma soprattutto con il brivido della sempre incombente presenza della morte.
Le morti nel ciclismo su pista erano cosi’ frequenti agli inizi del 20° secolo che la rivista “Bicycle World” aveva una rubrica fissa dal titolo “La morte nelle corse su pista” che riportava i necrologi dei pistard più noti.
Oggi la cosa puo’ fare orrore, ma all’epoca l’atmosfera era diversa da oggi, come si puo’ leggere nel “Sport Album of the cycling world del 1907” per cui il rischio nel ciclismo su pista si riassumeva più o meno cosi’: “[…] come la guerra è la più grande delle virtù per l’onore dell’uomo, [il ciclismo su pista] lo è negli struggimenti più pacifici”.
Ai funerali degli atleti andavano moltissime persone, celebrandoli come eroi caduti sul campo di battaglia, come nel caso dei centinaia di fans di Karel Verbist nel 1909 presenti alle sue esequie.
Per spingere sempre più in la i limiti delle velocità all’epoca si usava correre prima alla ruota di altri corridori, poi di tandem con appositi schermi sul posteriore, infine dietro mezzi a motore. Cercando di rimanerci il più possibile vicini. Era iniziata l’epoca degli Stayer.
Nelle arene dell’epoca non bastasse il fatto che ovviamente non si correva con i caschi, a pochi cm da una moto a velocità spesso folli il pubblico fumava e questo oltre ai gas di scarico delle moto rendeva irrespirabile l’aria per i ciclisti sotto sforzo. Tant’è che presto furono introdotto le maschere d’ossigeno per fargli dare una “boccata d’aria” quando si fermavano. Molti si ammavalano e morivano. Ma anche questo contribuiva a riempire arene come il Madison Square Garden di New York.
Il primo vincitore europeo della prestigiosissima Sei-Giorni di New York fu il tedesco Walter Rütt, in coppia proprio con l’olandese John Stolt. Gli americani gli resero tributi praticamente da odierna popstar ed in Germania divenne una specie di ambasciatore del ciclismo su pista.
In breve tempo a Berlino cominciarono a spuntare piste ciclistiche ovunque. Nel solo 1909 ben 14. Il giornale berlinese che riportava le cronache delle corse vendeva ben 100.000 copie al giorno!
L’incidente della “Domenica nera” pero’ dette una calmata agli entusiasmi: il ministero degli interni Prussiano proibi’ nel 1909 l’uso di mezzi a motore in gara. Il 17 agosto di quell’anno il divieto venne ritirato, ma vennero introdotti limiti di velocità e distanze minime da rispettare. In seguito venne introdotto l’obbligo dei caschi (seppur quelli rudimentali dell’epoca).
Tutto questo diminui’ gli incidenti, le morti…ed il pubblico.
Il colpo di grazia finale arrivo’ nel 1925. Walter Rütt, dopo una carriera professionsitica di 25 anni e 933 vittorie si era ritirato, ma investi’ buona parte del suo patrimonio nella costruzione della Rütt-Arena. Una pista a Berlino con cui sperava di riattirare le folle e molti sponsor americani.
Il meteo berlinese pero’ non gli era favorevole, e spesso doveva cancellare eventi per la pioggia e le intemperie e riportarli a giorni successivi facendo aumentare i costi per pagare i ciclisti che dovevano rimanere impegnati più giorni.
Finchè, il 3 maggio 1931, ovvero 80 anni fa, la Rütt-Arena ando’ in fiamme. Tutto l’impianto, in legno, ando’ distrutto in pochi minuti. Le cause dell’incidente non furono mai chiarite del tutto. Si parlo’ anche di una truffa assicurativa, anche se non fu mai provato.
Cosi’ si chiuse una pagina dell’epoca d’oro del ciclismo su pista.
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