Se nel mondo del mountain biking le gomme tubeless la fanno da padroni da ormai diversi anni, altrettanto non si può dire sulle bici da strada, dove la soluzione preferita rimane ancora quella del copertoncino, abbinato ad una camera d’aria. Per chi non lo sapesse, tubeless significa proprio “senza camera d’aria”: il pneumatico viene montato su appositi cerchi tubeless, e sigillato con circa 40ml di lattice.
Con cerchi tubeless si intendono quelli con un profilo pensato apposta per far tallonare alla perfezione una gomma, tubeless ready, senza il bisogno di una camera d’aria che spinga la spalla del pneumatico contro il cerchio stesso per tenerlo in sede. DT Swiss e Schwalbe collaborano per diminuire il più possibile le tolleranze fra pneumatico e cerchio, ed assicurare così una perfetta compatibilità fra i due. Qui sotto potete vedere la sezione interna di un cerchio DT Swiss, proprio come quello su cui abbiamo montato le Schwalbe Pro One, il R32 Spline DB.
Senza la frizione fra camera d’aria e copertoncino, diminuisce la resistenza al rotolamento, ma questo è solo uno dei vantaggi di girare tubeless. Il maggiore è sicuramente quello di poter girare a pressioni più basse (5-6 bar), aumentando così il grip e la facilità di superamento degli ostacoli, che si traduce anche in un miglior comfort di guida e più trazione in discesa.
Solo lati positivi, dunque? Per rispondere a questa domanda, abbiamo montato un treno di gomme Schwalbe Pro One da 28mm sulla nostra Focus Izalco Max con freni a disco, sostituendo le ormai usurate Vittoria Graphene Corsa da 25mm (copertocino, quindi con camere d’aria).
Questo articolo è stato scritto subito dopo la prima uscita, quella dove si nota di più la differenza fra il vecchio sistema e il tubeless. Il giro prevedeva 900 metri di dislivello, con due discese veloci e con molte curve, dove siamo soliti provare le bici (la seconda è questa, per intenderci). La parte finale delle discese era bagnata a causa della brina, e del fatto che siano perennemente all’ombra, d’inverno.
Cominciamo con la pressione: sia l’anteriore che il posteriore sono stati gonfiati a 5 atmosfere esatte. Schwalbe dà un range di gonfiaggio dalle 4 alle 6.5 atmosfere. Le Vittoria venivano gonfiate, di solito, attorno alle 7,5 atmosfere.
Il montaggio è stato molto semplice, e si è notato come le tolleranze fra cerchio e gomma siano minime: è stato necessario usare dei cacciagomme per poter mettere i pneumatici sul cerchio, cosa che, di solito, non è necessaria sulle MTB, ma lì le pressioni sono molto più basse, i cerchi più larghi e il pericolo di stallonare minore. Dopo aver inserito circa 40ml di lattice Stans No Tubes, con un compressore la gomma ha tallonato subito e non c’è stata la minima perdita d’aria.
Iniziando a pedalare si nota subito come le asperità del terreno vengano smorzate alla grande. Prendo la prima breve discesa con calma, per tastare il terreno ed essere sicuro che non ci sia pericolo di stallonamento. Non ho mai girato con 5 atmosfere su una bici da strada, il sistema deve convincermi prima di buttarmi giù a tutta.
In un tornante con del pavé rimango di stucco per come le vibrazioni arrivino al corpo in maniera del tutto smussata. È la prima volta che lo faccio su una BDC con tale scioltezza. Tratti in piano ce ne sono pochi in questo giro, ma quel che bastano per poter andare sui 30 km/h e passare in tutti i tombini e buche possibili per saggiare la bontà delle Pro One Tubeless. Non essendoci camera d’aria, non c’è pericolo di pizzicarla quando si prende uno spigolo. Prima discesa di 300 metri di dislivello, con tratti da 60 km/h: comincio a lasciare correre la bici e a fidarmi delle gomme. La Focus Izalco Max non si scompone neanche in un punto dove l’asfalto è rovinato e sono solito invadere la corsia opposta (se non c’é traffico, chiaramente) per evitarlo.
In salita non noto una maggior fatica dovuta alla sezione generosa delle Pro One da 28 e alla loro pressione minore, anche se qui bisognerebbe girare con il misuratore di potenza per poter confrontare i numeri. In ogni caso, mi sembra di andare su bene e, anche qui, l’asfalto rovinato non mi dà fastidio come prima.
Seconda discesa (Carona-Paradiso, per chi la conoscesse). Il KOM è in mano a nientepopodimeno che Vincenzo Nibali, io sono solo ottavo a 26 secondi. Oggi non mi sogno di provare a battere il mio tempo, visto che so che in basso la strada sarà bagnata. Mi concentro sulla tenuta delle gomme in curva: ora infatti ho fiducia, e mi butto staccando all’ultimo (grazie, freni a disco!) e inclinandomi per bene. Non esagero se vi dico che sembra di fare un altro sport: il grip è eccezionale, anche grazie al Triple Compound delle Pro One, ma soprattutto la bici è diventata molto stabile, ed è più facile tenere le linee prescelte.
La spiegazione è semplice: la minor pressione di esercizio permette alle gomme di deformarsi e di avere maggior impronta a terra. Ovvio che, se la pressione fosse troppo bassa, si rischierebbe di stallonare, ma le 5 atmosfere sembrano essere perfette per il tipo di strada e le temperature della stagione (6° in media su 1 ora e 40 min di giro). Anche sul breve tratto bagnato le Pro One mi infondono sicurezza, ma devo farci discese più lunghe per poter tirare delle conclusioni.
Insomma, la differenza con un sistema a copertoncini è enorme, quasi da non credere. Non bisogna per forza passare alle 28, perché le Pro One sono disponibili anche in 25 e 23mm, ma di sicuro la sezione larga assicura un miglior comfort, il che non é male in inverno quando ci si allena e le strade sono sporche.
State sintonizzati per la prova di lunga durata!
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