Come ideale prosecuzione e appendice del precedente articolo (LINK) in cui avevo fornito alcune sommarie indicazioni (ma specifiche per quell’evento) oggi andrò a descrivere alcune semplici, generiche e basilari operazioni per poter gestire ritmi e andature in una GF in cui siano presenti salite. Siamo nel pieno della stagione delle granfondo e percorsi classici sono ora più ricchi di asperità e ascese, anche di durata considerevole, che caratterizzano in maniera marcata questi eventi.
Ovviamente il metodo più preciso e diretto di gestione/pacing in gara è vincolato all’utilizzo di un misuratore di potenza che offre un riferimento oggettivo e soprattutto correlato e correlabile con prestazioni passate (profilo potenza). Fornirò però alcune semplici indicazioni anche per l’uso di frequenza cardiaca e/o RPE.
PRIMO PASSAGGIO: Identificazione FTP e profilo potenza
FTP ossia la potenza sostenibile per un tratto massimale di 45-60’ è un riferimento utile ma non necessariamente unico per la gestione delle intensità in gara, oltre che in allenamento. Il valore aggiunto di questo riferimento è dato dal fatto che può essere desunto sia indirettamente da profilo potenza (recente) che da test appositi. Se impossibilitati dal poter svolgere un tratto di tale lunghezza, l’alternativa ideale è un test 2×20’. Perché? Innanzitutto perché a differenza di altri test valuta ANCHE la capacità di recupero e ripetibilità di uno sforzo, fattore assente nella maggior parte degli altri test; inoltre la sommatoria dello sforzo (40’) si avvicina, sia pure con un recupero (qualitativamente valutato) al riferimento originario. Non secondario il fatto che, sempre a differenza di un singolo tratto massimale, è rilevante il fattore di gestione e distribuzione dello sforzo. Non è infatti infrequente vedere atleti eccellenti nella gestione massimale di 20’, in cui la componente anaerobica ha una sua influenza (anche per 5-8’) avere poi un decadimento quando le intensità e le durate dello sforzo (nonché tipologia di reclutamento delle unità e fibre motorie) va a stabilizzarsi su intensità inferiori ma durate temporali raddoppiate o triplicate. Contrariamente a quanto spesso erroneamente viene riportato, il test non ricava FTP dalla semplice e semplicistica media aritmetica dei 2 tratti ma dall’analisi più “fine” dei segmenti andando a valutare proiezione, variabilità e fattori di recupero. Solo nel raro, ma non impossibile, caso di due segmenti perfettamente identici per potenza media e normalizzata vale la media aritmetica in quanto lo sforzo è stato, evidentemente, gestito e ripetuto in modo del tutto simmetrico.
Il profilo potenza identifica invece il “fenotipo” dell’atleta ed è possibile valutare punti forti e deboli dell’atleta. Oltre a questo, ogni singolo riferimento potenza/tempo (CP) è un valido riferimento (LINK) anche per pianificare ritmi ripetibili poiché già precedentemente “ottenuti sul campo”. In tal senso è sicuramente una ulteriore “rifinitura” rispetto all’utilizzo del solo e singolo riferimento FTP che può poi portare a divergenze, soggettivamente più o meno marcate per lassi di tempo inferiori e superiori a tale valore (45-60’) proprio in funzione delle caratteristiche dell’atleta.
Un esempio concreto viene dal Test di Hunter che prevede 5’ massimali (con lo scopo di andare in deplezione anaerobica) seguiti da 20’ massimali. Il protocollo prevede di calcolare FTP riducendo del 5% quando ottenuto da potenza media nei 20′. Perché può essere in alcuni casi sovrastimato? Perché è un valore statistico ma, per esperienza personale valutando decine di test ogni mese, valido per atleti con buone/sopra la media capacità aerobiche, con un fenotipo “marcatamente aerobico”, ossia con minima flessione nel profilo potenza oltre i 20’. Altri atleti, tendenzialmente quelli con una sproporzione verso l’ ”alto” in valori anaerobici e, verso il “basso”, sempre rispetto alla media, dei valori puramente aerobici, rischiano di trovarsi con un valore FTP sovrastimato perchè non realmente e concretamente sostenibile poi su 45-60′ (in molti casi neppure con analisi del profilo NP). In questi casi è più opportuno, usando questo protocollo, fare riferimento ad un fattore di riduzione FTP->Cp20’ (dopo 5’ massimali)*0,92-0,93. Ovviamente questa eventuale “modifica” al protocollo originario parte a priori dall’osservazione del profilo potenza, strumento troppo spesso sottovalutato.
SECONDO PASSAGGIO: studio del percorso
Il punto più rilevante è dato dalla durata delle salite. Se non si è mai affrontato il percorso di gara è utile fare affidamento ad una stima dei tempi di percorrenza. Non secondariamente è utile anche valutare quanto e come sarà possibile, eventualmente, recuperare tra questi tratti. Terzo fattore la distribuzione delle salite, dando priorità all’ascesa con maggior dislivello e lunghezza, tendendialmente quindi il momento più rilevante dell’evento gara.
TERZO PASSAGGIO: scegliere la tattica
A seconda della scelta tattica si possono abbozzare diverse strategie
1) “O la va o la spacca”: tendenzialmente cercando di agganciare il “miglior” gruppo prima e durante la prima salita…infischiandosene di IF e qualsiasi tattica di gestione iniziale. Tendenzialmente un approccio rischioso soprattutto su eventi di >3h/3h30. A meno di aver a disposizione lunghi tratti su cui poter recuperare e/o una condizione di forma decisamente molto buona. In genere una condotta di gara azzardata che possono permettersi solamente atleti di medio/alto livello.
2) “In controllo”, prendendo riferimento da stime tempi salita (punto 2) è possibile fare una interpolazione tra prestazioni recenti (3 max 6 mesi, se possibile e idealmente includendo un evento di gara di durata simile) nel proprio profilo potenza ed utilizzare un valore ridotto del 5% come riferimento. Esempio concreto: se ipotizzo un tempo di scalata di 45’ su una salita ed il mio miglior CP45’ è di 310W posso ipotizzare un margine di sicurezza, non eccessivamente blando, cercando come obiettivo di mantenermi su 310W*0,95= ~295W (intorno, ossia non valore puntiforme). Questa decurtazione può permettere una buona ripetibilità in quanto statisticamente comporta un possibile incremento temporale del 50-100% rispetto al CP di riferimento. Nel caso specifico (grafico), un CP45’ decurtato del 5% rappresenta infatti una potenza che è stata sostenibile (sempre nel recente passato) per 67’ e da modello teorico sostenibile per un lasso di tempo ancora superiore. Altro riferimento è IF (fattore di intensità) che non dovrebbe superare 0,85 per eventi attorno alle 3h/3h30 e che proporzionalmente dev’essere inferiore all’aumentare della durata di gara (prevista, ipotizzata o nota da precedente evento). E’ importante sottolineare come IF sia calcolato sulla potenza normalizzata (NP) e quindi viene incrementato in maniera considerevole dagli ingressi in ambiti ed intensità anerobiche (Z6,7). Questo è quanto avviene spesso nelle fasi di partenza con una deplezione delle “riserve” anaerobiche ed impossibilità di recuperare questo surplus energetico nelle fasi successive di gara. Inoltre un dispendio energetico eccessivamente sbilanciato nella prima ora e/o fino ai piedi della prima salita comporta in molti casi una flessione netta nella fase conclusiva di gara. In queste situazioni è quindi inutile cercare di mantenere un “gruppo buono”, se oltre le proprie “possibilità”, se poi questo comporta, quasi sempre inevitabilmente, un crollo nella prestazione per aver utilizzato tutto il proprio potenziale (riserve anaerobiche incluse) nelle prime fasi.
3) “Per arrivare x, prima è necessario arrivare!”: IF 0,75-80, inferiore per eventi superiori alle 3h30/4h. Salite ad intensità decurtate del 10% rispetto al proprio profilo potenza. Questo è un ulteriore margine di sicurezza per garantire la ripetibilità della prestazione. Come nel caso precedente, ipotizzando un’ascesa di 45’, il 90% del mio Cp45’ sarà 310W*0,9= 275-280W. Questo può permetter, in molti casi, un negative split sulle salite finali in proporzione a quelle iniziali e, non secondariamente, un incremento nel “morale”: “è sempre meglio essere cacciatori che prede” (a maggior ragione se le prede procedono zigzagando sul ciglio della strada…). Apparentemente anche troppo conservativo ma può essere utile soprattuto con la presenza di salite impegnative nella seconda metà di percorso.
Alcune considerazioni extra:
1) Come da precedente articolo (LINK) vanno prese in considerazione anche le quote e le altimetrie raggiunte nel percorso per adeguare correttamente i propri riferimenti: ipotizziamo quindi che i 45’ di ascesa (da esempio precedente) previsti si concludano arrivando ad una quota di 2000m: in questo caso la strategia numero 2 andrebbe a ricollocare l’intervallo di potenza su un valore di 270-275W mentre la numero 3, più conservativa, su un intervallo di 250-255W. Ovviamente questo è un riferimento medio, per ulteriore precisione si potrebbero calcolare i singolo intervalli cadenzati su ogni tratto di 500m di ascesa. Considerando però che “nel mondo reale”, ossia non su rullo e/o ergometro, l’isopotenza non esiste -e non è neppure necessario ricercarla perché pendenze e percorso rappresentano una variabile dinamica a cui necessariamente adeguarsi- ci si può “accontentare” di lavorare sugli intorni delle intensità ed intervalli calcolati prevedendo una normale e fisiologica flessione e quindi puntare ad una fase iniziale di salita sul margine superiore dell’intervallo/intorno “riferimento” (o anche marginalmente oltre) e poi gestire gradualmente la flessione che nel caso specifico avrà un “incremento” dall’aumento della quota raggiunta nel corso della scalata.
2) Come è possibile stimare tempi e potenze in modo semplice e veloce, sempre partendo da propri dati e profilo potenza, LINK
E se non ho a disposizione un misuratore di potenza?
In questo caso va tenuto SEMPRE ben presente che la sola frequenza cardiaca NON rappresenta un parametro diretto di intensità, in quanto parametro affetto da numerose variabili. In particolare alimentazione, stato e disponibilità energetica, livello di idratazione, emotività pre gara, livello e qualità del riposo/sonno, altitudine, agenti ergogenici (e altri fattori) possono alterare FC sia prima che durante l’attività motoria di endurance. In questo caso un approccio più conservativo (punto 2) può optare su una gestione in salita nell’intorno di FC di Z4 su salite di 20-30’ ed in Z4bassa su salite di lunghezza superiore; in questo contesto con FC di riferimento correlata a FTP ossia un valore gestibile e sostenibile per 45-60’. Statisticamente questo valore si attesta in un intorno compreso tra 92 e 87% del valore massimale ma è ovviamente buona norma una valutazione su campo. L’alternativa più utile, e per certi versi necessaria, in assenza di misuratore di potenza (= dato oggettivo) è quella di affidarsi ad una scala RPE ossia alla percezione dello sforzo. Questo perché una notevole variabilità nel valore FC può portare a rendere questo parametro un elemento “limitatore” della prestazione, quando invece sarebbe più utile e valido affidarsi alla proprie sensazioni in relazione ovviamente a intensità, situazioni e “competenza” maturata in passate in altre gare/GF (possibilmente) similari. Per esperienza personale con gli atleti che seguo reputo la Scala di Borg Cr10 (= semplificata valori 1- 10 anziché 6-20) molto valida in tal senso e semplicemente scalabile sulle canoniche 7 zone potenza attualmente utilizzate (LINK).
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Dott. Massa Roberto
operatore sportivo, allenatore, preparatore atletico, coach
Laureato in Scienze Motorie – Sport & personal trainer
website: http://massarob.info
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Email: http://scr.im/massarob
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