Il presidente del sindacato dei ciclisti professionisti francesi (UNCP), Pascal Chanteur, ha scritto una lettera al ministro della salute in cui chiede un ritorno anticipato alla possibilità di allenarsi all’aperto su strade pubbliche.
“Il primo pensiero va evidentemente alle famiglie toccate dalla tragedia, ai malati, al personale medico. Ma allo stesso tempo devo pensare alla mia corporazione che deve reagire rispetto quella che potrebbe essere una catastrofe. Oggi rispettiamo scrupolosamente le misure di confinamento, ed è normale, ma negli ultimi giorni ho sentito il ministro dell’agricoltura dire che bisogna aiutare chi lavora nei campi, vedo le imprese edili che possono riprendere le loro attività rispettando le consegne sanitarie, ed allora penso che anche noi siamo dei lavoratori che hanno un mestiere…allora vorremmo che alla fine del mese di confinamento, ovvero il 15 aprile, i corridori possano, con una deroga ed un’attestazione dei loro datori di lavoro, tornare a lavorare. Lo dovrebbero fare da soli, all’aperto, magari anche solo un paio d’ore. Un ciclista se rispetta totalmente gli obblighi e le buone pratiche sanitarie dovrebbe poter svolgere il proprio lavoro.”
Io rappresento i corridori professionisti. Ce ne sono alcuni, in scadenza di contratto al prossimo dicembre, che non hanno ancora corso. Alcuni stanno sacrificando la loro gioventù per questo, e si trovano al loro primo anno da ciclisti professionisti confrontati a tutto questo. Lo dico a tutti quelli che non riescono a comprendere, che se loro stessi avessero un contratto di lavoro fino a dicembre e non potessero lavorare sino ad allora a causa del coronavirus, forse vorrebbero anche loro poter continuare a lavorare semplicemente per avere ancora un lavoro a gennaio prossimo“.
Cosi, si è espresso Chanteur al sito Ouest-France. All’obiezione sulla possibilità di incidenti che andrebbero a gravare sul sistema sanitario, Chanteur cosi risponde:
“…ma oggi per i lavoratori edili è possibile avere una deroga per lavorare, e parliamo di un settore in cui ci sono, secondo le statistiche, 400 incidenti di lavoro al giorno, quando in media i ciclisti professionisti ne hanno da 4 a 7 all’anno! Certo che ci sono incidenti anche tra i ciclisti, ma molto raramente tra i professionisti. Ed in più ci sarebbero ancora meno rischi ora con lo scarso traffico attuale“.
Chiosa finale sulle differenze tra paesi: “Siamo in concorrenza diretta con gli stranieri! Il ciclismo è uno sport mondiale e quando le corse riprenderanno i corridori francesi saranno messi a confronto con i migliori corridori mondiali che avranno avuto misure di confinamento diverse da paese a paese“.
Questo tipo di istanze si fanno sempre più pressanti per tutto l’ambiente, che ormai è confrontato con diffusi tagli agli stipendi da parte delle squadre, e con le prime avvisaglie di sponsor che chiedono la disdetta anticipata dei contratti in virtù del fatto che le squadre non stanno, per forza di cose, onorandoli non correndo, e che ormai la maggior parte stanno tagliando il possibile per far fronte alla crisi economica che si porta dietro quella sanitaria.
Il caso più eclatante è quello della CCC, che ha fortemente ridotto i salari dei corridori e messo in cassa integrazione tutto lo staff, e ha, senza mezzi termini, nella persona del CEO della società polacca, Dariusz Milek, dichiarato che cercheranno di terminare i contratti di sponsorizzazione vista la situazione di stallo delle vendite dell’azienda CCC (vendita di scarpe): “in questo periodo in cui siamo costretti a ridurre gli stipendi di tutti gli impiegati sarebbe immorale mantenere quelli dei ciclisti“.
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