Giro d’Italia terminato ci balocchiamo con voti e pensieri da lunedì mattina al bar.
–Richard Carapaz: voto 10. Il primo ecuadoriano a vincere un grande giro. Una gara perfetta per 3 settimane, senza mai un problema, con tutti gli astri al posto giusto. Ha conquistato strada facendo i galloni di capitano sulla strada e poi non si è fatto intimorire da niente e nessuno sino a portare la maglia rosa a Verona e l’Ecuador in paradiso. Il tutto contro ogni pronostico, ma non si tratta di meteora: già nel mirino della Ineos, che pare lo abbia opzionato per il futuro, la sua progressione in termini di risultati nelle corse a tappe è stata costante. 3° alla Vuelta a Castilla y Leon nel 2017, 4° al Giro e 18° alla Vuelta 2018 e 2° nella classifica giovani dietro Superman Lopez. A 26 anni il ciclismo potrebbe aver trovato un valore sicuro per il futuro.
-Vincenzo Nibali: voto 9. Era arrivato per vincere al Giro, per fare tripletta dopo due terzi posti ed il 2° posto del 2011. Sei podi consecutivi al Giro d’Italia sono un primato storico che danno la dimensione di un corridore che ha segnato la storia recente del ciclismo italiano e mondiale. Il più forte ciclista italiano del dopo Gimondi. Un ciclista che ha conosciuto tutti gli onori e le gioie più grandi e le sconfitte più brucianti. Questo 2° posto probabilmente è una grande delusione. A 34 anni doveva essere un sigillo e farlo entrare nel club dei vincitori di 3 giri, solo 6 corridori, tra cui Gino Bartali, Fiorenzo Magni e Bernard Hinault. Dire cosa abbia sbagliato è veramente un po’ esercizio stucchevole. Non ci sono stati marchiani errori, né sfortuna, né episodi precisi, ma una combinazione di fattori, a cominciare dal ritiro di Tom Dumoulin, che di colpo ha fatto diventare il Giro “una faccenda a due”, tra Nibali e Roglic, cosa rilanciata da certa stampa, e che ha finito per creare un’atmosfera su tutto il Giro che ha “chiuso” l’idea che ci potessero essere altri pretendenti alla maglia rosa. In questo contesto Nibali ha finito per assumersi il ruolo precostituito di avversario del solo Roglic. Nella sceneggiatura non rientrava Carapaz, che è stato bravissimo a fare al suo, che in definitiva è stato meglio di quello di Nibali. Che ha dimostrato che era più in palla di Roglic sulle tre settimane ed il più esperto, e per questo, a dispetto delle sue dichiarazioni, il 2° posto deve bruciare, e non poco.
-Vincenzo Nibali: voto 4. Da un campione della sua classe, e che è sempre stato piuttosto corretto soprattutto nelle dichiarazioni, il comportamento tenuto nei confronti di Roglic stona tantissimo. Aldilà di quello che Nibali abbia detto o meno allo sloveno (ovviamente non si sa, almeno per ora, cosa possa aver detto Roglic a Nibali), ma l’episodio reiterato di rifiutargli la mano è un brutto gesto antisportivo. Ancora di più se fatto “a freddo” sul podio finale nell’arena di Verona. Forse un giorno si saprà perché Roglic gli sia andato cosi di traverso per tutto il Giro, ma Nibali sembrava quasi accecato dall’astio nei confronti di Roglic. Accecato forse al punto da non vedere altro.
-Primoz Roglic: voto 7. Personalmente era il mio favorito per la vittoria finale. Come Yates l’anno scorso è partito troppo forte, anche se poi tra episodi sfortunati e dolori allo stomaco nella settimana finale, ha dimostrato di saper tenere molto meglio. Gli va dato atto che ha lottato per 3 settimane praticamente senza squadra, ed alla fine ha raggiunto un ottimo podio. Credo sarà difficile rivederlo a breve al Giro, perché l’esperienza fatta gli servirà sicuramente per l’assalto al Tour. La combinazione tra capacità in salita ed a cronometro ne fa un candidato ideale.
-Mikel Landa: voto 5. Il solito Landa fa le solite cose. Smanioso di essere capitano unico ed insofferente a fare il gregario alla fine quando il gioco di fa duro si squaglia. La Movistar, criticata spesso per aver portato più di un capitano alla stessa gara, questa volta la azzecca con Carapaz, molto più in palla e solido. Nel caso Carapaz avesse avuto qualche problema sarebbe stato anche difficile credere che lo spagnolo si sarebbe più che tanto sacrificato…ridimensionandolo ancora di più come corridore. Alla fine 4° in una stagione fin qui molto grigia.
–Bauke Mollema: voto 6. L’olandese ha fatto il suo solito giro a tappe con equilibrio, ma senza acuti. Ottima la cronometro di San Marino (3°), ma poi non è riuscito a pungere per fare meglio di quello che fa sempre. Di carattere un po’ ombroso non sembra nemmeno sfruttare il supporto della propria squadra, che invece con l’eccellente Ciccone e Brambilla avrebbe potuto avere. Forse il suo ruolo migliore potrebbe essere a supporto di Nibali il prossimo anno, come fece con Contador all’ultima stagione.
-Rafal Majka: voto 6. C’entra una top-ten, ma potrebbe fare di più, come mostrato in passato. Va bene in salita, va bene a cronometro (stesso tempo di Dumoulin nella cronometro di Bologna), e tiene bene le 3 settimane, ma gli manca “la marcia in più”, o forse la capacità di crederci in una stoccata con cui far male.
-Miguel Angel Lopez: voto 5. Netto il passo indietro rispetto al passato (3° a Giro e Vuelta l’anno scorso), oltretutto in un Giro che lo favoriva non poco con i pochi chilometri a cronometro ed oltretutto “atipici” con salite, tra cui il muro di San Luca. Forse paga l’aver corso meno rispetto l’anno scorso in preparazione al Giro, con ultima corsa la Vuelta a Catalunya (vinta) a Marzo.
-Simon Yates: voto 3. Il fantasma dell’anno scorso e della scorsa Vuelta. A 7’49” dal vincitore, due sfiammate nella 13^ e 14^ tappa e poi un crollo che ricorda quello dell’anno scorso, ma senza le prime due settimane brillanti prima.
-Pavel Sivakov: voto 8. Capitano della Ineos suo malgrado, lanciato a 21 anni praticamente a “fare esperienza” si porta a casa un 9° posto di grande valore. Forse ci si poteva aspettare un po’ di più a cronometro, ma va bene cosi. Se verrà gestito bene sarà protagonista assoluto nel futuro dei grandi giri.
-Ilnur Zakarin: voto 6. Il taciturno capitano della Katusha vince una tappa e poi si perde nei vari bassi come suo solito. A 29 anni gli continua a mancare la continuità, che in parte aveva fatto vedere alla Vuelta 2017.
-Pascal Ackermann/maglia ciclamino: voto 8. Il tedesco della Bora vince due tappe e la maglia ciclamino. Ci va vicino altre due volte, di cui una a favore del bravo Cima, che con il suo exploit ha reso meno noiosa la solita tappa candidata ad esserlo. Alla fine si porta a casa la maglia grazie anche ad una défaillance tattica della Groupama di Démare. Un plauso per l’aver portato a spasso per tappe mostruose per dislivello i suoi 78kg sempre col sorriso a fine tappa. Piccola delusione per Elia Viviani, che da subito è parso non aver gli astri allineati bene, per Giacomo Nizzolo, che si batte, ma senza smalto. Idem Cimolai. Modolo non pervenuto.
-Giulio Ciccone/maglia blu: voto 8. Maglia blu e 16° in classifica generale e vincitore di una bellissima tappa. 3° davanti a Carapaz alla 20^ tappa. A cronometro non sembra nemmeno provarci, in particolare nella prima. Migliorando in quel comparto potrebbe essere un bel capitale per il futuro. Idem Fausto Masnada, che in questa stagione sta facendo vedere cose eccellenti (3° Giro di Sicilia, 5° al Tour of the Alps, 2° al Giro dell’Appennino).
-Maglia bianca. Di Lopez abbiamo già detto, cosi come Sivakov e Ciccone. È bello segnalare Hugh Carthy e Valentin Madouas. L’inglese sta facendo una bella stagione e l’11° posto a questo Giro ne è un bel sigillo. Forse un fisico un po’ troppo atipico (193cmx69kg) per essere un primo attore, ma la stoffa c’è. Il francese invece sembra un talento assoluto, dall’8° posto all’Amstel sino a questo 13° posto. Il miglior risultato di un francese di 22 anni alla prima partecipazione ad un grande giro da tempi immemori.
-L’organizzazione: voto 7. Un altro bel Giro d’Italia, con alcune idee eccellenti come lo scenografico arrivo all’Arena di Verona, che dal punto di vista visivo ha avuto un impatto eccezionale. Qualche lamentela da parte dei media sui transfer con le navette, ma tutto sommato la logistica è parsa ottima. Un unico appunto sul percorso: da qualche anno le cronometro stanno praticamente scomparendo dai grandi giri. Quest’anno c’erano, ma sempre con salite, tra cui quella a doppia percentuale di pendenza di San Luca. È un errore che è già stato fatto nel passato e che non ha portato bene a livello di parterre dei partecipanti. Un percorso equilibrato è sempre l’opzione migliore per coronare il campione più completo, mentre disegnare percorsi a senso unico, tipicamente favorendo gli scalatori, non è per niente garanzia di “spettacolo”, anzi, si mettono a rischio intere squadre votate ai velocisti e si rischia di fare una classifica generale di soli scalatori.
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