Dove sono le aziende di bici?

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Quando presentiamo delle nuove bici non si fa che parlare di watt, pro e pesi. Sembra che tutto il mondo del ciclismo giri attorno allo scimmiottamento dei professionisti: aerodinamica che porta dei benifici dai 40 km/h in su, tutine super attillate con prezzi da abiti da matrimonio, montaggi da 15k “perché è quello che usa Pogi e se non ce l’hai sei uno sfigato“.

In questo modo ci dimentichiamo bellamente di cosa sia il ciclismo praticato dalla massa degli appassionati, massa che sta voltando le spalle alle gare praticate ma che non per questo pedala di meno, anzi. Lo scorso weekend ero a Bormio e per puro caso mi sono trovato lì durante la chiusura al traffico motorizzato del passo dello Stelvio. L’albergo (e il paese) era pieno e nel bike garage c’erano solo bici da corsa, tranne due mountain bike (la mia e quella di mio figlio), e ho avuto tempo per guardarle un po’.

Mi aspettavo solo modelli di ultimo grido con montaggi pazzeschi ed invece ho trovato bici in gran parte di media gamma, con qualche anno sul groppone, vissute, nel senso che avevano attaccati borselli, borsette e ammenicoli vari tipici di chi in bici ci va veramente e non deve chiamare la moglie se fora una gomma o gli si smolla qualche vite.

A quel punto mi aspettavo un centro città pieno di gazebi di marchi di bici e accessori, vista l’affluenza. Gazebi che non mancano mai alle gare o a qualche discutibile fiera. E invece niente, non ce n’era neanche l’ombra. Al loro posto c’era una bellissima iniziativa olandese per la ricerca contro il cancro: Stelvio for life, che ha anche organizzato la serata di sabato sera in una piazza centrale di Bormio con musica e animazione. La piazza era gremita di ciclisti soddisfatti della loro giornata in sella, tanti avevano una birra in mano e ballavano, alla faccia del recupero e di andare a dormire con le galline.

Basta poi guardare Training Camp del 31 agosto per vedere quanti ciclisti di BDC vi abbiano partecipato, senza grandi proclami o discussioni su iscrizioni e piani di allenamento. Infatti la partecipazione è gratuita e, a giudicare da quanta gente fosse in cima al passo (video qui), è stata altissima, così com’era altissima per il Sella Ronda Bike Day, dove si contavano 20.000 (ventimila) ciclisti. A proposito, il prossimo Sella Ronda Bike Day si tiene il 7 settembre.

Tornando alla domanda del titolo, dove erano le aziende di bici? Sembra che ci sia un grande scollamento fra la realtà e gli uffici marketing, fra quello che i ciclisti fanno veramente e i cuoricini delle immagini patinate di Instagram. Forse la grande crisi del mercato del ciclo ha radici più profonde del post-Covid e non sparirà una volta che i magazzini si saranno svuotati.

Forse sarebbe il caso di mettere giù lo smartphone e di andare a mischiarsi fra chi pedala.

Commenti

  1. marco:

    Eccolo il ciclosnob che non sa di cosa parla. Le aziende non vivono di bici da 15k, né di completini da fighetta da 500€. Vivono di numeri, e quelli non li fai con la puzza sotto il naso guardando quanti quoricini ti danno se pubblichi la foto del barbuto tatuato mentre fa gli argini.

    Vai sul Sella il 7, magari ti si apre un mondo.
    Favero fa misuratori di potenza.
  2. leandro_loi:

    Non è "marketing poco coraggioso". E' marketing a risposta diretta o quasi, vado esattamente coi prodotti che richiede il pubblico che va a quella manifestazione. Più restringo il focus, più i soldi che spendo per esserci sono votati ad un pubblico che in larga percentuale può essere interessato a ciò che vendo.
    ma dove? Chiedi a qualsiasi addetto marketing "qual è il ritorno sull'investimento se vai all'evento x?" e non ti sa rispondere.

    Per inciso, è un discorso che ho fatto a diverse aziende e la risposta è sempre stata "non lo sappiamo, ma ci vanno tutti" o "abbiamo fatto 800 test" (e quanti hanno poi comprato? Boh)
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