I ciclisti professionisti non parlano volentieri di doping, anzi, domande sulla questione vengono evitate con fastidio e spesso vengono aggirate con risposte di circostanza o che mostrano esasperazione verso l’argomento “(si da più spazio ai casi di doping che altro”, “i calciatori non li controlla nessuno”, “ci fanno i controlli alle 6 di mattina a casa”, etc..). In ogni caso insistere sulla questione non è un modo per farsi amici in gruppo.
Dan Martin, 30 enne irlandese in forza alla Quick-Step, corridore affermato e vincitore di classiche, figlio del professionista Neil Martin e nipote della leggenda irlandese Stephen Roche, e quindi cugino del collega Nicolas Roche, fa eccezione. In una bellissima intervista al conterraneo Paul Kimmage sull’Independent irlandese è stato proprio lui ad introdurre il discorso doping e spingersi a dire cose obiettivamente sorprendenti per un pro del suo calibro in attività.
Ecco alcuni stralci:
Armstrong
PK: Cosa ne pensi del fatto che tuo padre non lo ha mai corso (il Tour de France -ndr-)?
DM: L’effetto che ha avuto su di lui?
PK: No, su di te, sulle tue ambizioni. Mi dicevi che sapevi che saresti diventato un pro, ma…
DM: Mio padre non lo ha mai fatto
PK: Beh, non è mai arrivato al Tour
DM: Si, non so, perché anche allora (anni ’80 -ndr-) non sapevamo quanto cattiva fosse la situazione con il doping ed il resto
PK: Evidenzio il fatto che sei stato tu a menzionare quella parola
DM (ride): Si, il mio punto è che….anche a quell’età ero pessimista a riguardo
PK: Lo eri?
DM: Si, certo
PK: E straordinario
DM: Perché?
PK: Perché Pat McQuaid (ex presidente UCI) ha detto recentemente che non aveva idea che sino al 2009 Lance Armstrong si dopasse! E tu, qui, mi dici che un ragazzino di 13 anni aveva già questo pessimismo.
DM (Ride): Si, lo so.
PK: E su cosa era basato?
DM: Non lo so
PK: Non era basato su qualcosa?
DM: Sapevo che L’Equipe (principale quotidiano sportivo francese -ndr-) era molto anti-Armstrong, e mio padre non ne era un fan. Siamo sempre stati anti-Armstrong. Non lo so, era una sensazione di pancia, penso. O forse col senno di poi, se tu avessi chiesto al 13enne Dan Martin: “E’ vero? Credi a questo tizio?” Avrebbe risposto “Si”. Cosi forse il senno di poi condiziona il mio giudizio, ma ricordo che quando arrivò l’Operacion Puerto nel 2006 non è stata una grande sorpresa per me.
Gli inizi da Pro
Martin ricorda il suo sbarco in Europa nella squadra U23 VC La Pomme a Marsiglia in Francia e gli inizi difficili coi suoi colleghi.
PK: ‘Il piccolo irlandese, è non male, ma è inutile” (frase detta dal DS della squadra francese a Kimmage all’epoca -ndr)
DM: Si, risuona ancora in me: “Sei una merda!”. Battevo comunque tutti gli altri ragazzi di 18-19 anni della squadra, ma non ero francese. C’era molta animosità tra i corridori, un vero senso di “loro e noi” (francesi e no -ndr-). Ho avuto un’infanzia molto protetta ed ho imparato molto della vita laggiù e quanto le persona possano essere doppie. C’era bullismo, insulti, gente che diffondeva voci: “si dopa!”.
PK: Erano queste le voci?
DM: Certo, ragazzi che dicevano agli amici: “Condivido la stanza con lui, l’ho visto doparsi”. Cercavano di sporcarti l’immagine. Era terribile, solo gelosia. Doveva esserci una ragione se eri meglio di loro: “se mi batte deve doparsi”.
PK: Okay, ancora. Devo evidenziare il fatto che sei tu che ne stai parlando.
DM (ride): Si
PK: Che consapevolezza ne avevi all’epoca? Cosa ne sapevi del doping in quelle categorie?
DM: Il mio primo vero contatto, e questo lo ricordo chiaramente, è stato la mattina della prima tappa del Giro Baby nel 2006. Avevano controllato tutti il giorno prima e ricordo che mi fu detto a colazione che tre o quattro ragazzi non sarebbero partiti perché il loro ematocrito era sopra il 50%. Pensai: “Oh, cazzo, è incredibile!” perché era percepito come doping, ma uno dei miei compagni di squadra ridendo disse: “Il mio è 49,9%!”, ed io non ho più potuto guardarlo allo stesso modo. Cosi per la prima volta realizzai: “Forse sono circondato da tutto questo”.
PK: Quanto era il tuo ematocrito?
DM: Non ricordo. Probabilmente ero già fottuto, con forse 42% o giù di li, ma l’ho comunque battuto nel prologo (ride).
PK: Quant’è ora?
DM: Normalmente?
PK: Beh, non dovrebbe cambiare molto, no?
DM: Dipende da quanto sei stanco. Quando sono in forma e pronto a partire è probabilmente attorno a 46-48%. Penso di averlo naturalmente alto. Il minimo che ho avuto è stato al Giro 2010, una gara che mi ha praticamente ucciso. Ero partito a 46/47 e finito a 39%. Non sono mai stato cosi morto. Mi sono trascinato gli ultimi 4 giorni ed ero assolutamente sulle ginocchia.
Operacion Puerto
PK: Poche settimane dopo questa difficile esperienza in Italia il Tour è stato sconvolto dal’Operacion Puerto.
DM: Si, ha avuto un grande impatto. C’erano cosi tanti problemi, ma continuavo a dirmi: “Questi sono degli idioti, Andrà meglio. Ora è pulito abbastanza perché il doping non faccia differenza”. Era l’unico modo per non impazzire.
Slipstream
PK: Rimaniamo su Lance. Un anno dopo Floyd Landis sganciò la bomba atomica con la testimonianza del doping alla US Postal e ci furono varie ripercussioni con la tua squadra (la Garmin-Slipstream di Jonathan Vaughters -ndr-). Eri contornato da gente, Vaughters, VandeVelde, Zabriskie, White, che aveva corso con Armstrong alla US Postal e con quella dieta a base di doping. Non eri curioso a riguardo? Non c’è stata alcuna conversazione?
DM: Penso di aver accettato che era successo. Credevo che avessero fatto quello che avevano fatto e fossero pentiti. Non volevo giudicarli per questo.
PK: Non ti sto chiedendo di giudicarli. Sono solo curioso. Tu non eri curioso? “Com’era? Cosa succedeva?”
DM: Ho accettato che fosse vero. Sapevo che era vero. Era in parte una spiegazione per il mio pessimismo da ragazzino. La sensazione che c’era qualcosa. E fortunatamente non lo sapevo o probabilmente non avrei fatto questo sport.
PK: Ti avrebbe fermato?
DM: E’ difficile da dire, perché ho sempre avuto l’ottimismo che le cose sarebbero andate meglio, ed ovviamente all’inizio della mia carriera era comunque dilagante…magari non cosi dilagante, ma …ce n’era parecchio.
Froome
Martin vinse l’edizione 2010 del Giro di Polonia -ndr-
PK: Il tizio che arrivò 85° in quel Giro di Polonia finì 2° alla Vuelta. Ora è il vincitore di 4 Tour de France.
DM: Si
PK: Fu una sorpresa? Era pro da 3 anni?
DM: Fu decisamente una sorpresa. Abbastanza buffo fu che ricordo che Vaughters mi chiamò dopo quel giro di Polonia e disse: “Senti, mi hanno offerto questo Chris Froome per il prossimo anno. Cosa ne pensi?” Ed io risposi sbuffando “Pfff! E’ simpatico, ma….”
PK: Lo conoscevi?
DM: Non gli avevo mai parlato molto. Lo avevo incontrato un paio di volte quando ero U23. Abbiamo circa la stessa età, e conoscevo Geraint (Thomas) e Daryl (Impey) che avevano corso con lui alla Barloworld, e poi si, quella Vuelta. Fu veramente un: “Wow! Da dove esce questo?”
Diete
PK: La prima cosa che mi ha colpito quando ci siamo seduti qui questa mattina è stata quanto sei secco. Quanto pesi?
DM: Non sono ossessionato dal peso.
PK: Non è quello che ti hi chiesto.
DM: Non lo so. Non mi peso durante il Tour.
PK: E prima?
DM: Credo che la squadra mi abbia pesato prima ed ero 61kg, ma cerco di non pensarci.
PK: E’ inusuale perché c’è una sorta di ossessione ora nel ciclismo con il rapporto peso-potenza. Ma tu non sei ossessionato?
DM: Non sono ossessionato con nulla di ciò che mangio. Questa vita è già abbastanza difficile vivendo come monaci, cosi se ho voglia di un bicchiere di vino mi bevo un bicchiere di vino, se ho voglia di una birra mi bevo una birra. Si tratta solo di sostenibilità. Ci sono un sacco di disordini alimentari nel ciclismo al momento, specialmente tra i più giovani, ed è sbagliato. Tutte queste storie di uscire per allenarsi senza colazione! Perché? Pensano che se mangi meno diventi più magro, ma c’è un limite, devi anche dare al tuo corpo quanto gli serve per competere.
[…]
DM: La gente è stupita da quanto mangio. Ricordo che ad una cena ad un training camp in altitudine gli altri ragazzi erano disgustati “Come fai ad essere cosi magro!” Lo sono perché mi schianto in allenamento e brucio tutto.
PK: Non è un dono? O il tuo metabolismo?
DM: No, non credo in queste cose.
La domanda
PK: Ti sto per fare la stessa domanda che ho fatto a Nicolas (Roche -ndr-). Sei pulito?
DM: Si.
PK: Cosa vuol dire?
DM: Non prendo niente o ingerisco niente che mi dia un vantaggio illecito.
PK: Nicolas mi disse, “Sono un corridore che non ha mai preso niente di illecito o che possa essere sanzionato nello sport.” Una differenza sottile.
DM: Si, ma è una questione di definizione, lo stesso dilemma morale. La gente dell’antidoping ha un lavoro difficile.
PK: Ci sono state recentemente molte discussioni riguardo la Sky e Bradley Wiggins. Tu sei stato compagno di Wiggins alla Slipstream nel 2009?
DM: Si, ho condiviso con lui la stanza al training camp pre-Tour quell’anno. Non conosco Brad molto bene, ma lo rispetto per quello che ha fatto. Non so come lo ha fatto, ma voglio credere che sia….autentico.
PK: Abbiano avuto i leaks dei Fancy Bears, le TUE, la saga della borsa, i cerotti al testosterone, etc.etc. etc. Non è facile dargli il beneficio del dubbio.
DM: Hanno buttato un sacco di fango e non è stato ancora spiegato niente. Non so. E’ strano.
PK: Tom Dumoulin dice che puzza.
DM: (Pausa)
PK: Sono d’accordo con lui.
DM: Penso che riguardi l’etica e la morale.
PK: Esattamente.
DM: Ma è il corridore da biasimare o la squadra? Perché le squadre in cui sono stato io avrebbero detto: “No TUE? Non parti”. La salute del corridore viene sempre prima.
PK: Hai mai fatto iniezioni da quando sei diventato pro?
DM: No.
PK: Mai?
DM: No. E ne sono molto orgoglioso.
PK: Hai l’asma? Allergie?
DM: Si.
PK: Come le tratti?
DM: Un inalatore di seretide.
PK: Necessiti di una TUE per questo?
DM: No, lo scrivo nel formulario antidoping, ma non è tecnicamente una TUE.
PK: Quante TUE hai avuto?
DM: Penso che avevi bisogno di una TUE per il salbutamolo quando sono passato pro, o forse non serviva più perché non ne ho mai fatto richiesta. Quindi nessuna.
PK: Un’altra area di abusi sono gli antidepressivi, i tranquillanti, e gli antidolorifici. Tramadol (che non è nella lista dei dopanti -ndr-) & c. Ancora, cos’è pulito?
DM: Cos’è pulito?
PK: Si.
DM: Ho preso il Tramadol una volta e mi sono spaventato.
PK: Quando?
DM: Al Giro 2010. Ero cosi al limite e cosi sfinito che ero veramente terrorizzato.
PK: Una crono?
DM: No, un tappone di montagna. Non sapevo cosa fosse il Tramadol prima di quella corsa, ma ancora, è una cosa culturale:”Prova questo”. Non ero felice di farlo.
PK: Perché l’unico motivo per cui lo hai preso era migliorare la tua prestazione?
DM: Si.
PK: Era l’unica ragione per farlo?
DM: Si.
PK: Tutti sono spinti sino a la.
DM: Si, prima o poi. Ma da allora mai più, tranne quando ero steso dal dolore in ospedale con la clavicola rotta (caduta al Giro 2014 -ndr-).
PK: Hai mai usato altri antidolorifici o forme di antidolorifici in gara da allora?
DM: Paracetamolo ogni tanto.
PK: Niente durante il Tour per la tua schiena dopo la caduta? (Al Tour 2017 si è rotto 3 vertebre, ma ha continuato -ndr-)
DM: Non mi serviva niente.
PK: Cosa ne pensi dei continui abusi di cortisone in gruppo?
DM: Vorrei che fosse bandito completamente
PK: Motorini?
DM: Spero di no, sarebbe imbarazzante.
PK: E’ successo.
DM: Si, sicuramente. Vedi anche gente attaccata alle ammiraglie. E’ imbrogliare! O le moto della tv e come vengono usate.
PK: Esempi?
DM: Non sto dicendo che siano state usate deliberatamente, ma al Dauphiné, quando Fuglsang (il vincitore -ndr-) aveva un vantaggio su di me aveva 4 moto davanti a lui. Io ero solo! Lo avrei preso senza quelle moto. Lo stesso al Tour. Stavamo recuperando il gruppo maglia gialla nella discesa del Galibier, senza nessuno attorno a noi (lui e Bardet -ndr-), ma guarda chi c’era davanti a loro. E’ ingiusto, e qualcosa che dovrebbe essere evidenziato.
Valverde
PK: Hai finito secondo dietro Alejandro Valverde alla Liege-Bastogne-Liege ed alla Fleche-Wallone quest’anno. Hai finito secondo dietro di lui anche nel 2009 al Giro della Catalogna ed alla Freccia Vallone 2014. Lui è un vecchio cliente di Eufemiano Fuentes ed è stato squalificato 2 anni.
DM: Si.
PK: Qualcuno potrebbe dire che è ingiusto. Che sei stato derubato di quelle vittorie.
DM: Si, ho visto la stessa cosa con tutto il caso di Justin Gatlin questa settimana (squalificato 2 anni nel 2008 Gatlin è diventato il più anziano vincitore dei 100m ad un mondiale, a 35 anni, a Londra 2017-ndr-).
PK: Ma Gatlin è stato fischiato, noi celebriamo gli imbroglioni nel ciclismo. Ci saranno tributi senza fine per Alberto Contador quando si ritirerà il prossimo mese.
DM: La Sky è stata fischiata al Tour. E’ stato meno aggressivo, ma l’ho visto in prima persona anche l’anno scorso.
PK: Abbastanza giusto.
DM: La cosa riguardo Valverde è questa: è che nella mia testa, siccome ho terminato cosi vicino a lui, è che devo credere che non si dopi ancora, ma non conosciamo gli effetti del doping sul lungo termine.
PK: Intendi i benefici?
DM: Si, lo ha reso più forte?
PK: Direi di si.
DM: Esatto. E’ come aver fatto un lungo training camp veramente duro.
Cambiare le cose
PK: Quindi come si possono cambiare le cose? Ho criticato molto Nicolas (Roche -ndr-) per non essersi speso maggiormente su quanto stava succedendo (alla Sky -ndr-) Ora lo chiedo a te. Come vedi la tua responsabilità verso lo sport e per cambiare le cose?
DM: E’ difficile. Penso che siamo molto vicini a dire che il ciclismo sia pulito. I casi di doping sono sempre meno. E’ perché non imbrogliano più? O perché non li beccano? Non lo so. Preferisco pensare che il ciclismo sia migliore ora. Non credo che potrei fare quello che faccio altrimenti. Il costo sociale dell’essere beccati è più alto per alcuni che per altri. Per me significherebbe avere una fila fuori dalla porta di famigliari ed amici che vogliono picchiarmi. Per altri non c’è un tale stigma e la cosa è vista come “parte del lavoro”. Forse quando mi ritirerò avremo un’altra conversazione e sarò arrabbiato per essere stato derubato. Al momento gioco con le carte che ho.