Sembrano non finire mai le tegole in testa al ciclismo in questa fine 2017. Nell’edizione cartacea odierna del settimanale francese Le Canard Enchainé viene rivelata l’esistenza di un’inchiesta partita l’estate scorsa da parte del tribunale distrettuale di Parigi, condotta da due procuratori francesi, Claire Thépaut e Serge Tournaire, sul doping meccanico nel ciclismo professionistico.
L’inchiesta sarebbe partita dalle segnalazioni della “divisione infrazioni finanziarie” della Gendarmerie francese che indagava su relazioni sospette tra alcune squadre internazionali ed alcune società private.
Secondo la fonte del quotidiano che ha fatto pervenire i documenti relativi all’inchiesta i due giudici stanno indagando sul sospetto che esista “un patto al più alto livello tra squadre, società private e più alte istanze del ciclismo che avrebbe fatto beneficiare grandissimi corridori degli ultimi ritrovati tecnologici in materia di motori elettrici“.
L’UCI ha effettuato 50.000 controlli negli ultimi due anni in materia di doping meccanico, ma trovando 1 solo caso positivo, quello della ciclocrossista belga Femke Van Driesche, nonostante i continui allarmi in merito provenienti da alcune indagini della stampa (come quella congiunta tra Corriere della Sera e Le Monde) e TV (Stade2) riguardo l’utilizzo in corsa dei famigerati motori elettrici.
Se questa inchiesta dovesse provare l’esistenza di un patto tanto scellerato potrebbe essere un colpo devastante per il ciclismo.