I parte, introduzione
Titolo “pirandelliano”, come spesso paradossalmente tale è trovare riferimenti errati da parte di atleti, spesso involontariamente e senza alcuna “intenzione”, che riportano o riferiscono valori irrealistici utilizzando in maniera ambigua e/o incorretta il termine “soglia” senza ancorarlo ad un preciso riferimento fisiologico o corretto modello matematico/concetto. Ancor più grave è il fatto che spesso tali riferimenti e/o una corretta spiegazione non vengono fornite da chi somministra il test.
In questo articolo, che andrò a suddividere in tre parti, procederò ad analizzare sinteticamente cinque differenti riferimenti di “soglia”. In questa prima parte sarà presentata solo una sommaria suddivisione ed elencazione di questi parametri.
Preambolo: per soglia, in fisiologia -ed allenamento- si intende una zona di demarcazione in cui avviene un cambiamento. Un esempio, la soglia aerobica (AeT, canonicamente a livello internazionale assimilabile a LT, vedi seguito), è definita come la zona di transizione, durante l’attività motoria, in cui la produzione energetica, fino a quelle intensità sostenuta completamente mediante consumo di ossigeno, viene affiancata, in parte, da meccanismi anaerobici che causano un incremento delle concentrazioni di lattato. Il consumo di ossigeno in AeT ma soprattutto ad intensità superiori dipende da fattori correlati alla capacità dell’organismo di distribuire/assorbire l’ossigeno ai/nei tessuti (rimando ad articolo VO2max, LINK).
UNA?
E’ questa l’unica possibile soglia? Probabilmente è una delle più “note”, anche se spesso testata con differenti e più o meno validi protocolli, ma esistono altre soglie utilizzate ed applicate, spesso incorrettamente, come riferimenti nello sport ed in particolare nel ciclismo in quanto attività di endurance.
NESSUNA?
Prima di passare all’elenco e caratterizzazione di alcune “soglie”, voglio sottolineare che, come riportato da altri allenatori (vedi Dalla parte del ciclismo, pag. 39) il concetto di soglia potrebbe essere, paradossalmente, “nullo”, in quanto a) spesso applicazione di una o più convenzioni –e questo è un elemento da non sottovalutare nella molteplicità dell’espressione performance di atleti con caratteristiche differenti- e b) ancora più spesso utilizzata come un limite ed un riferimento “nocivo”, da non oltrepassare; questo limite “puntiforme” effettivamente non è tale ma identificazione di una zona di passaggio di stato con differenti significati ed applicazioni a seconda della disciplina, durata, contesto di gara.
N-MILA?
Ossia un numero elevato di punti di riferimento, come è possibile ciò? Con l’utilizzo dei misuratori di potenza è concretamente realizzabile e quantificabile, per ogni singolo atleta, una metaforica ”impronta digitale” delle capacità e caratteristiche dell’atleta, ovvero, il suo profilo di potenza (Curva Mean maximal power, MMP) o fenotipizzazione (di seguito). Negli esempi grafici di seguito W/Kg ultimi 3 mesi e profilo potenza con valori CP, Cp60′, W’ ultimi 6 mesi
Impropriamente spesso si nomina a questa curva Critical Power (CP); questa ambiguità di termini, del tutto simile a quella che dilaga per “soglia”, comporta un ulteriore elemento di confusione con il reale riferimento e concetto di CP: il modello Critical Power è differente dall’identificazione di UN punto critico (singolo CP); in questo secondo caso manifestazione di un valore massimale di potenza su specifico e singolo valore tempo.
Il profilo di potenza è graficamente espresso da potenza (o rapporto potenza/peso) su asse Y e scala logaritmica tempo su asse X.
Considerando che ogni singolo punto di questa curva può essere utilizzato come riferimento di potenza/tempo, queste rappresentano effettivamente n -più o meno finite ed utili- “soglie”. L’utilità di queste soglie (es. CP5’, CP30’, CP60’, ecc…), facendo riferimento ad una curva MMP “massimale”, ossia come rappresentazione assoluta dei migliori riscontri potenza tempo, o relativa ad un ristretto ambito temporale (es. 1 mese, 3 mesi, ecc), identifica modificazioni, intensità più ricorrenti, punti deboli o di forza del singolo atleta. Questo può essere sintetizzato come una “fenotipizzazione” atletica, ossia espressione oggettiva, quantificabile e comparabile (intra ed inter atleta/i) di più punti e addirittura di tutta la curva. E’ quindi evidente che, concettualmente, questa visione d’insieme va ben oltre l’identificazione di un singolo valore di riferimento o passaggio di stato fisiologico che rappresenta solo una finestra sul quadro generale della caratterizzazione di un atleta. Si comprende quindi come il concetto di soglia non sia in questo caso ristretto ad un cambiamento di stato fisiologico o metabolico (di seguito) ma estendibile a più riferimento con l’obiettivo di analizzare l’atleta su un ampio spettro oggettivo, qualitativo, quantitativo e su più punti, passaggi di stato e performance.
CINQUE CONCETTI E DIFFERENTI SOGLIE
Rimanendo in un ambito definito e circoscritto di “soglie” in cui tale significato va ad identificare passaggi di stato o riferimenti convenzionali (es. concentrazioni ematiche lattato 2 mMol/L, 4 mMol/L) si possono identificare almeno tre differenti soglie. Ad esse se ne aggiungono altre due con differente approccio di identificazione sia pratico che concettuale. Il problema è che tra queste 5 “soglie” alcune vengono impropriamente utilizzate come sinonimi o confuse tra loro generando spesso riferimenti non realisticamente concreti (es. una soglia temporalmente inferiore ad FTP e/o con un protocollo, riferimenti e concezione totalmente differente, confusa o utilizzata inesattamente come FTP!).
Raggrupperò queste “soglie” in due differenti categorie: quelle che fanno capo ad un riferimento biologico e richiedono una valutazione invasiva (lattato) che si traduce in concreto in un ulteriore strumento (con tutto ciò che ne consegue) e 2 modelli matematici che identificano altre “soglie”.
Del primo sottogruppo fanno parte, in ordine crescente di intensità in cui si incontrano LT (Lactate Threshold, soglia del lattato), OBLA (Onset of Blood Lactate Accumulation, stabilizzazione nell’accumulo del lattato) e MLSS (Maximal Lactate Steady State, stato stazionario massimale di lattato). Le ultime 2 vengono spesso impropriamente utilizzate come sinonimi per indicare una “soglia anaerobica”. Queste soglie rappresentano, più o meno arbitrariamente, dei passaggi di stato e concentrazioni del lattato ematico in funzione di intensità e/o consumo di ossigeno. Saranno trattate nella seconda parte di questo articolo.
Nella seconda categoria sono invece presenti due concetti e modelli matematici, non invasivi: il modello CP (Critical Power) e FTP (Functional Threshold Power a cui ho fatto già riferimento nel precedente articolo, LINK). In questi due modelli la quantificazione oggettiva (potenza) delle intensità e non un parametro o segnale biologico (lattato o fc) rappresenta l’unico riferimento necessario per l’identificazione di queste soglie e riferimenti ad essi correlati, ossia W’ (capacità di lavoro oltre CP) e zone con riferimento derivabili da FTP. E’ quindi comprensibile come a) l’utilizzo di un solo strumento riduca le possibilità di accumulo di errori strumentali e/o da parte dell’operatore e b) l’utilizzo di un misuratore di potenza renda questi test più pratici, ripetibili e correlati ad una situazione reale (= su strada, sulla propria bicicletta e con propria attrezzatura e non in laboratorio).
A differenza delle precedenti soglie, queste ultime 2 non tendono –unicamente- ad identificare un passaggio di stato o modificazione di un singolo parametro (lattato) ma in generale ad una modificazione, indirettamente anche metabolica, nello stato, ripetibilità e tolleranza ad una -o più- determinata/e intensità.
CP e FTP saranno trattati nella terza e conclusiva parte di questo articolo.
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Dott. Massa Roberto
operatore sportivo, allenatore, preparatore atletico, coach
Laureato in Scienze Motorie – Sport & personal trainer
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