Il ciclismo ha la fama di sport “povero”, anche se in realtà i suoi debutti sono in alta società: Le prime draisine erano tutt’altro che economiche, idem le Penny Farthing, le bici col ruotone davanti. Servirà l’inizio del XX secolo e l’introduzione delle Safety Bicyles, le bici con ruote di uguale diametro, per farle diventare di massa. L’uso amatoriale però rimaneva relegato alla borghesia, in particolare nell’età d’oro dei telaisti artigianali, gli anni ’30, quando la “buona società”, in particolare francese, si darà alle randonnées ed al cicloturismo, con bici “custom” curatissime che costavano una fortuna.
L’idea di sport povero si consoliderà attraverso il professionismo, in cui, dagli inizi, gareggiavano i proletari a cominciare dai porteurs francesi, che si facevano le ossa tutti i giorni consegnando kili di giornali fissati sulle bici appositamente equipaggiate, fino ai pistard che rischiavano, letteralmente, la pelle in pista affumicandosi dietro Derny.
Oggi però le cose sembrano cambiate per quanto riguarda in particolare il mondo amatoriale.
La visione anglosassone
Negli USA ed in UK il ciclismo è in grande crescita e di gran moda nel mondo “aziendale” e della finanza. Il motivo principale sarebbe quello di poter tessere la rete di conoscenze tanto importante in quel mondo. Il cameratismo dato da una lunga pedalata assieme in cui si suda e si fatica fianco a fianco creerebbe le condizioni ideali per un’atmosfera rilassata ed informale in cui parlare di business. Favorita anche dalle pause caffé e dalla vita di club, senza contare le trasferte per le grandi occasioni, come le Granfondo europee (vedere la popolarità tra i vari CEO della Maratona delle Dolomiti), o le Charity Rides in cui si accordano beneficenza e pubbliche relazioni, come la London to Cannes, o la pedalata Palermo-Roma per vincere la fibrosi cistica in corso in questi giorni a cui partecipano Cassani, Marzotto, Lelli e Macchi.
Le Granfondo
In Italia ormai sono una realtà talmente consolidata e presente che è diventato uno dei nostri migliori prodotti da esportazione. GF New York, Pinarello in Giappne, Colnago negli USA ed in Francia sono li a testimoniarlo. In Francia la ASO, organizzatrice del Tour e della Vuelta, ormai ha fatto man bassa anche delle classiche del Nord, con il Paris-Roubaix Challenge, La Ronde van Vlaanderen Challenge e ovviamente la Liège-Bastogne-Liège Challenge. Oltre all’Etape du Tour che ormai fa concorrenza alla MDD per numero di partecipanti.
Tutti eventi che ormai l’amatore difficilmente rinuncia a mettere nel curriculum, “almeno una volta nella vita”, come tanti dicono. Eventi che travalicano l’hic et nunc della corsa, ma occupano praticamente la mente dell’amatore tutto l’anno, grazie ai meccanismi di preiscrizione, iscrizione, cambi pettorale, ricerche spasmodiche di alloggi, etc.. Il tutto a prezzi non popolari però, al netto della logistica per chi viene da lontano.
A questo si aggiungono i circuiti, come il noto Prestigio, tendente a fidelizzare gli amatori.
Una buona parte degli amatori che partecipano a questi circuiti, quelli che oggi si tende a chiamare “amatori evoluti”, non sono certo i pedalatori della domenica, ma gente che fa migliaia di kilometri e che se è disposta a spendere centinaia di euro per partecipare ad una competizione ovviamente non intende farlo senza il giusto equipaggiamento.
Aldilà delle biciclette, il cui costo, in proporzione, non è oggi cresciuto, a parità di gamma, rispetto il passato quello che fa la differenza oggi sono gli accessori.
Gli accessori
Una decina di anni fa principe delle discussioni era il cardiofrequenzimetro ed il suo uso. La rivoluzione moderna è stata fatta poi dai GPS e quindi in tempi recenti dai misuratori di potenza.
Il livello di sofisticazione di questi oggetti va di pari passo con la dimestichezza crescente all’informatica e la sua pervasività nel quotidiano. Quello che era “il computerino”, quell’oggettino che mostrava velocità e kilometri fatti (oltre che l’ora), è diventato un apparecchio che si integra con tutti gli altri accessori, dal powermeter allo smartphone. Oggi anche gli amatori hanno il “live tracking” come i Pro del Tour, per la gioia di mogli e fidanzate…
I powermeter oggi sono il “disco caldo” del momento: propulsi ovviamente dai dibattiti a proposito delle prestazioni dei Pro. Mezzo Watt in più o in meno fa la differenza tra il dopato ed il pulito. E la propria FTP è diventata una misura simile a quella della propria più segreta intimità. Col vantaggio che la FTP può crescere 🙂
Altra cosa fondamentale sono i siti social. Strava ha rivoluzionato in tempi rapidissimi il modo di andare in bici (o in scooter) di tantissimi. KOM e Kudos per ora restano ancora un gergo sconosciuto a tanti, ma non per molto ancora.
E tutto questo necessita di connessioni internet, PC, Tablet, software specifici, home trainers, DVD e lunghe letture in Inglese. O di un Personal Trainer che sappia mettere tutto assieme.
Sorvoliamo bilance impedenziometriche wifi, pulsiossimetri o gli imminenti occhiali che intregano tutto come per i piloti militari. Tutto sommato qui si entra in zona Geek, o secchioni impallinati di tecnologia che dir si voglia.
Non si può sorvolare però sugli integratori e le diete. Quelli che una volta erano i “ricostituenti” ora sono parte integrante dell’arsenale di tantissimi amatori. A volte a prezzi popolari, a volte meno, soprattutto nel caso dell’ultimo ritrovato che fa alzare la Vo2max, che stimola un ormone sconosciuto fino a ieri, etc.. Per non parlare delle diete, che nascono mensilmente come i funghi, ed alle cene amatoriali si sentono disquisizioni sul vino, non tanto per capirne la corposità o l’abboccato, ma per sapere se sia più o meno antiossidante se rosso o bianco.
Si può fare a meno di tutto questo? E’ fin troppo ovvio che si, ma di fatto diventa difficile. Gli amatori vivono in un mondo, il loro, e se si vuol farne parte non è che si può fare gli asceti sul palo. E poi il dubbio viene a tutti: “se X va forte usando questo e quello perché non provare?“.
Il conto per gli accessori ed affini può essere più salato della sola bicicletta (anche di alta gamma) a fine anno.
Cronometro/Triathlon
A sentire i responsabili marketing delle varie aziende questo è un vero Eldorado. In particolare in tempi di crisi. Queste discipline attirano 35-45 enni con la pecunia. E le tentazioni di spendere in queste discipline non mancano. A cominciare dall’arsenale “Aero”: caschi, bici da crono, ruote lenticolari, selle multifunzione, scarpe dedicate, etc…tutta roba supertecnologica che costa salata. Senza contare che qui il fai-da-te nell’allenamento diventa difficile. In particolare per chi si mette d’impegno nel triathlon e deve districarsi in 3 discipline diverse (e metterle assieme coerentemente).
Il fatto è che i guru del marketing sfoderano dati e sorrisi smaglianti: settore in crescita. Addirittura del 20% annuo per quanto riguarda il settore femminile (sentito dal responsabile marketing di Specialized in occasione della presentazione, guarda caso, della nuova Alias).
Randonnées/cicloturismo
Qui si fa un passo indietro: meno estremismi competitivi, meno integratori e preparatori, ma anche qui il settore è in crescita. Tralasciamo i brevetti di grandissima distanza, ma il cicloturismo è in espansione. Lo testimonia la crescente richiesta di biciclette specifiche, la sempre maggior proposta di Tour Operator che portano a spasso facoltosi turisti americani, inglesi, giapponesi per le strade Italiane e Francesi. Organizzazioni extralusso, con accompagnatori plurititolati, hotel 5*, ristoranti stellati Michelin, veicoli di supporto, etc…cose che si integrano anche col mondo granfondistico: Lanzarote, Mallorca & c. fanno il pienone di agonisti d’inverno, con strutture dedicate solo agli sportivi e gran riciclo di ex-professionisti ad accompagnarli e consigliarli.
E ad ogni modo anche tra i randonneurs ogni tanto qualche prurito viene: la bici in titanio (custom o meno), i superfaretti da 30.000lumen, etc…per non parlare di qualcuno che vuole fare il salto nell’ultracycling. E li tra crew ed iscrizioni i costi vanno in orbita.
Per finire
Il ciclismo sta diventando uno sport da ricchi? Sicuramente per alcuni aspetti è uno sport che si sta rivolgendo sempre più ad un target benestante, con gli operatori del settore impegnati ad intercettare il bacino di utenza con maggior disponibilità economica e più attento alle novità (internet-dotato quindi).
A maggior ragione nei mercati emergenti (Cina, Russia, America Latina) che sono in grande crescita (pur compensando solo parzialmente il rallentamento Europeo), ma solo nella fascia più danarosa.
L’altro lato della medaglia è però una sempre maggior segmentazione specialistica sia a livello di prodotto sia a livello di vendita, con i mercati che cercano un assestamento continuo tra rivenditori classici, mailorders, distributori, etc.. a tutto vantaggio di una scelta sempre più vasta (tanto da essere a volte disorientante) tra prodotti di qualità media crescente. Ovvero più scelta anche per chi ha budget più risicati.