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I test sono una delle cose che più interessa gli appassionati, almeno dalle statistiche. I test rispondono normalmente alla domanda su “come vada” una bici, un componente o un accessorio, e quindi se ne valga l’eventuale spesa. Almeno questo in linea teorica, perché in realtà l’impressione è che molti vedano nei test una specie di “celebrazione” di un prodotto che piace loro, o persino che possiedono già. Non è raro ricevere richieste di testare materiale semplicemente perché di una certa marca di cui qualcuno si professa “Fan”, ma vediamo in realtà la cosa sotto diversi aspetti.
La prima considerazione affronta lo spinoso tema di quanto siano obiettivi i nostri test. Da un punto di vista pratico direi abbastanza, nel senso che nessuno ci paga per farli; non abbiamo “listini” per i test o amenità del genere (che altrove esistono, sappiatelo). Semplicemente a volte chiediamo del materiale alle aziende e queste a volte ce lo danno. Più spesso ce lo propongono loro, normalmente le novità (che sì, vogliono ovviamente promuovere). A fine test il materiale viene reso.
Fanno eccezione le cose dentro cui si suda e che finiscono per puzzare, come pantaloncini o scarpe. Ma è capitato che ci chiedessero indietro anche quelli. I più attenti avranno notato che ci sono marchi di cui abbiamo mai provato nulla, ma di cui magari abbiamo pubblicato le visite alle sedi/fabbriche. Questi marchi non hanno alcun interesse a farsi testare i loro prodotti da noi, anche se a volte abbiamo chiesto di farlo. I motivi tendenzialmente e banalmente si riassumono nel “non siamo interessati”.
Altri marchi ci hanno dato materiale da testare, ma dopo il primo test non ci hanno mai più mandato niente. A volte senza dire il perché, a volte dopo sfuriate epiche in cui si lamentavano che il prodotto era stato mal recensito, mal capito, mal comunicato, etc… e difatti avrete visto prodotti recensiti una volta e basta, mentre altri marchi appaiono più spesso.
Tutte critiche e posizioni che ci possono stare. Il messaggio fondamentale è che questo dovrebbe darvi l’idea che tendenzialmente cerchiamo appunto di essere oggettivi e non vendiamo test, né vendiamo quello che testiamo, ma vi proponiamo opinioni.
Da un punto di vista più teorico non possiamo garantire di essere sempre assolutamente oggettivi. A volte ci sono prodotti verso cui abbiamo qualche prevenzione, o che troviamo particolarmente brutti, o di marchi di cui non abbiamo grande simpatia per il tipo di “identità” che veicolano (che non sentiamo nostra, vien da sé), ed infine c’è anche un fattore umano, visto che il materiale test non lo prendiamo in negozio, ma ci viene dato da dalle persone con cui abbiamo dei rapporti, e come ogni rapporto questo può essere più o meno buono. Detto questo, chiaramente si cerca di essere comunque obiettivi e di non farsi influenzare da questi fattori, per rendere un servizio il più onesto possibile sia a chi vende sia a chi compra. Però escludere che ci sia qualche “bias” di qualche tipo, quello si sa sarebbe disonesto.
Quando qualcuno è scontento di un test, che sia chi compra o chi vende, un modo classico per screditarlo è screditare chi lo ha fatto. Il modo più semplice ed efficace è ovviamente colpire duro sulle capacità prestazionali del tester. Questa tattica paga sempre, perché nel ciclismo “chi ce l’ha più lungo” vince sempre.
C’è una relazione tra watt e capacità di fare un test? Ni. Che non è “sì e no”, ma più un No che Sì, ma nemmeno un no assoluto. C’è sicuramente un soglia minima di pratica sportiva che non va disattesa. Chiaro che uno che va in bici una volta a settimana o è largamente sovrappeso può destare qualche sospetto di affidabilità, ma qui si va al punto fondamentale: cosa vuol sapere il lettore ad esempio di una bici? Se fa andare più veloci? Se è il meglio? La risposta è un banalissimo NO.
Nessuna bici fa andare più veloci. È banale, e non ha niente a che fare con le capacità fisiche di chi ci sta sopra. Una bici o un casco non fanno andare più veloce un amatore della domenica quanto non fa andare più veloce il professionista al Giro d’Italia. Tanto ovvio da essere banale.
Si sa che il grosso dei consumatori vuole la bici del campione. D’altronde le aziende non spendono milioni per sponsorizzarli per niente. Ma dovrebbe essere chiaro che il grosso dei consumatori dovrebbe considerare di acquistare prodotti che siano utili a lui e non a Sagan, che ha sicuramente altre esigenze. Perché sì, anche se arrivate “davanti” alla GF o vincete la salama da sugo alla cronoscalata, Sagan va più forte di voi e non è che avendo la sua bici diventerete ciclisti migliori.
In particolare oggi i professionisti hanno la fisima di usare telai di misure ridicolmente piccole, ma adattati con dislivelli sella manubrio assurdi o attacchi manubrio assurdamente lunghi. E no, non hanno ragione nel farlo. Parlando con molti responsabili dei team o delle aziende che sponsorizzano e forniscono il materiale ai team, ammettono candidamente che di fisime appunto si parla, e che spesso sono persino controproducenti a livello di guidabilità. O che a volte tantissimi pro semplicemente usano quello che sono abituati ad usare per tradizione, ed i giovani usano quello che usano i veterani. Il tutto senza grandi motivazioni dietro. Oggi le cose stanno cambiando, come noto, ma certe resistenze persistono. Ergo, se certe cose sono assurde per un pro figuriamoci per un amatore “normale”.
Quindi si ritorna a bomba, ovvero, vi serve che la bici sia recensita da qualcuno che vince il Tour de France? È un po’ come credere che Lewis Hamilton sia la persona più indicata per recensirvi la station wagon per andare all’Ikea.
Una cosa curiosa è che molti però vogliono sapere come va la tal bici o il tal componente “al limite”, presupponendo che solo il pro la sappia portare “al limite”. Il punto è che una bici non è una Ducati Panigale o una Ferrari, o lo è, ma senza motore: cosa va più forte tra una Panigale ed una YZ R1 entrambe senza motore?
La bici è un attrezzo sportivo, non un mezzo automotive dotato di prestazioni proprie. Chiedersi quale sia il limite di una bici è come chiedersi quale sia il limite di una racchetta da tennis.
Non c’è nessun limite, può essere solo più o meno funzionale a chi la sta usando.
Ci sono professionisti che cambiano tot squadre nel corso della loro carriera e di conseguenza marca e modello di bici e a nessuno viene in mente che vincano o perdano perché cambiano bici (o non dovrebbe venire in mente). C’é qualcuno che pensa che le bici dei pro non siano come quelle in commercio, ma sono panzane. È capitato a volte in passato che qualcuno abbia utilizzato bici “mascherate”, ma la maggior parte delle volte si trattava di telai provvisori utilizzati in mancanza di quelli reali perché magari per certi eventi non erano disponibili per varie ragioni, magari lo stampo in una data taglia non pronto. A volte è capitato che qualche sprinter abbia avuto telai rinforzati, ma si tratta solo dell’aggiunta di qualche pelle in più in certe zone.
In linea di massima oggi, vista la riconoscibilità dei telai (che non sono per niente “tutti uguali”, perlomeno non come quelli in metallo di una volta) e la diffusione di cellulari e fotocamere, nessuna azienda, dopo aver speso soldi per creare design riconoscibili e soldoni in sponsoring, vuole rischiare di essere scoperta grazie a qualche foto rubata col telaio di un proprio corridore di un’altro brand rimarchiato. E se capita è un guaio. Quindi evitano.
Non tutti i Pro però cambiano squadra tutti gli anni, anzi, sono molto pochi. Ed a volte ci sono pro che passano quasi l’intera carriera nella stessa squadra, quindi utilizzando per quasi tutta la carriera lo stesso brand di bici, gruppo, ruote, etc…
Ok, un pro fa mediamente 30-35.000km, ma li fa sulla stessa bici. Viene abbastanza naturale credere che si accorgano di ogni minima variazione all’utilizzare qualcosa che usano così spesso. Anche questo però non è un assoluto, perché come spiegato da un responsabile del Team Sky, anche tra i Pro ci sono i cosiddetti micro ed i macro-absorber. Ovvero c’è chi si accorge di ogni minima differenza, ad esempio di posizione in sella, e chi no. Chi ne fa una malattia e chi se ne frega. Ad esempio Geraint Thomas pare sia un macro-absorber, ovvero uno che non si accorge di piccole differenze. Su alcuni pro, in privato, circolano anche divertenti aneddoti a proposito. Alcuni addirittura con molta autoironia ci scherzano anche su. Come Philippe Gilbert, di cui una volta un suo ex responsabile di squadra ha detto: “Basta dirgli da che parte sta la sella e da che parte sta il manubrio, poi del resto non gli importa niente“.
In realtà nel mondo amatoriale c’è quasi una specie di vanto nel credersi capaci di accorgersi di differenze minuscole. Il classico personaggio che si accorge “della sella più alta o bassa di 1mm”, che ne decreta subito l’appartenenza ad una sorta di aristocrazia ciclistica. In realtà non si capisce che vantaggio ci sia ad avere questa fantasmagorica “sensibilità”, e per dirla tutta, Mark Cavendish durante tutta la sua carriera, nei grandi giri, per le tappe di montagna montava uno stem più corto e abbassava la sella per stare più comodo (roba di centimetri, non mm). Roba da far andare in crisi epilettica tanti “biomeccanici” o tanti amatori convinti che il corpo umano sia di marmo e da accomodare al centesimo di mm.
Non parliamo poi di quelli che si accorgono della scorrevolezza del cuscinetto ceramico o del copertone. Cosi, a naso, a sensazione. O di chi giura che “sente” la differenza di 1 cm profilo tra una ruota ed un’altra, magari ad una certa velocità precisa. Tutte cose ovviamente impossibili da percepire, ma che si possono solo misurare, e spesso con anche grosse difficoltà, in quanto le differenze sono apprezzabili solo in condizioni isolate in laboratorio, in quanto le variabili di un normale giro in bici sono tante e tali da rendere le misurazioni su un singolo piccolo componente molto improbabili.
E per tutti quelli che non si fanno abbindolare dal famoso marketing: non è strano che le discussioni vertano sulla possibilità o capacità di percepire i 2W teorici risparmiati dalla puleggia oversize del deragliatore, ma non ci siano discussioni sui 4W teorici che si possono risparmiare (per via dell’aerodinamica) tenendo una sola borraccia sul piantone invece che sull’obliquo? O dei 15W risparmiati tra una maglia svolazzante ed un body a 35km/h?
Ed ecco che qui entra in gioco il vostro tester: sarà un micro-absorber capace di dirvi la flessibilità del movimento centrale in Nm/mm con precisione -+1%? Apprezzerà il cucinetto ceramico della puleggia del cambio invece di quello dozzinale in proletario acciaio?
No.
Il tester è semplicemente uno che prova tante bici, o tanti componenti. O più della media delle persone. E che pertanto si è costruito un database di esperienze pregresse con cui mettere in relazione, comparare, i vari prodotti. Quindi il miglior tester è quello che prova tanti prodotti per potervi dire quello più adatto per una certa pratica o per una certa tipologia di utente. Non quello che fa 50.000km l’anno sulla stessa bici per poi dirvi che l’unica bici diversa che ha provato era “più rigida”, a meno che non siate interessati a sapere esattamente la differenza tra quei due soli modelli.
Stessa cosa vale per scarpe o caschi. Di cui vi può consigliare il tipo di calzata, o la vestibilità, o darvi consiglio sulla taglia.
Ovviamente questa non è una auto-promozione, ma solo una constatazione. Ad esempio alle presentazioni dei prodotti sono sempre presenti tutti i rappresentati e tester dei vari media (Cyclingnews, Velonews, Cyclingtips, RoadBike Magazine, Tour, Road.cc, etc…etc..), che sono tutte (o quasi) persone che hanno grande esperienza su tanti prodotti, e da cui io stesso ho potuto imparare, ascoltando e mettendo a confronto le esperienze. Esperienza che arriva appunto col tempo, non per magia della “sensibilità”.
Se da un lato ci sono quelli che credono di andare più forte con l’1% di silice in più nella mescola delle gomme, dall’altro c’è una nutrita schiera secondo cui “tutte le bici sono uguali”, “Coppi andava forte anche con la bici da 15kg” (una volta per tutte, ne pesava 9…), etc.etc.
Per queste persone i test non servono, perché normalmente sanno già cosa vogliono o lo credono. Al massimo cercano conferme. Conferme che la bici che gli piace, o della marca che adorano, sia indubbiamente la migliore, o al contrario che quella che non gli piace faccia schifo. O che tanto vanno tutte uguali e che i test non dicano mai che una bici “va male” non ne è che la conferma, ovvero che tutte vanno bene.
Tra il bianco ed il nero ci sono un tot di grigi però. Ed il test dovrebbe proprio aiutare a trovare quello che fa per sé.
Abbiamo già detto che nessuna bici fa andare più veloci. Quindi a che pro verrebbe da chiedersi prendere quella costosa che pesa meno? O quella super-aerodinamica che fa risparmiare 21″ a 45/h su 10km?
Dipende da cosa ci fai. Tralasciamo bici e componenti molto specifici. Inutile dire se la bici o il casco aerodinamico siano utili o mantengano le promesse. Le differenze sono molto difficilmente misurabili e le gallerie del vento non sono facilmente disponibili. Quindi chi è interessato a cose specifiche acquista più sulla scorta di dati, si presuppone, che non su opinioni di terzi (o come i triatleti che comprano ogni novità a prescindere -scherzo-).
Ma con la segmentazione delle gamme di bdc in varie categorie, come Endurance, Aero, Salita, Gravel, Crono, ogni tipologia acquisisce sue peculiarità, o “sfumature”, che a volte possono confondere l’utente nell’acquisto. Questa cosa è evidente da anni nel mondo della Mtb, dove gli utenti discutono all’infinito se sia meglio la bici Trail o quella Enduro, quella da 120mm di escursione o quella da 140mm, alla perpetua ricerca della bici perfetta o “totale”. Che però si rivela perfetta solo quando coincide con la propria pratica e la geografia dei propri percorsi. Quasi mai invece funzionano considerazioni tipo: “soffrirò un po’ di più in salita per poi godermela in discesa”. Che alla fine si rivelano solo brutti compromessi.
Nel mondo della bdc questo tipo di discussioni, in scala minore, cominciano a farsi strada, e proprio per questo avere delle comparazioni tra tipologie diverse può rivelarsi utile. Più utile che non sapere la flessione in Nm/mm della scatola del movimento centrale, che nel mondo reale si traduce in dati senza significato, perché sono molto molto difficilmente percettibili e si discostano ormai di pochissimo tra tipologie di bici simili, visto che l’ingegnerizzazione industriale converge.
Cosa buona e giusta, visto che proprio l’aver utilizzato sempre più (relativamente al settore) sofisticati strumenti per la progettazione e lo sviluppo dei prodotti, come le simulazioni FEM o l’utilizzo delle gallerie del vento, ha portato ad una convergenza delle soluzioni, in quanto la base scientifica è la stessa. Oggi infatti c’è sempre meno posto (se non nessuno) per l’entusiasta appassionato che crede di aver inventato la soluzione geniale in cantina. Questo genere di soluzioni infatti ormai sono relegate alle curiosità vintage.
E se non siete d’accordo…vabbé, fa niente, continuerò a provare bici lo stesso per senso del dovere 🙂
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