E' sempre stato un po' così, quando un 'mecenate' ha voglia di buttare un tot di quattrini solo per la passione di avere il 'suo' giocattolo tra le mani ed i 'suoi' campioni come dipendenti, senza chiedersi se ci sia, e di quanto, il ritorno dell'investimento.
Lo era per Teofilo Sanson e, ancora prima, per Ambrogio Molteni, e tanti altri.
E' cambiata solo la scala dei valori in campo, ma come dici tu il modello è sempre lo stesso.
Televisivamente il prodotto è un buon riempitivo dei palinsesti a basso costo, ma non cattura audience, al di là dei soliti appassionati; soprattutto ha un pubblico fortemente segmentato (maschi oltre i quarant'anni), che è quello meno interessante per la gran parte degli investitori pubblicitari.
Escluderei invece l'ipotesi secondo la quale chi organizza le corse guadagni già abbastanza così e si accontenti: avendo conosciuto persone mostruosamente abbienti, vi posso assicurare che non ne hanno mai abbastanza, più ne hanno e più ne vorrebbero.