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Secondo Wout van Aert una limitazione nei rapporti renderebbe il ciclismo più sicuro
Testo
<blockquote data-quote="bradipus" data-source="post: 7638232" data-attributes="member: 17208"><p>Il problema di fondo, per me irrisolvibile, è che le strade oggi sono fatte per far andare più piano chi ci circola quotidianamente, mentre le gare ciclistiche sono fatte per premiare chi va più forte.</p><p>L'idea di mettere in sicurezza venti chilometri di una discesa alpina o pirenaica è semplicemente impensabile: chi potrebbe sostenere i costi e chi avrebbe la capacità organizzativa di mettere materassi da una parte e reti dall'altra in un giorno e toglierli subito dopo il passaggio della gara? E pensiamo che una tappa di montagna di un grande giro ne ha magari due o tre di discese di questo tipo...</p><p>L'unica soluzione per garantire una sicurezza quasi totale è far disputare le gare in circuiti appositamente attrezzati, come avviene per gli sport motoristici (anche loro, un tempo, si svolgevano su strade 'normali'... chi è diversamente giovane come me si ricorderà le gare di motociclismo sui circuiti stradali, come quello di Pesaro o di Abbazia).</p><p>Anche intervenire sulle protezioni da indossare è molto improbabile; lo stato dell'arte in materia è dato dal downhill, ma veramente pensiamo che si possano affrontare delle corse ciclistiche indossando tutta quella roba?</p><p>Si potrebbe intervenire sul numero di corridori per squadra e sul numero di squadre ammessi in ogni gara: un gruppo di centoventi corridori è meno pericoloso di uno di duecento (o quasi), ma questo diminuirebbe gli organici delle squadre ed aumenterebbe quello dei ciclisti disoccupati.</p><p>Altrimenti, si accetta il rischio, che nel 'nostro' sport è sempre stato parte del gioco.</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="bradipus, post: 7638232, member: 17208"] Il problema di fondo, per me irrisolvibile, è che le strade oggi sono fatte per far andare più piano chi ci circola quotidianamente, mentre le gare ciclistiche sono fatte per premiare chi va più forte. L'idea di mettere in sicurezza venti chilometri di una discesa alpina o pirenaica è semplicemente impensabile: chi potrebbe sostenere i costi e chi avrebbe la capacità organizzativa di mettere materassi da una parte e reti dall'altra in un giorno e toglierli subito dopo il passaggio della gara? E pensiamo che una tappa di montagna di un grande giro ne ha magari due o tre di discese di questo tipo... L'unica soluzione per garantire una sicurezza quasi totale è far disputare le gare in circuiti appositamente attrezzati, come avviene per gli sport motoristici (anche loro, un tempo, si svolgevano su strade 'normali'... chi è diversamente giovane come me si ricorderà le gare di motociclismo sui circuiti stradali, come quello di Pesaro o di Abbazia). Anche intervenire sulle protezioni da indossare è molto improbabile; lo stato dell'arte in materia è dato dal downhill, ma veramente pensiamo che si possano affrontare delle corse ciclistiche indossando tutta quella roba? Si potrebbe intervenire sul numero di corridori per squadra e sul numero di squadre ammessi in ogni gara: un gruppo di centoventi corridori è meno pericoloso di uno di duecento (o quasi), ma questo diminuirebbe gli organici delle squadre ed aumenterebbe quello dei ciclisti disoccupati. Altrimenti, si accetta il rischio, che nel 'nostro' sport è sempre stato parte del gioco. [/QUOTE]
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