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<blockquote data-quote="samuelgol" data-source="post: 7100053" data-attributes="member: 6633"><p>Quello che intendevo è che volendo le leggi ti consentono di fatto di pagarle in Italia, ma al tempo stesso, se vuoi pagarle in Svizzera (per rimanere al nostro caso) hai modo di porre in essere dei requisiti che ti autorizzino a pagarle in Svizzera. C'è scritto fra le righe nello stesso link che ti avevo postato e di cui poi ti avevo riportato un estratto. Basta fare in modo, in sostanza che la tua attività non sia attribuibile geograficamente all'Italia. Mi rendo conto che sono tecnicismi non facili da capire, men che meno parlandone in questa sede, ma ci sono.</p><p>Per farti un esempio molto semplice, dove è la sede di Mtb e Bdc? Se questa fosse a Milano si dovrebbe pagare qui. Ovvio che se è altrove nelle carte e nella realtà (come in effetti è) il dovuto lo si paga dove è. Ma la scelta è in capo al titolare di dove stabilire la sede e l'attività lavorativa e di conseguenza, a prescindere dalla residenza, dove piazza la sede della attività, lì paga il dovuto. Tutto perfettamente regolare.</p><p></p><p></p><p>Certo lo ho detto sin dall'inizio, che il caso di Rossi era il contrario, cioè NON pagarle in Italia e come lui tutti quelli che prendono residenze estere più o meno ballerine (lui lo aveva fatto male e se lo sono inchiappettato), ma lo avevo preso solo come esempio per dire che non necessariamente a una residenza estera consegue una imposizione nello stato di residenza, ma deve anche seguire un centro di interessi in quel paese. Rossi lo ha lasciato in Italia e quindi le doveva pagare qui. Anche i due ciclisti, volendo pagarle qui, basta che adottino degli accorgimenti fiscali atti a che l'obbligo di pagamento sia in Italia. Se Rossi, avesse effettivamente abitato in UK e le sue attività invece che a Tavullia fossero state a Londra, la nostra Agenzia delle Entrate si attaccava al c....come nel caso di tutti quelli che prendono la residenza all'estero, effettivamente ci abitano e ci lavorano pure.</p><p></p><p></p><p>Come detto sopra, escamotage per essere sotto contratto in Italia, ma far inquadrare la propria attività come di competenza estera è possibile. Anche fare una attività con partita iva estera, sede estera e risultare collaboratori esterni con propria sede, invece che dipendenti in Italia. Ste cose si usavano ad esempio nell'occhialeria bellunese, pienissima di piccolissimi terzisti con sede a casa e laboratorio con 4 macchinari in una stanza di casa, per avere dei dipendenti con cui troncare agevolmente senza le pastoie delle regole sui licenziamenti: se vuoi lavorare per me, ti fai una PI, io ti do lavoro, fatturiamo (o anche no) e appena non mi stai bene o il lavoro cala, tanti saluti e grazie. Se ti sta bene si fa così, sennò ciaone, prendo un altro. Ripeto, motivazioni diverse, ma possibilità di flessibilità su come inquadrare il lavoratore, analoghe. Quei piccoli terzisti, altro non erano che dipendenti mascherati: lavoravano e fatturavano quasi sempre ad un unico committente che però risultava committente e non datore di lavoro/dipendente.</p><p>Altro escamotage è prendere la residenza lì, tesserarsi lì, ma poi di fatto vivendo quasi sempre in Italia (più di metà anno, 183 giorni), aveve l'obbligo qui.</p><p></p><p></p><p>Questo è certo. Una minaccia assurda a cui un CT con la schiena diritta, direbbe "le scelte tecniche le faccio io, se volete un burattino ve lo trovate, perchè se le cose vanno male poi è la mia panchina a saltare".</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="samuelgol, post: 7100053, member: 6633"] Quello che intendevo è che volendo le leggi ti consentono di fatto di pagarle in Italia, ma al tempo stesso, se vuoi pagarle in Svizzera (per rimanere al nostro caso) hai modo di porre in essere dei requisiti che ti autorizzino a pagarle in Svizzera. C'è scritto fra le righe nello stesso link che ti avevo postato e di cui poi ti avevo riportato un estratto. Basta fare in modo, in sostanza che la tua attività non sia attribuibile geograficamente all'Italia. Mi rendo conto che sono tecnicismi non facili da capire, men che meno parlandone in questa sede, ma ci sono. Per farti un esempio molto semplice, dove è la sede di Mtb e Bdc? Se questa fosse a Milano si dovrebbe pagare qui. Ovvio che se è altrove nelle carte e nella realtà (come in effetti è) il dovuto lo si paga dove è. Ma la scelta è in capo al titolare di dove stabilire la sede e l'attività lavorativa e di conseguenza, a prescindere dalla residenza, dove piazza la sede della attività, lì paga il dovuto. Tutto perfettamente regolare. Certo lo ho detto sin dall'inizio, che il caso di Rossi era il contrario, cioè NON pagarle in Italia e come lui tutti quelli che prendono residenze estere più o meno ballerine (lui lo aveva fatto male e se lo sono inchiappettato), ma lo avevo preso solo come esempio per dire che non necessariamente a una residenza estera consegue una imposizione nello stato di residenza, ma deve anche seguire un centro di interessi in quel paese. Rossi lo ha lasciato in Italia e quindi le doveva pagare qui. Anche i due ciclisti, volendo pagarle qui, basta che adottino degli accorgimenti fiscali atti a che l'obbligo di pagamento sia in Italia. Se Rossi, avesse effettivamente abitato in UK e le sue attività invece che a Tavullia fossero state a Londra, la nostra Agenzia delle Entrate si attaccava al c....come nel caso di tutti quelli che prendono la residenza all'estero, effettivamente ci abitano e ci lavorano pure. Come detto sopra, escamotage per essere sotto contratto in Italia, ma far inquadrare la propria attività come di competenza estera è possibile. Anche fare una attività con partita iva estera, sede estera e risultare collaboratori esterni con propria sede, invece che dipendenti in Italia. Ste cose si usavano ad esempio nell'occhialeria bellunese, pienissima di piccolissimi terzisti con sede a casa e laboratorio con 4 macchinari in una stanza di casa, per avere dei dipendenti con cui troncare agevolmente senza le pastoie delle regole sui licenziamenti: se vuoi lavorare per me, ti fai una PI, io ti do lavoro, fatturiamo (o anche no) e appena non mi stai bene o il lavoro cala, tanti saluti e grazie. Se ti sta bene si fa così, sennò ciaone, prendo un altro. Ripeto, motivazioni diverse, ma possibilità di flessibilità su come inquadrare il lavoratore, analoghe. Quei piccoli terzisti, altro non erano che dipendenti mascherati: lavoravano e fatturavano quasi sempre ad un unico committente che però risultava committente e non datore di lavoro/dipendente. Altro escamotage è prendere la residenza lì, tesserarsi lì, ma poi di fatto vivendo quasi sempre in Italia (più di metà anno, 183 giorni), aveve l'obbligo qui. Questo è certo. Una minaccia assurda a cui un CT con la schiena diritta, direbbe "le scelte tecniche le faccio io, se volete un burattino ve lo trovate, perchè se le cose vanno male poi è la mia panchina a saltare". [/QUOTE]
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