Rafael Nadal ha conquistato due giorni fa il proprio 14° titolo sulla terra rossa del Roland Garros, il 22° titolo del Grande Slam, record assoluto. Ha fatto però parlare il fatto che il campione spagnolo abbia candidamente ammesso ai microfoni di Eurosport di aver potuto disputare la finale “giocando senza sentire il piede. Ho giocato con un’iniezione nel nervo ed il piede era addormentato, è cosī che sono stato capace di giocare“. Alla domanda della giornalista Barbara Schett “quante iniezioni hai ricevuto durante il torneo?” il giocatore di Mallorca ha risposto ridendo “meglio che tu non lo sappia“.
Su questo aspetto della vittoria di Nadal si sono espressi alcuni ciclisti, lamentando l’annosa differenza di trattamento tra vari sport. In particolare è stato Guillaume Martin (Cofidis) a fare il punto su L’Équipe:
“Se un ciclista facesse la stessa cosa, a parte che nel ciclismo è comunque proibito, ma ammettiamo non lo fosse, tutti gli salterebbero addosso qualificandolo come dopato. Questo perché c’è uno sfondo culturale e degli stereotipi propri al ciclismo. Mentre la gente incensa Nadal per essere stato capace di fare quello che ha fatto oltre il dolore. Mi sembra che anche Zlatan Ibrahimovic abbia detto che ha giocato con infiltrazioni al ginocchio. Loro passano per eroi perché vincono col dolore, ma di fatto si aiutano con sostanze per sopportare il dolore, ed ancora una volta, è una cosa molto al limite. Un vincitore nel ciclismo, in particolare quello del Tour de France, anche senza il minimo indizio è automaticamente accusato di essere dopato“.
Il motivo per cui il ciclismo è sempre puntato con l’indice in tema di doping non è poi un mistero. Il doping nel ciclismo è stato onnipresente dal giorno 1 della sua storia, e dagli anni ’80 del secolo scorso sino ad una decina di anni fa il ciclismo è stato letteralmente sconvolto dal doping. Come lo stesso Martin ammette senza problemi: “lo ripeto spesso, quando è scoppiato il caso Festina avevo 5 anni ed oggi ne pago personalmente ancora le conseguenze a livello di immagine. Sarebbe anche il momento di passare oltre. Il ciclismo si è costruito poco a poco in rapporto a questa storia negativa e si è dovuto far vedere al mondo che possiamo lavare più bianco del bianco. E’ per questo che i regolamenti nel ciclismo sono strettissimi. Ci sono anche molte squadre che volontariamente aderiscono al MPCC (movimento per un ciclismo credibile) che ha un regolamento ancora più stringente (proibisce in via assoluta corticoidi in competizione -ndr-). La volontà di togliersi di dosso gli stereotipi c’è, ma evidentemente c’è ancora lavoro da fare...”
La questione delle infiltrazioni di Nadal tocca personalmente Martin, il motivo lo spiega lui: “…come molti ciclisti ho avuto delle tendiniti ad un ginocchio. Ho corso tutto un giro di Catalogna ed un giro della Sicilia con una tendinite. Avevo dolore, non sapevo se sarei riuscito a partire nella tappa del giorno successivo, e chiaramente sarebbe stato tutto facile con un’infiltrazione, ma non lo so...”.
Le similitudini per Martin non si esauriscono li: “…il tennis ha dei parametri molto simili al ciclismo, è uno sport di resistenza con delle accelerazioni, quindi penso che gli stessi prodotti possano avere un effetto dopante anche per il tennis. In questi casi non vedo perché ci debbano essere regolamenti differenti“.
Cosa fare quindi?
“Il regolamento antidoping dell’UCI è per me un minimo. Ci sono un sacco di cose che sono autorizzate, ma che io non prendo. È tutta una questione di zone grigie, di utilizzare medicinali che sono normalmente utilizzati per altre patologie, come tumori, sclerosi a placche, etc. A me mette a disagio l’idea di prendere questa roba per migliorarmi come ciclista. Eppure è autorizzato“.
D’altronde il doping per sua natura si presta a diverse interpretazioni, come coglie bene Martin: “se si parla di doping come qualcosa che fa male alla salute c’è già un contro-argomento facile: fare sport ad alto livello non fa bene alla salute, ed alcuni dopati possono confermare che ci si fa meno male e si usura meno l’organismo dopandosi. Difficile provare il contrario. Dire che il limite è tra autorizzato e non autorizzato anche non mi sembra un buon criterio. Quindi è più una questione di etica personale: è giusto dirsi che si ha bisogno di prendere del paracetamolo per fare una corsa in bici? Che senso ha? Per me il senso si perde nel momento in cui si comincia con le sostanze. La modalità del dirsi “prendo questo per essere migliore“.
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