La spettacolarità del e nel ciclismo è sempre un tema caldo tra gli appassionati, divisi molto spesso tra emozioni e pelle d’oca e noia mortale davanti la tv. Ognuno fornisce le proprie ricette per aggiungere o riconquistare una spettacolarità immaginaria perduta. Quest’ultima è sovente legata al bandire le radio in corsa, e non ultimo i misuratori di potenza.
In una recente intervista su Velon.cc il campione irlandese della Quick-Step Floors Dan Martin parla, tra le altre cose, proprio di questi due ausili, chiarendone l’uso reale in corsa aldilà di miti ed incomprensioni.
Velon: Bandiresti le radio in corsa?
Dan Martin: “No, per niente. Non vedo veramente il problema Sono più utilizzate per informazioni che per le tattiche. Il team Sky può essere stato dominante al Tour, ma è Chris [Froome] che decide le tattiche. Non sono i ragazzi nell’ammiraglia che dicono “Ok, andate, ora più forte, ora meno”. E’ Chris che dice ai suoi ragazzi: “un po’ più veloce, un po’ più lento”. Siamo sempre noi sulle bici che decidiamo cosa fare, e quindi non capisco questo movimento contro le radio. Tutti pensano che togliendo le radio si cambierebbero le tattiche. Quando si correva senza radio voleva dire che le fughe avevano meno chances di arrivare. I distacchi che ti venivano dati erano meno regolari e così le fughe non andavano molto lontano. Si tenevano le fughe a 1-2 minuti tutto il tempo per non permettergli di prendere un grande distacco, perché gli aggiornamenti erano meno frequenti.
La gente parla anche di sicurezza e di lotta per le posizioni, ma senza le radio avremmo le auto che stanno molto vicine al gruppo con i corridori che si sfilano e gli si avvicinano per avere consigli ed informazioni. Io penso che che sia un miglioramento tecnologico che ha aiutato lo sport. Tatticamente potremmo correre senza, ma non capisco veramente da dove venga questa idea che le corse sarebbero più eccitanti senza radio. Al contrario potrebbe essere il contrario.”
Velon: Non sembri essere un corridore che rifugge i misuratori di potenza
Dan Martin: Ho usato i misuratori di potenza nei casi di fuga solitaria o se vengo staccato. Mi aiutano a mantenermi concentrato a non far calare la potenza ed impostare un’andatura regolare. Appena vedi calare la tua potenza pensi “Ok, dai, tirala su ancora”. Ma, ancora, non penso che abbandonare i misuratori di potenza faccia diventare le corse più eccitanti.
Ovviamente correre a sensazione porterebbe più corridori ad a andare in “profondo rosso” e fare errori con la loro andatura, ma tatticamente non capisco cosa cambierebbe. Siamo sempre corridori. Se hai una aggressività innata e sei spericolato, come me, non cambia molto.
Velon: Puoi dirci di una giornata in cui il tuo programma ha funzionato alla perfezione?
Dan Martin: Non sono un corridore che parte in gara con dei piani precisi. Ovviamente puoi farti dei programmi, ma niente funziona esattamente nelle corse di bici. Devi essere veramente organico nell’adattare le tue tattiche sulla strada. Ci sono altre 21 squadre che hanno dei piani, e generalmente il tuo piano non si sposa alla perfezione con quello degli altri.
Nelle grandi corse che ho vinto, quando è andata bene, è stato grazie all’avere salvato le gambe il più possibile per il finale, e quindi dando tutto. alla Freccia Vallone ho lo stesso piano ogni anno ed è perfetto per la maggior parte delle volte, ma non sempre ha funzionato. Quando ho vinto la Liegi-Batogne-Liegi immagino che la tattica abbia funzionato: Ryder Hesjedal è partito presto per poi raggiungerlo dopo, ed è andata molto meglio di quello che si poteva immaginare.
Ma è uno dei miei punti di forza. Se fai una programma troppo preciso prima della partenza poi ti ritrovi a perdere delle opportunità che si aprono durante la corsa.
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