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Osservatorio doping
Il Sistema Armstrong
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<blockquote data-quote="Travis Tygart Fan" data-source="post: 4493474" data-attributes="member: 52940"><p>Dal blog di Capodacqua:<strong></strong></p><p><strong></strong></p><p><strong><a href="http://capodacqua.blogautore.repubblica.it/2013/11/06/armstrong-segnali-di-fumo-alla-dirigenza-uci/" target="_blank">Armstrong, segnali di fumo alla dirigenza Uci?</a></strong></p><p></p><p>Si agita, scalpita, si capisce lontano un miglio che vorrebbe rientrare in quel mondo che lo ha respinto in modo definitivo con la radiazione a ruota dell&#8217;indagine dell&#8217;Usada, ( l&#8217;agenzia americana che si è potuta valere dell&#8217;aiuto determinante anche di qualcuno di casa nostra, quei Nas di Firenze, guidati dal maresciallo Ferrante che sono da tempo la punta di diamante della lotta al doping nel Bel Paese) Nonchè della mega-confessione davanti alla tv. Inquietante per quanto incompleta. L&#8217;ultimo segnale Lance Armstrong lo ha inviato tramite l&#8217;intervista a Cyclingnews nella quale ricostruisce il suo passato partendo dagli inizi della carriera, dunque dall&#8217;inizio del doping, ma a domanda precisa si rifiuta di scendere più di tanto nei dettagli fornendo nomi e circostanze.&#8220;Questa &#8211; dice l&#8217;americano &#8211; è una intervista per una pubblicazione online, non alla Wada o all&#8217;Usada. Se queste domande me le facessero loro risponderei. Ma non voglio parlare solo di doping, che è stato un elemento della mia carriera; ma per il 99% la mia carriera non riguarda questo fattore&#8221;. Orgoglioso e presuntuoso come da carattere. Anche se dopo anni di &#8220;trattamento&#8221; continuo quello che deve essere dimostrato (e non lo potrà essere mai) è cosa avrebbe vinto e come senza epo, testosterone, siringhe, iniezioni, sacche di sangue a go-go. L&#8217;intervista è inquietante. Fin dall&#8217;inizio Armstrong come tanti corridori giovani della sua generazione è perfettamente consapevole di cosa gli succede intorno. Di cosa fosse il ciclismo agli inizi della sua carriera, e di cosa fosse poi diventato. &#8220;Più o meno tutti sapevano tutto &#8211; dice nell&#8217;intervista &#8211; Non so cosa facessero in quegli anni gli altri (il riferimento è al &#8217;93-&#8217;94, n.d.r.), non so cosa facessero Hampsten e Meija (i compagni nella Motorola all&#8217;epoca, n.d.r.) so solo che ad un certo punto il ciclismo si è indirizzato verso uno sport &#8220;ad alto regime di ottani&#8221;. Non so chi a cominciato per primo, so solo che è successo e noi ce ne siamo accorti nel &#8217;95. Noi eravamo &#8220;a basso regime di ottani&#8221; gli altri erano oltre&#8221;. E in quel tutti sapevano tutto c&#8217;è anche la categoria degli operatori dei media: &#8220;Sapevano tutto anche loro, ma semplicemente non scrivevano. Ma poi i media sono cambiati&#8221;. Dunque un ciclismo più che corrotto già negli anni prima dell&#8217;epo e del doping selvaggio. Ed è l&#8217;arrivo dell&#8217;epo che fa compiere al plotone un balzo in avanti clamoroso. Armstrong lo prova sulla sua pelle in quel &#8217;94 in cui con la maglia iridata sulle spalle deve inseguire il plotone in fuga, trasfigurato dall&#8217;epo. Ma non vuole precisare se a Oslo fosse o meno pulito, glissa la domanda. Però spiega: &#8220;Quello che andava nel &#8217;93 non funzionava più nel &#8217;94. In quell&#8217;inverno c&#8217;è stata come una scossa di terremoto nel ciclismo&#8221;. E conferma di aver passato l&#8217;ideale linea Maginot dell&#8217;alto &#8220;regime di ottani&#8221; nel &#8217;95 la prima volta che &#8211; confessa &#8211; assunse testosterone. &#8220;L&#8217;alternativa era tornare a casa, smettere di correre&#8221;. Fare il salto di qualità era considerato normale, quasi un obbligo professionale, spiega ancora.</p><p> Dice tanto l&#8217;americano, ma evita accuratamente riferimenti precisi. Anzi, si sporge a spiegare in qualche modo l&#8217;impotenza dell&#8217;Uci in quegli anni: &#8220;Cosa potevano fare senza un test che individuasse l&#8217;epo? Nulla. Può darsi che non si preoccupassero più di tanto, ma io so che non potevano fare nulla. Non avevano gli strumenti. Loro come la IAAF nell&#8217;atletica, la FINA nel nuoto. Non li voglio difendere, non mi interessa, e non so neppure se avessero elementi scientifici per garantirsi legalmente. Ma so che non c&#8217;era un test&#8221;. Una strategia furba del dire e non dire. A caccia di quello sconto di pena che gli consenta di tornare a gareggiare nel suo amato triathlon. Ma, precisa il neo-presidente Uci Brian Cookson intervistato da &#8220;The Guardian&#8221; (a firma William Fotheringham). &#8220;Finora non si è fatto sentire&#8221;. Ufficialmente nessun contatto; tutto è fermo. &#8220;Non inseguiamo nessuno, anche se ha un nome importante &#8211; dice ancora Cookson &#8211; c&#8217;è l&#8217;opportunità (la commissione &#8220;verità e riconciliazione&#8221;, n.d.r) per ciascuno di dare il proprio contributo, ma deve essere nei termini previsti per tutti dalla Wada. Possiamo offrire un certo livello di anonimità, ma alla fine qualche nome deve uscire nel report&#8221;. Intanto il presidente internazionale porta avanti la commissione che dovrà indagare sui rapporti fra il texano e l&#8217;Uci: &#8220;Andiamo un po&#8217; più a rilento del previsto, ma la strada è ormai imboccata&#8221;. Due, tre mesi di tempo per saperne di più. Dunque, se vuole lo sconto della pena, Armstrong deve vuotare il sacco e presto. E forse sarebbero in molti a preoccuparsi se dovesse accadere. Ma a guadagnarci probabilmente ci sarebbe la credibilità intera del ciclismo finita sotto terra dopo i decenni del doping selvaggio. Non sarà facile. C&#8217;è da fare i conti con i regolamenti che prevedono la pena per i colpevoli, ma anche la prescrizione dopo otto anni. Un situazione confusa che non invoglia alla confessione: quasi tutti i corridori che hanno parlato si sono ritrovati ai margini del movimento: dall&#8217;americano Leipheimer, a Julic messo alla porta da Sky all&#8217;australiano Matt White sospeso dalla squadra. Ciò che consente al canadese Hesjiedal, vincitore Giro 2012, di confessare senza avere sanzioni e a perpetrare l&#8217;ennesima ingiustizia:: &#8220;Capisco &#8211; dice Cookson &#8211;quelli che si lamentano dicendo: quella gente mi ha rubato la carriera. Bisogna stabilire quali siano le persone pulite da inserire nelle squadre&#8221;. Operazione difficile con una generazione compromessa e ancora in mezzo al guado.</p><p><a href="http://capodacqua.blogautore.repubblica.it/2013/11/06/armstrong-segnali-di-fumo-alla-dirigenza-uci/" target="_blank">http://capodacqua.blogautore.repubblica.it/2013/11/06/armstrong-segnali-di-fumo-alla-dirigenza-uci/</a></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Travis Tygart Fan, post: 4493474, member: 52940"] Dal blog di Capodacqua:[B] [URL="http://capodacqua.blogautore.repubblica.it/2013/11/06/armstrong-segnali-di-fumo-alla-dirigenza-uci/"]Armstrong, segnali di fumo alla dirigenza Uci?[/URL][/B] Si agita, scalpita, si capisce lontano un miglio che vorrebbe rientrare in quel mondo che lo ha respinto in modo definitivo con la radiazione a ruota dell’indagine dell’Usada, ( l’agenzia americana che si è potuta valere dell’aiuto determinante anche di qualcuno di casa nostra, quei Nas di Firenze, guidati dal maresciallo Ferrante che sono da tempo la punta di diamante della lotta al doping nel Bel Paese) Nonchè della mega-confessione davanti alla tv. Inquietante per quanto incompleta. L’ultimo segnale Lance Armstrong lo ha inviato tramite l’intervista a Cyclingnews nella quale ricostruisce il suo passato partendo dagli inizi della carriera, dunque dall’inizio del doping, ma a domanda precisa si rifiuta di scendere più di tanto nei dettagli fornendo nomi e circostanze.“Questa – dice l’americano – è una intervista per una pubblicazione online, non alla Wada o all’Usada. Se queste domande me le facessero loro risponderei. Ma non voglio parlare solo di doping, che è stato un elemento della mia carriera; ma per il 99% la mia carriera non riguarda questo fattore”. Orgoglioso e presuntuoso come da carattere. Anche se dopo anni di “trattamento” continuo quello che deve essere dimostrato (e non lo potrà essere mai) è cosa avrebbe vinto e come senza epo, testosterone, siringhe, iniezioni, sacche di sangue a go-go. L’intervista è inquietante. Fin dall’inizio Armstrong come tanti corridori giovani della sua generazione è perfettamente consapevole di cosa gli succede intorno. Di cosa fosse il ciclismo agli inizi della sua carriera, e di cosa fosse poi diventato. “Più o meno tutti sapevano tutto – dice nell’intervista – Non so cosa facessero in quegli anni gli altri (il riferimento è al ’93-’94, n.d.r.), non so cosa facessero Hampsten e Meija (i compagni nella Motorola all’epoca, n.d.r.) so solo che ad un certo punto il ciclismo si è indirizzato verso uno sport “ad alto regime di ottani”. Non so chi a cominciato per primo, so solo che è successo e noi ce ne siamo accorti nel ’95. Noi eravamo “a basso regime di ottani” gli altri erano oltre”. E in quel tutti sapevano tutto c’è anche la categoria degli operatori dei media: “Sapevano tutto anche loro, ma semplicemente non scrivevano. Ma poi i media sono cambiati”. Dunque un ciclismo più che corrotto già negli anni prima dell’epo e del doping selvaggio. Ed è l’arrivo dell’epo che fa compiere al plotone un balzo in avanti clamoroso. Armstrong lo prova sulla sua pelle in quel ’94 in cui con la maglia iridata sulle spalle deve inseguire il plotone in fuga, trasfigurato dall’epo. Ma non vuole precisare se a Oslo fosse o meno pulito, glissa la domanda. Però spiega: “Quello che andava nel ’93 non funzionava più nel ’94. In quell’inverno c’è stata come una scossa di terremoto nel ciclismo”. E conferma di aver passato l’ideale linea Maginot dell’alto “regime di ottani” nel ’95 la prima volta che – confessa – assunse testosterone. “L’alternativa era tornare a casa, smettere di correre”. Fare il salto di qualità era considerato normale, quasi un obbligo professionale, spiega ancora. Dice tanto l’americano, ma evita accuratamente riferimenti precisi. Anzi, si sporge a spiegare in qualche modo l’impotenza dell’Uci in quegli anni: “Cosa potevano fare senza un test che individuasse l’epo? Nulla. Può darsi che non si preoccupassero più di tanto, ma io so che non potevano fare nulla. Non avevano gli strumenti. Loro come la IAAF nell’atletica, la FINA nel nuoto. Non li voglio difendere, non mi interessa, e non so neppure se avessero elementi scientifici per garantirsi legalmente. Ma so che non c’era un test”. Una strategia furba del dire e non dire. A caccia di quello sconto di pena che gli consenta di tornare a gareggiare nel suo amato triathlon. Ma, precisa il neo-presidente Uci Brian Cookson intervistato da “The Guardian” (a firma William Fotheringham). “Finora non si è fatto sentire”. Ufficialmente nessun contatto; tutto è fermo. “Non inseguiamo nessuno, anche se ha un nome importante – dice ancora Cookson – c’è l’opportunità (la commissione “verità e riconciliazione”, n.d.r) per ciascuno di dare il proprio contributo, ma deve essere nei termini previsti per tutti dalla Wada. Possiamo offrire un certo livello di anonimità, ma alla fine qualche nome deve uscire nel report”. Intanto il presidente internazionale porta avanti la commissione che dovrà indagare sui rapporti fra il texano e l’Uci: “Andiamo un po’ più a rilento del previsto, ma la strada è ormai imboccata”. Due, tre mesi di tempo per saperne di più. Dunque, se vuole lo sconto della pena, Armstrong deve vuotare il sacco e presto. E forse sarebbero in molti a preoccuparsi se dovesse accadere. Ma a guadagnarci probabilmente ci sarebbe la credibilità intera del ciclismo finita sotto terra dopo i decenni del doping selvaggio. Non sarà facile. C’è da fare i conti con i regolamenti che prevedono la pena per i colpevoli, ma anche la prescrizione dopo otto anni. Un situazione confusa che non invoglia alla confessione: quasi tutti i corridori che hanno parlato si sono ritrovati ai margini del movimento: dall’americano Leipheimer, a Julic messo alla porta da Sky all’australiano Matt White sospeso dalla squadra. Ciò che consente al canadese Hesjiedal, vincitore Giro 2012, di confessare senza avere sanzioni e a perpetrare l’ennesima ingiustizia:: “Capisco – dice Cookson –quelli che si lamentano dicendo: quella gente mi ha rubato la carriera. Bisogna stabilire quali siano le persone pulite da inserire nelle squadre”. Operazione difficile con una generazione compromessa e ancora in mezzo al guado. [URL]http://capodacqua.blogautore.repubblica.it/2013/11/06/armstrong-segnali-di-fumo-alla-dirigenza-uci/[/URL] [/QUOTE]
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