Pedalatori, ma anche esperti e conoscitori a 360° del mondo della bici. Nel forum da anni possiamo sfruttare le competenze di uno di questi esperti: Steven Maasland, più noto come ciclistastatunitense.
Chi è costui?
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Steven ha cominciato presto ad appassionarsi alle due ruote e due pedali: a 11 anni vede sfrecciare per le strade sottocasa i campioni della corsa delle corse, il Tour de France.
Come si sa i campioni vanno visti per poi emularli nelle loro gesta ed a 12 anni acquista con i soldi di paghette e lavoretti la prima bici. Con quella prima bici pedala il primo di una serie molto lunga di kilometri. La prima avventura verso la libertà è cicloturistica: una settimana assieme al fratello per le campagne francesi. La vita sui pedali è cominciata.
A 14 anni si aggrega ad un gruppo ciclistico e comincia a gareggiare contro il tempo in gare a cronometro. Poi è la volta delle gare in gruppo prima tra juniores e poi tra seniores. A 15 anni lo ritroviamo piccolo imprenditore negli states. Lavora a tempo perso per una piccolissima società che produceva prodotti di sicurezza per il ciclismo e partecipa alle fiere che lo portano in giro per tutto il Nord America: New York, Chicago, Madison, Vancouver, Toronto and so on… a 16 anni lo ritroviamo in un altro negozio di bici in cui lavora nei week-end e nelle vacanze estive. Il titolare del negozio era un pro degli anni ‘50 poi anche Ct della nazionale canadese, ed il cui figlio sarà poi meccanico dello squadrone della Discovery Channel. Steven impara lì i rudimenti del mestiere di meccanico e di venditore. Gli anni passano e finiti gli studi superiori arriva la decisione di prendersi un po’ di tempo per fare qualcosa di importante: parte per un giro cicloturistico del Nord America che lo porterà a compiere 13.000km.
Per finanziarsi, Steven organizza una campagna per trovare degli sponsor ed organizza una campagna di raccolta fondi destinati alla ricerca sull’artrite giovanile.
I fondi li raccoglie in base ai km che pedala: più km, più soldi raccolti.
Dopo 9 mesi raccoglie oltre 60.000 dollari ed ha effettutato oltre 100 presentazioni ai media in ospedali e scuole, visitando 17 stati della confederazione, uno stato della confederazione messicana e 6 provincie canadesi.
Al rientro dal giro inzia gli studi universitari e lavora per uno dei migliori negozi di bici del Nord America. Il negozio importava direttamente i suoi prodotti dall’europa (Francia e Italia soprattutto). Ovviamente il titolare è un ex-Pro di primissimo spicco (il cui figlio correrà nella T-Mobile) attivo anche nella costruzione di telai. Così Steven guarda, impara e salda i suoi primi 8 tubi. Nel sua camera nel residence universitario costruisce ruote per altri negozi e nel (poco) tempo libero restante…..corre in bici… nelle pause estive le sue vacanze lo portano nelle fiere ed almeno una volta l’anno in europa per cercare nuovi prodotti interessanti da importare.
La prima importazione e commercializzazione negli U.S.A.di occhiali specifici da ciclismo è opera sua assieme ai primi fermapiedi in materiale sintetico ed a un copertoncino di altissima gamma. Corre l’anno 1985 e sbarca per la prima volta in Italia per assistere ai mondiali tenuto al Montello (una sua amica con la quale faceva le gare a cronometro in tandem faceva parte della squadra nazionale). Oggi Steven parla un perfetto italiano come sappiamo oltre ad un altro tot di lingue.
Ottiene la laurea e lascia il Nord America per l’Europa andando a lavorare per uno dei più importanti giornali finanziari del mondo. Prima in Belgio e poi in Germania. Ma il mondo del ciclismo oramai è nel sangue e così inizia a collaborare con un amico che importa tanti marchi di spicco nel ramo ciclistico: telai e componenti dall’Italia, telai e componenti per MTB dagli U.S.A. partecipando alle fiere di Colonia e Milano. Dopo 4 anni in Germania decide di trasferirsi in Italia, continuando la collaborazione con l’importatore tedesco, oltre al “vero” lavoro ovviamente. Nel mentre arriva un’ offerta per un contratto di un anno quale adetto alle pubbliche relazioni di una squadra pro olandese, ma non accetta.
In Italia, nel bel paese, inizia la sua collezione di bici e lo prende l’amore per la letteratura d’epoca.
La malattia è grave e per imparare sempre di più, fa amicizia con tanti “vecchi”: ex-meccanici pro, telaisti, corridori…passano 10 anni sempre di corsa e decide di tornare negli states lavorando nel settore sport quale direttore commerciale di diversi noti marchi sportivi, incluso alcune aziende di bici, of course.
BDC: Steven, cosa ti affascina del mondo del ciclismo. Cosa ti piace di più di questo mondo? Il lato tecnico, il lato collezionistico, le gare, etc.?
Steven: credo che sia l’aspetto storico ciò che mi attira di più. Nel ciclismo c’è ben poco che non è già stato provato in precedenza. Nonostante ciò, ci sono sempre i novellini che credono al marketing che vorrebbe che tutte le novità siano vantaggiose e basate su idee nuove. Pertanto mi piace capire la strada che un’idea ha percorso per arrivare al giorno d’oggi. Lo sviluppo tecnico, le idee che sono state abbandonate, le idee che sono stati respinte per poi tornare in auge. Basti pensare all’idea del cambio indicizzato; ho una bici del 1947 col cambio Lucchini totalmente indicizzato. Funziona meglio del cambio Campagnolo dell’epoca ma non ha mai preso piede. Ho dei cerchi a medio profilo aerodinamico sul mio biciclo del 1878, ma poi ci sono voluti circa 100 anni per ritrovarli sulle bici. I forcellini posteriori per bici da pista sono tradizionalmente aperti verso il posteriore, ma in realtà non c’è alcuna ragione perchè siano così, infatti avrebbe più senso avere l’apertura verso il davanti (come impiegato da Coppi negli anni ‘40 e ‘50) Le bici sono anche cambiate per fare fronte a variazioni sociali o delle strade.
BDC: Quali sono le bici a cui sei più legato? Perché?
Steven: Ho sempre tra 20-30 bici nella mia collezione*. C’è comunque un va e vieni continuo, con bici che si aggiungono e quelle che vendo. Ci sono forse 10 bici che non ho alcun intenzione di vendere, ma per le altre, so che sono una presenza temporanea. Le uso finchè non ho capito il carattere ed i punti forti e deboli. La bici che ho da più tempo è un tandem Bob Jackson che possego da oltre 25 anni. Suppongo che sia stata una delle cose che hanno creato l’imagine che tanti altri studenti avevano di me. Mi vedevano spesso sfrecciare con un copilota sempre diverso. Oltre al fatto che era una bici insolita, i tandem hanno sempre creato un atmosfera di familiarità con tutti. Se uno ti vede andare su un tandem facilmente si mette a parlare con te. La “bici” che mi fa sorridere di più di tutti invece, è il mio triciclo. A prima vista, tutti credono che sia un mezzo facile da utilizzare, ma in realtà è molto impegnativo e difficile. Pertanto quando riesci ad andare forte in triciclo, hai una sodisfazione incredibile in quanto sei riuscito a superare sia te stesso, sia la gravità, sia il mezzo. Una bella soddisfazione è poi riuscire a fare una curva stretta con le tre ruote in derapata, incredibile! La bici ‘normale’ alla quale sono il più legato è la mia De Rosa 35° anniversario del 1988. L’avrei voluto comprare all’epoca, quando lavoravo per uno dei distributori tedeschi della marca, ma era troppo costosa. La bici è metà capolavoro artistico, metà capolavoro di performance (è la bici accanto alla mia Galmozzi, sulla quale mi trovo più a mio agio in discesa, mi da la sensazione che il telaio sappia dove voglio andare prima di me!). Vorrei aggiungere una bici Alex Moulton ( http://www.alexmoulton.co.uk/ ) o una Cinelli Laser Pista (http://www.cinelli.it/memorabilia/ita/011.html), e magari una bici appartenuta a qualche stella del mondo ciclistico (tipo Gimondi, Coppi, Indurain…)
BDC: Quale è stata la tua esperienza lavorativa più ricca nel mondo ciclistico?
Steven: Ogni esperienza ha pregi e difetti. Come soddisfazione, forse l’andare alle mie prime fiere del ciclo di New York all’età di 16 e 17 anni. Dove ho conosciuto Merckx, Jonathon Boyer (uno dei primi americani nel peloton pro in Europa), Greg Lemond…
BDC: Qual è secondo te l’invenzione che più ha rivoluzionato la bicicletta dopo il cambio posteriore?
Steven: Forse crederai che sto scherzando ma per me uno delle cose più importanti è lo sviluppo delle catene senza boccole. Non vedo alcun’ altra invenzione unica che abbia portato ad una rivoluzione della bici dopo i primi anni del dopo guerra. Le catene moderne hanno permesso l’aumento dei pignoni da 6 agli 11 attuali. Hanno permesso lo sviluppo dell’indicizzazione dei cambi. Poi ci sono le migliorie delle strade che hanno aiutato tantissimo. Le strade migliori hanno permesso un abbassamento dei pesi delle bici ed un aumento delle velocità. Il che ha anche portato alle migliorie dei componenti e l’impiego di materiali più tecnologici. I freni hanno migliorato per le composizione dei pattini freni, la scorrevolezza migliore dei cavi ed il ripensamento della leva dei comandi. Il cambio ha migliorato in velocità della cambiata e facilità d’uso. Poi c’è stato l’arrivo dei copertoncini di alta qualità che hanno portato l’alta performance a tutti.
BDC: Quale l’invenzione più inutile?
Steven: Le ruote preassemblate a basso numero di raggi e raggiature strane.
BDC: chi sono per te i 3 telaisti più importanti del passato? Perchè?
Steven: Difficile rispondere a queste domande. Non mi piace parlare in assoluto, in quanto col tempo si finisce sempre per sbagliare. Così mi trovo incapace di parlare dei 3 telaisti più importanti. Si potrebbe parlare di biciclette che secondo me dovrebbero essere incluse per merito in una collezione di bici da corsa:
Biciclo dell’800, bici “safety” della fine dell’800, bici da corsa inglese o francese degli anni 20, bici da corsa italiana della fine degli anni 30 col cambio Vittoria Margherita, una bici italiana col cambio due stecche (Campagnolo cambio corsa), una bici francese con cambio Simplex Campione del mondo anni 40, una Bianchi Paris-Roubaix (cambio Campagnolo Paris Roubaix), una bici da Randonnée francese degli anni 50 col cambio Cyclo, una delle tante bici con nuova geometria più corta che è uscito negli anni 60 con gruppo Campagnolo, una bici italiana della metà degli anni 70 col gruppo Campagnolo Super Record, una bici Vitus alluminio dell’inizio degli anni 80 col gruppo Mavic, una bici Miyata col gruppo Shimano SIS della metà degli anni 80, una Klein in alluminio, una Cinelli Laser, una Specialized Stumpjumper per poi arrivare alle bici moderne.
BDC: Quali sono le cose da valutare per riconoscere la qualità di una bici?
Steven: Nel valutare la qualità di una bici, si deve prima di tutto trovare una bici che ti permette di stare comodo, con i punti d’appoggio (sella, manubrio, pedali) situati bene per te. Se la posizione non è giusta, tutto il resto non ha alcun importanza. Di solito è più facile riconoscere una bici di cattiva qualità che non una bici di qualità
BDC: quali le bici da comprare oggi?
Steven: Oggigiorno, se non avessi limite di spesa, vorrei comprarmi un telaio in carbonio di Nick Crumpton, uno in titanio da Kent Erickson, uno in inox da Llewellyn, in acciaio da Sachs. Ma sono assai realista per sapere che non posso permettermi queste bici, pertanto rimarranno per sempre un sogno
Steven: Non credo che le bici in carbonio avranno molto appeal in quanto il carbonio è così malleabile che si riesce a creare qualsiasi forma che si vuole e con vernice e stucco si riesce a nascondere tutti i difetti. Invece con telai in acciaio e titanio si riesce a valutare meglio il lavoro di artigianato
BDC: Un classico domandone per concludere: Campy o Shimano?
Steven: In realtà la domanda dovrebbe essere: anti-Campy od anti-Shimano? Li ho tutti e due montati su diverse bici. Fanno tutti e due quello che devono fare. Come resistenza all’usura, ho sempre trovato Campagnolo migliore ma di recente questo sta cambiando. Per le bici del periodo da me preferito, ossia prima metà anni ‘80, non c’è confronto e preferisco Campagnolo. Se io fossi italiano mi vergognerei comunque a non utilizzare un prodotto italiano.
BDC: Grazie della cortesia e della disponibilità.
* al momento queste sono quelle che sembrano attualmente essere le bici permanenti nella collezione:
Biciclo Rudge del 1878 (in possesso da oltre un decennio. Bici con la quale ha fatto un incidente incredibile: rotto le due braccia, un vertebra, due denti… Fa ormai parte dell’arredamento del salotto di casa)
Bianchi da passeggio del 1937 (ricevuta in regalo dalla suocera, dopo il matrimonio. E’ appartenuta al nonno della moglie, pertanto tramandato in famiglia da quasi 70 anni)
Bianchi Folgore del 1941 (cambio Campagnolo due stecche, telaio particolarmente leggero per l’epoca. Dovrebbe essere una bici del reparto corsa)
Bici da passeggio da un artigiano Parmense del 1948 (cambio Lucchini. Comprata dal figlio del telaista che lo fece. La bici ha tantissimi elementi unici)
Bici artigianale di Novi Ligure del 1949 (cambio paris-roubaix anche se sul cambio non c’è alcuna indicazione del nome Paris-Roubaix in quanto prima della vittoria di Fausto Coppi nella gara omonima, per cui prima del conferimento di quel nome. Il telaista fu poi meccanico della squadra di Coppi.)
Zanardi del 1963 (cambio Record, un concentrato di tante piccole cose che la rendono una bici davero unica). Bici impiegate in gara da diversi corridori pro delle squadre: Margnat Paloma del 1964, Salvarani del 1966, SCIC del 1974, Vini Caldirola del 2000
Tandem Bob Jackson SWB del 1979 (cambio Shimano) (in possesso da 25 anni)
Vellystig (cambio Ofmega Mistral). Il primo telaio saldato in casa da Steven nel 1981. Insieme alla Miyata, è la bici che ha più chilometri: ben oltre 50.000 km.
Miyata Team del 1982 (cambio e gruppo Mavic SSC 1000) (l’ultima bici sulla quale ha corso delle gare, in possesso da sempre)
De Rosa del 35° anniversario del 1988 (cambio C-Record) (in possesso da 15 anni)
Tandem Trek del 1990 (shimano) (in possesso da sempre, è la bici montata in modo da permettere a Steven di portare a spasso le figlie. Steven: Non è niente di speciale, ma essendomi stato regalata, il prezzo era giusto e qualsiasi cosa che mi permette di trasmettere la mia passione alle mie figlie mi fa piacere.)
triciclo George Longstaff del 1994 (Il compianto Longstaff era il mago assoluto di questa specialità molto sconosciuta) Steven: Ho iniziato a girare in triciclo durante gli inverni canadesi dopo diverse cadute sul ghiaccio e neve. Mi sono subito appassionato.
Ecco almeno una foto della metà del mio garage dove si vedono già una ventina di bici. Le altre bici e l’officina sono dell’altro lato e mi vergogno a fare vedere in quanto è disorganizzato al massimo
Dalla sinistra, appeso al soffito lungo il muro di sinistra si possono vedere:
De Rosa appartenuta a Roberto Conti durante la stagione pro 2000
Cinelli da donna della moglie di Cino Cinelli.
Cinelli da uomo del 1978, bici fossati col cambio Paris Roubaix; poi sempre appeso al soffito organizzato su due fila, sempre da destra una Passoni, una Masi, De Rosa 35° anniversario, Rigi (sulla fila davanti) e Marastoni del 1966, De Rosa anni 60, Grandis Light Concept, Zanardi (fila di fondo).
Appeso al muro in fondo, nel angolo c’è una bici che mi sono fatto 30 anni fa, poi un tandem della Trek.
Par terra, ci sono: una tripletta Soens, la bici di una mia figlia, un biciclo Rudge dell’800, bici da passeggio Soncini del 1947, bici da passeggio Bianchi del 1937, triciclo da corsa Longstaff, Monopattino, bici dell’altra mia figlia, tandem da corsa Bob Jackson.
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