Quello che la storia insegna è che c’è una disciplina che progressivamente sta uscendo dagli albi: le cronometro. Sempre meno chilometri nei grandi giri, e se ci sono, le tappe presentano salite a doppia cifra, messe li ormai quasi solo per dovere. L’unica prova che mantiene il suo prestigio è la cronometro ai campionati mondali.
Le prove specifiche sono praticamente scomparse, solo il record dell’ora è stato riesumato recentemente dopo anni di abbandono e lotte a base di norme nei regolamenti, indecisi se negare i progressi tecnologici o cercare una continuità con un passato che da un lato si nega e dall’altro si glorifica in continuazione.
Tra le grandi gare a cronometro scomparse ce ne era una che era un orgoglio italico: il Trofeo Baracchi.
Questa corsa è stata creata nel 1941 da Giacomo Baracchi, detto Mino, un ex calciatore bergamasco dell’Atalanta (di cui è stato anche presidente), in onore del padre Angelo, il quale era un grande appassionato di ciclismo. L’idea di Baracchi è stata quella di riprendere una corsa, anche lei scomparsa, del 1917, il Giro della Provincia di Milano, una corsa a cronometro individuale creata per “tenere in esercizio” i pochi corridori che non erano dovuti andare in guerra. Il percorso, di 102km, era Milano-Como-Erba-Milano, con arrivo al velodromo del Sempione, distrutto nel 1928 e rimpiazzato poi nel 1935 dal Vigorelli. Il Baracchi avrà sempre circa la stessa lunghezza, di 100km.
Le prime sei edizioni del Trofeo Baracchi, dal 1941 al 1946 erano riservate agli amatori, ma furono un trampolino di lancio per futuri professionisti, infatti le prime edizioni saranno vinte o vedranno piazzati buoni corridori che poi si faranno valere tra i professionisti, come Michele Motta, Egidio Marangoni e Aldo Baito.
La svolta però arriva nel 1949, con Baracchi che mette sul mappamondo del ciclismo la città di Bergamo aprendo il Trofeo Baracchi ai professionisti solo su invito, e cambiando la formula da cronometro individuale a cronometro a coppie, mettendola in calendario la prima settimana di Novembre (quasi sempre il 1°o il 4), con l’intenzione di farne la prova di chiusura della stagione. Arrivo al velodromo di Dalmine.
Il Trofeo Baracchi non era però una semplice esibizione, ma una gara che è stata spesso tirata, con i migliori protagonisti del panorama internazionale, i quali si univano in coppie a volte improbabili, ma dando vita a duelli memorabili.
La prima edizione del 1949 (Bergamo-Bergamo) fu vinta dalla coppia Fiorenzo Magni-Adolfo Grosso. Ma l’atmosfera distesa del periodo ne faceva anche un giorno di festa popolare. In particolare negli ani d’oro, 50′ e ’60’ quando l’arrivo fu portato a Milano al Vigorelli (partenza sempre da Bergamo o dintorni).
Si diceva delle “strane coppie” che venivano formate, e che sarebbero oggi materia da appassionati di fantaciclismo, come Gino Bartali-Ferdi Kubler (due corridori “cerniera” tra le generazioni pre e post guerra mondiale), secondi nel 1951 dietro Fiorenzo Magni e Giuseppe Minardi. Kubler che arriverà 3° assieme al connazionale, ed opposto di carattere, Hugo Koblet nel 1954, negli anni dominati dalla coppia Fausto Coppi-Riccardo Filippi (3 vittorie consecutive dal ’53 al ’55).
Anni 50′ dominati da Coppi spesso davanti Jacques Anquetil, che ogni anno ci riprovava in coppia coi più forti connazionali (Anquetil ha il record di partecipazioni: 10), nell’ordine: Antonin Rolland (1953), Louison Bobet (1954) e André Darrigade (1955). Nel 1963 Anquetil arriverà ancora secondo in coppia con l’avversario di una vita: Raymond Poulidor (l’anno prima però aveva vinto in coppia col tedesco Rudi Altig in una memorabile edizione in cui Anquetil non riusciva a stare a ruota di Altig il quale lo minacciò a suon di pugni e spinte. Anquetil, molto probabilmente saturo di amfetamine, all’entrata al Vigorelli andò dritto nel prato cadendo).
Raymond Poulidor, manco a dirlo, arriverà due volte secondo: nel 1966, in coppia con George Chappe (campione del mondo cronosquadre), ma in quell’anno partecipava un giovane belga di 21 anni : Eddy Merckx, che fu messo in coppia con Ferdinand Bracke, due volte campione del mondo in inseguimento individuale e recordman dell’ora nel 1967. Solo Nino De Filippis, ha vinto il Baracchi più giovane. Fausto Coppi, ha il primato del più vecchio vincitore: 38 anni e passa. La coppia Merckx-Bracke farà il bis l’anno seguente davanti Anquetil-Guyot.
Merckx corse in coppia nel 1974, arrivando 3° con il grande rivale nelle classiche: Roger de Vlaeminck.
Nel 1968 Anquetil vincerà il terzo titolo in coppia con il beniamino della bergamasca: Felice Gimondi.
Nel 1970 uno scontro tra cronoman di razza del nord europa: gli svedesi Gösta e Thomas Petterson (fratelli, numerose volte campioni del mondo cronosquadre e su pista) contro i danesi Ole Ritter-Leif Mortensen (recordman dell’ora il primo e campione del mondo su strada il secondo).
Nel 1971 vince un’altra strana coppia, sempre Leif Mortensen, ma questa volta in coppia con lo spagnolo Luis Ocaña, il famoso scalatore, in quell’anno compagni di squadra alla Bic.
Dopo un’altra vittoria di Merckx, in coppia con il compagno della Molteni Roger Swerts nel 1972 (i primi a superare la media di 50km/h) e la vittoria di Gimondi con Martin Emilio Rodriguez (il primo colombiano a vincere due tappe al Giro d’Italia) nel 1973 iniziò il dominio di Francesco Moser, il recordman di vittorie al Baracchi: 5, in coppia con Roy Schulten nel ’74, Gianbattista Baronchelli nel ’75, Giuseppe Saronni nel ’79, Bernard Hinault nell ’84 e Hans Herik Oersted nell ’85.
Il fratello Aldo, in coppia con Ercole Baldini vinse due volte il trofeo, nel 1958 e 1959: un totale di 7 vittorie in famiglia Moser.
Tra le vittorie del 1979 ed il 1985, ci fu un interregno dello svizzero Daniel Gisiger, uno dei migliori cronoman dell’epoca, che colse tre vittorie consecutive, di cui due con gli italiani Roberto Visentini e Silvano Contini.
Dal 1981 però il Baracchi lascia Bergamo per essere corso sul percorso Pontedera-Pisa, e cosi sarà sino al 1983. Dal 1984 al 1990 si correrà tra Borgo Valsugana e Trento, il cortile di casa Moser e Fondriest.
Podio di prestigio nel 1989 con la vittoria di Laurent Fignon-Thierry Marie (noto per la seconda fuga più lunga della storia del Tour de France: 234km) davanti Maurizio Fondriest-Allan Peiper e Gianni Bugno-Sean Kelly. Fignon e Marie hanno la media record della gara: 50,180 km/h.
Nel 1991 si torna alla formula originale di cronometro individuale ed è il canto del cigno del Trofeo Baracchi. Tony Rominger si impose davanti Erik Breukink e Thomas Wergmüller.
La storia del Trofeo Baracchi si chiuse cosi, per l’occasione tornata a Bergamo, ma lontano dal Vigorelli, in una gara che valeva per la coppa del mondo (vinta da Fondriest quell’anno e “fusa” con la Chrono des Nations).
51 edizioni che hanno visto i migliori ciclisti del mondo affrontarsi una prova unica ed affascinante, che fino al 1951 prevedeva anche una seconda gara su pista a chiusura della giornata. Una prova che ha visto affrontarsi ed avere la giusta vetrina i migliori cronoman di ogni tempo, spesso in duelli intergenerazionali, con veri passaggi di testimone, come Coppi-Anquetil e Anquetil-Merckx.
È ovvio pensare oggi quanto fascino avrebbe una gara del genere e sognare delle sfide tra coppie coi campioni di oggi, come Roglic-Dumoulin contro Froome-Thomas, passando per Dowsett-Campanearts conto Ganna-Van Emden o qualunque altra combinazione.
Ma oggi il tempo delle cronometro sembra passato. Speriamo non per sempre.
Una curiosità: il marchio canadese Cervélo iniziò la propria attività nel 1995 con un prototipo mai andato in produzione che si chiamava appunto Baracchi
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