Fulcrum presenta le nuove ruote in carbonio Sharq, pensate per essere un prodotto che vada bene sia su strada che su gravel. Le ho in prova da qualche settimana e le ho montate sulla Pinarello Dogma X di cui vi ho parlato in questo articolo, mantenendo invariati i copertoni, che sono dei Continental Gran Prix 5000 S TR da 32mm di sezione, tubeless e latticizzati.
Le Fulcrum Sharq hanno un canale interno di 25 mm, valido compromesso sia per ruote stradali con gomme di sezione minima da 30 mm, sia per pneumatici da gravel più larghi e tassellati, offrendo un valido supporto alla struttura del copertone. Per renderlo compatibile con sistemi tubeless e a camera d’aria, il cerchio è munito di mini-hook. Come da prassi Fulcrum, l’interno del cerchio non è forato, quindi è tubeless nativo, senza necessità di nastro.
Il nuovo design del cerchio ha un’onda simmetrica regolare in prossimità del bordo del cerchio, la quale si fonde in un’onda asimmetrica ai lati. L’altezza del profilo varia da 42 a 47 mm, rispettivamente nella parte più alta e in quella più bassa dell’onda. L’idea è di offrire un profilo aerodinamico che al tempo stesso garantisca la reattività necessaria in fuoristrada.
Fulcrum afferma di aver constatato un miglioramento del 21% in condizioni di vento tra 0° e 10° e fino al 30% tra 10° e 20° rispetto a un profilo tradizionale di pari altezza.
Nuovi sono anche i raggi, gli A3RO: un raggio piatto in acciaio, con una larghezza di 3 mm e uno spessore di 0,8 mm, che offre vantaggi a livello aerodinamico. È stata, inoltre rivista l’interfaccia mozzo-raggio: il foro prevede due fessure ulteriori accoppiate a una specifica schiacciatura alla base del raggio, che consente a questo di restare allineato e non ruotare, garantendo un supporto aerodinamico costante.
I raggi non si toccano mai tra loro permettendo di mantenere la tensione nel tempo e quindi, di assicurare lo stesso livello di performance nell’intero ciclo di vita del prodotto, senza necessità di interventi meccanici per ovviare a eventuali cali di tensione. Il design del mozzo rispetta lo stile minimalista già visto per le Speed ed è caratterizzato dalla tecnologia Cup & Cone: i cuscinetti cono-calotta con sfere ceramiche di tipo USB che scorrono su un’asse passante integrale con ghiera di registro per un precarico precisissimo e la massima scorrevolezza.
Premetto che al momento ho provato le Fulcrum Sharq solo su asfalto e ciottolato, con l’intenzione di usarle in fuoristrada durante l’estate quando mi sposto dalla nostra sede, dove il gravel è praticamente improponibile: o si va in bici da corsa, o in mountain bike. Le sterrate sono troppo ripide e/o malmesse per il gravel. Ho tolto le Princeton Grit 4540 DB montate di serie sulla Dogma X (860 grammi il posteriore, 720 grammi l’anteriore, totale 1580 grammi, prezzo sui 3300 US$), contraddistinte anch’esse dal cerchio ondulato ma con canale interno di 21 mm. Come detto in apertura, le gomme sono le stesse e identica è rimasta anche la pressione di esercizio: 3.8 bar al posteriore e 3.6 bar all’anteriore. Questa pressione mi permette di avere una bici che scorre molto bene, senza però quella sensazione di gomme sflosce che tanto odio. Inoltre in discesa riesco ad avere un grip notevole, con grande sicurezza e divertimento in curva.
Il paragone fra le due ruote è ancora più interessante se si considera che Princeton definisce le Grit 4540 come “Ideal for climbing and all purpose road OR gravel/CX (mixed terrain, gravel, cyclocross)“. Insomma, lo stesso tipo di prodotto che Fulcrum presenta oggi. Già dai freddi numeri vediamo però che Fulcrum ne esce vincitrice: 70 grammi in meno la coppia per un costo inferiore di 600/700 €. Ancora prima di montarle sulla Dogma X si apprezza il fatto che le Sharq non necessitino di nastro tubeless, come d’altronde anche le Princeton.
Quando si pedala la differenza sostanziale sta nella scorrevolezza. Per quanto possa sembrare un parametro difficile da provare, i mozzi Fulcrum mi hanno sempre fatto rimanere a bocca aperta per la loro scorrevolezza, indipendentemente che io stessi provando un prodotto per bici da corsa o per mountain bike. Lo si nota sul cavalletto dell’officina così come in sella. Non ho toccato il precarico, lasciandolo invariato da fabbrica. Il canale da 25mm, più largo di quello delle Grit 4540, non fa alcuna differenza su dei copertoni da 32mm, perché non spancia in nessuno dei due casi.
In salita le ho trovate più reattive e facili da rilanciare delle Princeton, mentre per il vento laterale il profilo leggermente più alto delle Sharq si fa sentire, anche se in maniera marginale visto che stiamo pur sempre parlando di cerchi sotto i 50mm. Dove invece ho goduto come un riccio è in discesa, perché sono riuscito a “buttare dentro” la bici con estrema facilità, in particolare sui tornanti in cui arrivavo veloce e facevo una staccata all’ultimo secondo. Per chi conosce la zona, la Penudria in discesa è uno dei miei ambiti preferiti per provare le bici da corsa e i relativi componenti. Su quella salita contano invece più le gambe del ciclista e la capacità di soffrire.
Da notare che il montaggio dei dischi richiede la ghiera proprietaria di Fulcrum, compresa nella confezione al momento dell’acquisto. È un dettaglio da tenere a mente se si cambiano spesso le ruote, perché altrimenti non si riescono a montare i dischi.
Confesso che mi piace moltissimo la possibilità di comprare un prodotto crossover, con cui fare bene sia su asfalto che in fuoristrada. Cominciando dalla Pinarello Dogma X, che sarebbe la bici ideale per il 90% dei ciclisti amatoriali, arrivando alle ruote Fulcum Sharq, abbiamo la riprova che la parola “comodo” non significa meno prestazionale, anzi. Ero molto scettico quando ho visto i copertoni da 32mm montati da Pinarello (anche se quelli di serie sarebbero da 35mm), ma dopo mesi di prova faccio fatica a scendere sotto i 30mm, motivo per cui non vedo perché non avere delle ruote che mi permettono di uscire dall’asfalto quando ne ho voglia, anche considerando che il loro peso è molto buono e che, grazie al sistema tubeless, non buco al primo sasso.
Le Fulcrum Sharq hanno diversi dettagli che le rendono uniche, dalla forma del cerchio (ben diversa dalla semplice onda delle Princeton) arrivando ai raggi, e sono ottime su lunghi giri pedalati perché non tendono a stancare il ciclista, in combinazione con dei copertoni gonfiati alla pressione giusta per la tipologia di prodotto.
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