Parlo per me, ma il problema non sei tu, ma gli altri.
Non che mi sia capitato una volta al mese, ma tre o quattro volte in tutta la mia carriera sì e la scena era sempre questa, in genere in salita.
Vedevo uno davanti che andava al suo passo e io che da dietro piano piano accorciavo la distanza fino ad arrivargli a ruota.
Cosa succedeva a questo punto? Stiamo parlando di perfetti sconosciuti che non si erano mai visti.
La regola vuole che entrambi continuiamo al proprio passo e io passassi davanti, magari ci salutiamo, e se lui ne aveva mi stava dietro.
Invece? Come sentiva che stavi arrivando accelerava senza motivo e riprendeva un po' di margine che, inesorabilmente, perdeva poco dopo. Tu ti rifacevi sotto e quello, di nuovo, accelerava per riprendere margine.
Dopo la seconda volta mi rompevo le balle, perché oltre ad essere stupida la cosa mi innervosiva, perché non mi permetteva di salire al mio passo.
«Ah, vuoi stare davanti?» era la domanda a me stesso «E io ti faccio stare davanti.»
Anche perché poi si giravano a controllare dov'ero.
Così mi piazzavo alla sua ruota, in genere cinque metri dietro, e lo facevo tirare fino in cima. Lui accelerava, io acceleravo. Tanto il ritmo che facevano non era mai impossibile.
Considerazioni sparse:
- Se andavano più piano li passavo in cavalleria. Talvolta capitava che qualcuno si accodasse, non mi davano fastidio. L'importante che non mi disturbassero.
- Quasi anche se andavano leggermente più piano di me proseguivano del loro passo, come dovrebbe essere.
- Con qualcuno mi è capitato di fare il resto della salita assieme, visto che la velocità era simile, chiacchierando, anche se era piuttosto raro.
Ultima considerazione, la più importante, secondo me: se esci da solo cosa ti metti a fare le gare quando qualcuno ti raggiunge? Se ti raggiunge e prima non vedevi anima viva vuol dire che andava più forte di te, è una constatazione.
Cosa te ne frega di dimostrargli che anche tu sai stare davanti? Cosa vuoi che gliene freghi?