Bicchieri di urina, pugni a Richie Porte, sputi a Chris Froome e Luke Rowe, sputi all’ammiraglia Sky, lancio di uova al Deathstar (l’autobus della squadra). Il pubblico, francese e non, si é davvero fatto sentire nei confronti di Chris Froome e della Sky. D’altronde il terreno era stato ben preparato già dall’inizio del Tour nei loro confronti, con trasmissioni dedicate all’atleta britannico in cui si mostravano le sue irrealistiche prestazioni da 7W/Kg, (senza dire su che durata pero’) o gli articoli del noto Antoine Vayer su Le Monde, primo quotidiano nazionale, ad insinuare anche l’uso di un motorino elettrico da parte del britannico. Perlomeno sulla base di un video della sua scalata sul Mt.Ventoux nel 2013 in cui si sono interpolati i dati, ottenuti non si sa come, del misuratore di potenza e fascia cardio, che dimostrerebbero l’aiuto esterno. A questo aggiungiamo le ironie in diretta televisiva di Laurent Jalabert (poi maldestramente negate).
In realtà, video da verificare a parte, le prestazioni di Froome non sembrerebbero poi cosi’ eclatanti in termini di Watt, anzi, ampiamente superate ad esempio da Nairo Quintana sull’Alpe d’Huez, dove ha rifilato 1’30” a Froome in 7km scarsi. Il dubbio pero’ resta, su questo corridore venuto dal nulla come dicono molti, asmatico (ma con TUE), malato di bilharziosi, che addirittura venne squalificato dal Giro d’Italia 2010, nella penultima tappa dell’Aprica, quando sul Mortirolo si attacco’ ad una moto in salita (anche se si dimentica che era infortunato al ginocchio ed era l’estremo tentativo per evitare il ritiro per cercare di arrivare a Milano).
Torniamo indietro pero’ di qualche anno e vediamo cosa ne pensano alcune persone che lo hanno frequentato al debutto. In particolare proprio con un francese, Michél Thèze, ex consulente tecnico al centro mondiale del ciclismo dell’UCI a Aigle, il quale é stato la persona che lo ha iniziato al ciclismo europeo e lanciato nella sua sua futura carriera da pro. Thèze che ha rilasciato un’interessante intervista su Le Télégramme.
-Michel Thèze, come avete scoperto Chris Froome?
-Non l’ho mai visto correre prima che ci raggiungesse al centro mondiale, ma avevo notato che aveva ottenuto risultati interessanti nel continente africano. Ho voluto conoscerlo. L’ho fatto quindi venire in Svizzera nella primavera del 2007. Aveva 21 anni.
-Cosa avete notato nel primo incontro?
-La sua determinazione. Veniva dal profondo del Kenya ed era già determinato a passare professionista. Era molto applicato in tutto quello che faceva. Paradossalmente mi ricordo che era orrendo da vedere sulla bici. Doveva perdere peso e la sua posizione in bici era catastrofica. Ho dovuto insistere moltissimo perché arretrasse la sella. In più con la sua grande statura non era proprio aiutato…
-Cosa vi ricordate del suo debutto al centro mondiale del ciclismo?
-Mi ricordo soprattutto che le sue prime corse erano un po’ inconcludenti….é semplice, era tutto il tempo col culo per terra, non la smetteva di cadere! D’altronde era abituato a correre corse con 50 partecipanti a casa sua, mentre qui assimilare una corsa con 200 partecipanti non era semplice…dopo avergli fatto dei test conoscevo le sue qualità atletiche e fisiologiche, ma era molto in difficoltà a stare in sella. Non aveva alcuna nozione tattica, era ingenuo, non aveva assolutamente il senso della corsa, ma compensava col suo fisico. Non sapeva far altro che spingere sui pedali. Ma quanto era forte….
-All’epoca era già performante?
-Mi aveva impressionato già dalla prima grande corsa in Europa, il Giro delle Regioni in Italia, dove ovviamente nessuno aveva mai sentito parlare di lui. Dopo essere caduto una o due volte durante la prima tappa si era imposto alla terza davanti Cyril Gautier, bretone, che correva nella nazionale francese U23. Quel giorno Bernard Bourreau, l’allenatore della nazionale U23 mi aveva chiesto da dove venisse il mio corridore! Tanto era impedito in bici, tanto aveva vinto con autorità sulle migliori speranze mondiali! Era un apprendista, ma con qualità straordinarie. Qualche mese dopo aveva vinto la Mi-Août Bretonne, altra prova di riferimento…penso che tanti bretoni se ne ricorderanno…non ci sono molti corridori che l’hanno vinta a 21 anni. Alla prima tappa, a Plouvorn, era il leader della corsa ed é andato a prendersi tutti gli avversari in fuga, uno dietro l’altro. Esattamente come ha fatto al Tour. Oggi tutti sembrano stupiti per il suo modo di rispondere agli attacchi dei rivali, ma faceva lo stesso nel 2007. Quando si faceva attaccare non rispondeva mai subito, ma poi vroouuuummm, rientrava. Allo stesso modo aveva già questa capacità di accelerare. Bisogna rimettere le cose al loro posto: Non é vero che viene dal nulla.
-Nel 2007 sapevate già che sarebbe diventato un campione?
-Onestamente non ho mai visto un corridore fare dei test simili al centro mondiale del ciclismo. Era largamente sopra la media. Anche se non si fa un campione coi test…danno una certa idea del motore pero’. E soprattutto Chris aveva questa rabbia di riuscire. Non avevo ancora visto qualcosa di simile. Mi ricordo ancora la classica Paris-Vierzon dove era riuscito a rientrare nel gruppo dopo essere rimasto ancora coinvolto in una caduta. Una cosa degna di un ragazzo eccezionale.
-Com’era all’epoca?
-Diciamo che aveva un certo carattere. Era testardo come un bretone. Avevo molta difficoltà a fargli cambiare idea. Ma non era un ragazzo problematico. Al contrario aveva sempre paura di disturbare.
-Siete sorpreso dall’evoluzione della sua carriera?
-Si…in ogni caso non lo immaginavo vincere un Tour de France. Potenzialmente sapevo che poteva andare lontano, ma servono talmente tante cose per fare una carriera del genere….si può dire quello che si vuole, ma penso che abbia avuto molta fortuna ad entrare nel Team Sky nel 2010. Una squadra che ha capito subito che aveva tra le mani dell’oro. Quando l’ho visto correre nella Sky al Tour de France 2012 non ero sorpreso dei suoi risultati. Prima di andare alla Sky aveva corso il Tour (terminato 84°-ndr-) con la Barloworld. Una piccola squadra sudafricana, non molto ben strutturata, ma questo non gli aveva impedito di arrivare 14° nella cronometro( da Cérilly a Saint-Amand-Montrond) prima della penultima tappa. Nessuno lo aveva notato quel giorno, ma io mi ero detto che confermava il suo potenziale. Alla Sky hanno compreso che aveva qualità di recupero evidenti ed hanno costruito la squadra attorno a lui.
-Cosa ne pensate di tutti questi sospetti su di lui?
-Mi danno fastidio e mi rattristano. E’ un ragazzo molto educato. Lo conosco e so che é molto corretto. Mi da fastidio tutto quello che si dice di lui. Lo conosco e non posso immaginare che sia un ladro. Perché doparsi é rubare. Chris é una persona molto corretta. Certo, ha una cultura un po’ anglosassone, ma é una brava persona. Queste critiche non sono fondate, non si sa cosa fanno alla Sky. Onestamente, su cosa si basano queste critiche? Sento parlare di watt e watt, ma ne sviluppava già più di tutti gli altri quando aveva 21 anni! E mulinava le gambe tanto velocemente già nel 2007. Ha sempre avuto la stessa accelerazione. Se mi portano delle prove bene, ma in caso contrario vediamo di smetterla un po’…
-Siete rimasti in contatto?
-No. Ci siamo persi di vista. E poi é rimasto solo un altro anno al centro mondiale del ciclismo. Nel 2008 é passato professionista nella Barloworld. Quando ci ha lasciati non ho potuto nemmeno dirgli arrivederci. Dopo la Mi-Août bretonne doveva fare il Tour de l’Avenir con noi, ma la Barloworld gli ha imposto di correre una gara in Inghilterra. Sapevo che sognava di passare Pro e non ho potuto rifiutarglielo. Quando ha saputo che sarebbe passato Pro non ha saltato di gioia. Per lui era solo una tappa della sua carriera. Voleva andare il più lontano possibile Oggi mi fa piacere vederlo vincere un secondo Tour de France. Mi da una conferma di quello che ci si aspettava da lui.
E questo è quanto per parte francese. Veniamo ad una voce italiana, quella di Claudio Corti, DS della Colombia-Coldeportes, ed ex Team Manager proprio della Barloworld che vide fare l’ingresso di Froome tra i professionisti. Corti che a El Pais, ha rilasciato un’intervista di cui riportiamo alcuni passaggi:
“Lo vidi per la prima volta nella Vuelta del Capo nel 2008, una gara di 5 o 6 giorni. Ricordo una tappa con arrivo in salita, con una parte finale molto dura a Stellenbosch dove arrivo’ con i miei, prese il ritmo di Felix Càrdenas e Hugo Sabido. Il ritmo di professionisti. Andava bene in montagna ed aveva ritmo ed agilità a cronometro. Siccome la squadra doveva allineare un sudafricano ho pensato che Froome fosse l’opzione migliore.”
“Lavorava duro ed aveva qualità. Pero’ era giovane e doveva migliorare in forza e potenza. Ci é riuscito“.
“Non era un giovane capriccioso come la maggior parte dei giovani in formazione. Aveva personalità e carattere. Aveva già visto il mondo (viene da una famiglia di diplomatici*). Aveva fatto le sue esperienze e sapeva quello che voleva. Era abituato a vivere da solo. Aveva preso casa a Brescia (quartier generale della Barloworld -ndr-), ma viveva in un appartamento da solo, senza condiverlo con altri ragazzi sudafricani. Era molto indipendente, ma anche cortese.”
Voce spagnola quella di Juan Antonio Flecha, suo compagno alla Sky tra il 2010-2012:
“Quando arrivo’ alla Sky era un po’ “viva la vida”, ma poi comincio’ ad impegnarsi ed a rendere”
“E’ tanto forte di carattere quanto fisicamente. Assieme abbiamo condiviso molte ore di allenamento. dentro é un tipo divertente, sorridente. Ci raccontava sempre storie della sua infanzia in Africa. Ne ricordo una di quando stava pescando e dovette arrampicarsi su un albero per sfuggire ad un ippopotamo.”
Chiudiamo con Davide Vigano’, ex compagno alla Sky nel 2010 e grande amico:
“Quando ci fu la chiusura dello spazio aereo per via dell’eruzione del vulcano islandese nel 2010, Froomie non pote’ volare all’Amstel Gold Race. Prese la macchina dalla Toscana e si fece 1.400 km! E il giorno dopo correva come al solito. Lui è un ragazzo che guarda sempre il lato positivo delle cose e che ama far festa. Ho sempre ammirato il suo ottimismo. E ‘ciò che permette ad alcune persone di superare gli ostacoli, piuttosto che soffrire“
*in realtà ci risulta fossero agricoltori