Dylan Groenewegen racconta le minacce ricevute

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Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma) ha raccontato al sito olandese Wilerfiets delle minacce ricevute dopo il noto incidente del giro di Polonia:

…minacce cosi concrete e serie che abbiamo chiamato la polizia pochi giorni dopo l’incidente. Nei giorni e settimane successive la polizia ha sorvegliato la nostra casa. Non potevamo più uscire di casa liberamente. Se volevo uscire di casa un poliziotto mi seguiva in modo che non mi succedesse niente“.

Il corridore olandese ha ricevuto le minacce via posta “…le abbiamo ricevute scritte a mano, incluso un cappio con cui minacciavano di impiccarci mio figlio. Quando leggi certi messaggi e vedi il pezzo di corda rimani sotto shock. È stato determinante per me per capire che non si poteva continuare cosi. Sono andato alla polizia a fare denuncia. E la polizia è subito intervenuta dopo aver visto le lettere. Questo fa capire la gravità delle minacce. Sono cose che certamente ti toccano. Cosa sta succedendo? Com’è possibile? In che mondo malato stiamo vivendo? Ti passano per la testa le cose più pazzesche. Scendere dal letto la mattina è stata dura per un po’“.

Groenewegen racconta poi le difficoltà del vivere in queste condizioni, con la paura costante e la paranoia che fa temere il peggio in ogni cosa: una macchina che ti segue, l’allarme di casa che scatta per sbaglio, il sospetto dietro ogni cosa.

Commenti

  1. Ser pecora:

    Infatti questo è un punto secondo me focale a cui si gira intorno: ci sono le responsabilità dell'organizzatore, ma soprattutto degli enti preposti a controllare che l'organizzatore abbia fatto le cose a norma: e questi enti sono l'UCI e la CPA, che hanno delegati incaricati di controllare queste cose e farle rispettare.

    L'equilibrio però è sottile, perché l'esistenza di questi enti dipende dalle corse, e per gli organizzatori -per la specificità del ciclismo che non si corre in strutture apposite, ma su strade aperte e facendo affidamento a strutture (transenne) messe a disposizione da enti locali- diventa spesso molto difficile trovare alternative. O coprire i costi. Facendo le cose "a puntino" in gare come le classiche monumento servirebbero centinaia di persone per controllare ogni punto pericoloso, intersezione, cancello, etc.. per evitare episodi come quello di Schachmann al Lombardia (o altri finiti peggio nel passato). O per "mettere in sicurezza" chilometri di guardrail del tipo sul quale la Dygert ad esempio si stava amputando una gamba. Etc.

    Quindi alla fine meglio dare una bella punizione esemplare al corridore e poi fare un po' lo scaricabarile, un po' lo gnorri, e tutto continua come prima.
    Si va bene non poter fare le cose a puntino su 250 km di percorso, ma almeno gli ultimi 200 metri di percorso che si arriva in volata in discesa a 80 kmh, qualcosa la si può fare a puntino!!!!!!!! Questo si è sfracellato su delle transenne scandalose e gli è andata pure bene, perchè mezzo metro in là c'era un bolognino di cemento della ferrovia e i binari. Se ci finiva con la testa o con la schiena e moriva, e poteva accadere, si dava dell'omicida a Grönewegen?
    Ma sul serio qualcuno ancora pensa (non te) che il principale responsabile delle lesioni è quel poveraccio?
  2. Ser pecora:

    Si, ma sono anni che c'è quell'arrivo, e nessuno ha mai protestato formalmente, a partire dai corridori.
    Poi immagino che l'organizzatore avesse solo quelle transenne, che gli forniva chissà chi, e allora si chiude un occhio, etc...
    ovviamente ci si rende conto quando qualcosa capita.......comunque anche io sono per non dare tutta la colpa al corridore ( ha sbagliato ) ma di certo e' stato pure sfigato,per il resto in volata si sa' che i rischi sono alti.
    Comunque sara' dura anche per lui ritornare e fare le volate come nulla fosse
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