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ho letto non tutti ma gran parte di questo interessante quanto fondamentale 3d, e dal basso del modestissimo appassionato praticante da oltre 20 anni quale sono, dico la (inutile)mia:

pur condannandole moralmente, penso che le aziende del ciclo, fanno bene a sfruttare al massimo il comportamento assurdo, stile branco di gnu, di una fetta consistente di consumatori occidentali, connazionali in particolare. Alzano continuamente il tiro, spingono esclusivamente sul marketing (non certo su r&d, che al contrario giustificherebbe i costi finali) per massimizzare alla follia i profitti, e finché il giochino regge (per loro, perché per il consumatore è un bagno di sangue) è osceno dirlo, ma fanno bene a spingere.

Non credo che questa crescita artificiale possa essere duratura, prima o poi la bolla esploderà, e mi dispiacerà soltanto per chi in questo settore ci lavora veramente, non certo per i vari ceo, cfo, marketing manager e bla bla bla e nemmeno per tanti consumatori, perché fondamentalmente tutto questo ha origine da scelte volontarie, pur inconsapevoli. Il ciclismo è uno sport duro, che richiede sacrifici fisici non solo nel praticarlo ma anche nell’arrivare a praticarlo (organizzazione della settimana per chi ha un lavoro/famiglia, spesso salti alla Spiderman per arrivare a fare una misera uscita di un’ora) e di gente che smette, rispetto agli altri sport, è pieno. Anche perché, rispetto ad altri sport aerobici, richiede molto più tempo. Con due ore a settimana, un runner medio in buono stato di salute arriva a preparare una maratona, che è il gotha per qualsiasi runner. Con due ore a settimana un ciclista non fa praticamente NIENTE.

Unito ai rischi crescenti dell’uscire su strada, al calo demografico e alla scarsa propensione dei millennials al sacrificio, immagino una discreta flessione almeno sul mercato italiano. E forse potrebbe esserci una ridimensionata insieme a qualche tonfo.

Mi viene da ridere quando vedo qualche telaio orientale con marchio italiano o statunitense, montato Dura Ace, un paio di ruote in carbonio superare i 10k.

Non sto criticando chi li compra, fanno bene, peccato che nella loro estasi non si rendono conto in modo obiettivo di cosa realmente abbiano comprato. D’altra parte sono immune a questo tipo di infatuazioni, esco da un paio di anni con una top di gamma del 2016, carbonio, Red e Fulcrum Zero, spero mi possa durare almeno altri dieci anni, regolare manutenzione, quando posso cambio qualche componente e mi va bene così. Se avessi un 10k da spendere in bici, non prenderei mai una TCR, una Tarmac o una V4Rs perché nel mio giro di allenamento, 82 km e 1400 di dislivello, mi farebbe guadagnare forse un minuto, a me come a centinaia di migliaia di appassionati. E scannarmi per il prosciutto domenicale in una gara amatoriale non è di mio interesse. Poi ok, deformazione professionale, se mai avessi quella cifra da utilizzare in bici, sceglierei solo il metallo nobile e un marchio come Passoni, Bixxis, Legend e gli altri pochi ben noti, perché dietro c’è un artigiano, un lavoro certosino e difficile di saldatura, insomma un valore che sicuramente in una parte enormemente più grande rispetto agli stampati orientali, giustifica l’esplosione dei prezzi attuali.

Diversa ancora è la vergogna (secondo me va definita così) dell’abbigliamento e degli accessori, qui come hanno detto altri, si mostra davvero la reale volontà dei marchi, che è quella di pigiare sull’acceleratore il più possibile, finché la “mucca” che è l’appassionato medio, può dare. E tutti di conseguenza fanno a chi la spara più in alto.

Penso che almeno in Italia tutto questo non possa durare, perché appunto gli appassionati non crescono, casomai calano, giovani e giovanissimi sono sempre meno attratti dalla bici rispetto ad altri sport, le case si rivolgeranno ad altri mercati emergenti dove il potere di acquisto sarà sicuramente più alto, a farne le spese saremo purtroppo noi che cerchiamo l’ex “media gamma”, il prodotto “value for money” ecc…