Come già scritto a proposito dei pionieri dei primi grandi giri, prendere delle sostanze “eccitanti”, o che non facessero sentire freddo e fatica, era non tanto un modo per avere vantaggi poco onesti, ma un modo per restare vivi, in tappe lunghe mediamente più di 300km, corse anche di notte, vestiti in maglie e calzoni di lana, senza rapporti ed in totale autonomia.
Parlare di “doping” in quel contesto probabilmente è una forzatura, ma il ciclismo non era nemmeno all’epoca solo grandi giri, anzi, l’attività più frenetica si aveva in pista.
Già nel 1881 si era corsa la prima gara francese su “Grand-Bi”, le prime bici con la ruota anteriore di diametro enorme rispetto la posteriore. E già allora si parlava di “sostanze miracolose” utilizzate dai corridori. Proprio quella corsa, campionato francese di velocità 1881, è stata vinta un sulfureo personaggio di nome Frederic De Civry, che la corse ubriaco…
Ad ogni modo, con il ciclismo alle prese con i primi balbettamenti di competizioni i corridori erano già alla ricerca di ogni possibile vantaggio. L’alimentazione fu subito uno dei primi campi di indagine. Ovviamente era tutto empirico, cosi come per le altre sostanze, dagli alcolici a qualunque altra mistura.
La parola “doping” entra per la prima volta in un dizionario nel 1903, nel francese Petit Larousse che recita:
“l’emploi d’excitants et les excitants eux-mêmes susceptibles au moment d’une course de donner au cheval une ardeur factice et momentanée“.
(L’impiego di eccitanti o gli eccitanti stessi suscettibili di dare al cavallo durante la corsa un ardore fittizio o momentaneo).
Molto empiricamente il doping equino è sempre stato l’apripista per quello umano, fino ai giorni nostri.
Già nel 1880 circolavano misture di cocaina e morfina, e dal 1892 furono messi in commercio degli intrugli a base di alcool ed altro, specifici per il ciclismo, come “l’Elixir de vitesse” o il “Vélo Guignolet”, e mille altri, di cui i giornali dell’epoca riportavano le numerose pubblicità.
Queste bevande erano messe direttamente a disposizione dei corridori da parte degli organizzatori delle gare di endurance su pista ad esempio. In Francia andava di moda cocaina e caffeina. In Belgio preferivano zollette di zucchero imbevute di etere. Per gli sprinter era d’obbligo la nitroglicerina, che all’epoca veniva usata per curare l’angina pectoris. Alimento imprescindibile era la carne di piccione perché ritenuta naturalmente ricca di stricnina (dal 1897 furono introdotti esami sugli escrementi dei piccioni di allevamento in UK, perché gli allevatori li cibavano con granaglie e stricnina per andare incontro alle esigenze di mercato). In mancanza di piccioni la stricnina veniva aggiunta alle uova che erano bevute. Questa ricetta era uno dei pezzi forti di Francis Pellissier, divenuto allenatore dopo il ritiro, il quale dava ai suoi atleti uova e stricnina fino a 15gg prima delle gare.
L’abuso di queste sostanze, combinato con alcolici portava molto spesso ad allucinazioni, di cui c’è abbondante letteratura, in particolare nelle 24 o 72h in pista.
Josef Fischer è un caso noto e simpatico, ma nella stessa gara, del 13-15 agosto 1898 a Parigi, in cui lui si arrampicò su un albero, il dottore di pista, Gustave-Adolphe Walther, scrisse che: “dopo circa 50h di pedalata ininterrotta, uno si arrampica su un albero, un altro scende di bici e protesta per la presenza di un tram nelle curve, un terzo grida che gli hanno messo della dinamite nei pneumatici per farlo saltare in aria, un quarto è convinto che lo vogliono uccidere e vede delle figure sinistre che lo rincorrono e lo minacciano….”
I corridori migliori lavoravano tutti con un allenatore, che non era solo una persona che si occupava di allenarli fisicamente, ma si occupava di loro a 360°, facendogli da procuratore e negoziando gli ingaggi per le corse, programmando il calendario delle corse, occupandosi del materiale tecnico e della nutrizione, in senso lato.
Tra questi personaggi si è ritagliato uno spazio nella storia James Edward Warburton.
Nato nel 1842 a Haslingden, nel Lancashire, 30km a nord di Manchester, in Inghilterra, Warburton fu un talentoso corridore a piedi, con 500 corse vinte tra il 1866 ed il 1880 nel nord dell’Inghilterra, nelle distanze dal miglio alle 20 miglia (32km). Nel 1880 rese visita al fratello George negli USA e vinse molte altre corse. Al ritorno in Europa concluse la sua carriera, che vanta un totale di oltre 700 corse.
A chi gli chiedeva come fosse stato il viaggio in nave rispondeva sempre “choppy” (“mosso”, riferito al mare) e da allora il soprannome gli rimase e fu per tutti Choppy Warburton.
Terminata la carriera di corridore a piedi si interessò alla novità dell’epoca, la bicicletta. E diventò un allenatore molto ricercato in tutta Europa per i suoi metodi all’avanguardia, tratti da anni di esperienza nella corsa a piedi, e che nell’ambiente del ciclismo erano realmente avveniristici. Nel Almanach pratique illustré du Petit Parisien (1912), cosi venivano descritti i suoi metodi:
“Esercizio ed ancora esercizio! L’allenamento del corridore non deve comportare solo la pratica quotidiana della bicicletta…bisogna acquisire allo stesso tempo forza, resistenza e soprattutto elasticità. E non si può non dare qui l’esempio che Choppy Warburton “il re dei manager” ha creato per il suo famoso pupillo Michael. Il piccolo proidigio si alza alle 8, d’inverno come d’estate, si fa un bagno tiepido e per 20 minuti fa esercizi per i muscoli alzando pesi di tre libbre (1,3kg-ndr-). Questo esercizio è seguito da un massaggio di 30 minuti. Dieci minuti di riposo allungato su un letto da campo un po’ duro. Alle ore 9 Michael fa colazione all’inglese, con uova, carne alla griglia, biscotti senza burro e the leggero. Poi prende la sua macchina ed in compagnia del suo manager fa 40km su strada a buona andatura, regolare e sostenuta…. Dopo una rapida toilette secondo massaggio. Riposo sino alle 15, ora alla quale a piedi assiema raggiunge il velodromo. La, dietro si suoi allenatori ,Michael copre 20km a tutta velocità. Un massaggio leggero a seguito di questo esercizio al quale segue una piccola marcia pedestre. Alle 18 cena con carne fredda e the. Alle 20.30 una corta passeggiata a piedi, giochi e corsa all’aria aperta. Rientro alle 21. Venti minuti di salto con la corda, prima lentamente poi sempre più veloce. Alle 22.30 si corica. Choppy Warburton stima che questa dieta non abbia pari per dare muscolo, fibra ed elasticità. E non si può che credergli dato che grazie a lui Michael, Tom e Arthur Linton sono diventati oltre che campioni, in qualche mese imbattibili recordman.”.
Warburton all’epoca lavora per la squadra sponsorizzata dall’azienda di biciclette Gladiator, che aveva sotto contratto i fratelli Arthur e Tommy Linton ed il prodigio gallese Jimmy Michael.
Nel 1884 Warburton va a Parigi con Arthur Linton per partecipare ad una corsa pazzesca su pista della durata di 8 giorni al Parco dei Principi, con 6-8h al giorno di corsa. Ci sono tutti i migliori dell’epoca, come gli americani Franck Waller, C.W. Ashinger, il danese Charles Meyer, l’inglese Lumsdsen ed ovviamente i francesi: Marius Allard, Maurice Garin, Gaston Rivière e soprattuto Constant Huret che vincerà la gara.
Linton prenderà la rivincita il 17 giugno dello stesso anno, battendo Huret in una gara di 6 ore, chiusa a 37km/h di media. Gara in cui batterono numerosi record su varie distanze. Quattro giorni più tardi Linton è a Milano per una gara alla pista Trotter sulle 100 miglia (160km), che ovviamente vince.
Le corse si susseguono senza sosta, sempre sotto l’occhio vigile di Choppy. Più corse, più soldi. Warburton fa venire sul continente anche il fratello Tommy e Jimmy Michael. Sono delle star all’epoca, e così Warburton, che è venerato come il miglior allenatore dell’epoca. Da interviste senza sosta, contratta ingaggi e sponsorizzazioni.
Una di queste sponsorizzazioni porta ad uno dei più famosi cartelli pubblicitari della storia del ciclismo, quello della catena Simpson, in cui sono immortalati Constant Huret da solo, Arthur Linton e Jimmy Michael su tandem, ed a centro pista, in redingote nera, Choppy Warburton, che li allenava tutti. Il disegno è nientemeno che opera di Henri de Toulouse-Lautrec.
In un bozzetto precedente Toulouse-Lautrec aveva immortalato solo Jimmy Michael (al posto di Huret) e Choppy Warburton
Nel 1896 Arthur Linton vince la Bordeaux-Paris, ex-aequo con Gaston Rivière (Linton cadde due volte, battendo la testa, sbagliò percorso ed arrivò al traguardo bici alla mano, dopo un ricorso gli fu data la vittoria ex-aequo perché i corridori non furono informati di un cambio di percorso). Quindi 4° alla prima Paris-Roubaix dietro Fisher, Meyer e Garin. Lo stesso anno stabilisce il record dell’ora (36.786 km, ma non omologato) e batte due record del mondo sui 50 e 100km. 8 settimane dopo la vittoria alla Bordeaux-Paris Linton rientrò in Inghilterra malato e morì, a 24 anni. La causa ufficiale fu febbre tifoide.
Testimonianze dell’epoca, in particolare della Bordeaux-Paris da parte di Carlo Messori, massaggiatore italiano di Linton, riportano lo stato pietoso in cui Linton arrivò a Orléans: occhi vitrei, membra tremanti ed uno stato di “eccitazione nervosa”. Fu li che Choppy Warburton dette a Linton la famosa “bottiglietta nera”. Questa bottiglietta nera fa parte della leggenda di Warburton: una bottiglietta contenente un liquido nero che Warburton era solito dare ai suoi corridori ad un certo punto delle gare.
Linton ripartì da Orlèans e recuperò 18 minuti in 120 chilometri su terreno vallonato. All’arrivo a Parigi, Warburton pronunciò una frase celebre: “I have seen a dead man at Orleans, and here he is now alive and first” (“ho visto un uomo morto ad Orleans ed ora eccolo qui, vivo e primo”).
Varie ipotesi sono state fatte sul contenuto della bottiglietta nera, la più accreditata è che fosse un miscuglio a base di nitroglicerina, cocaina e fosfato trimetile, da cui il nome triméthyl, che veniva usato all’epoca.
La morte di Arthur Linton viene considerata come la prima morte da doping della storia.
Uno dei motivi per cui anche all’epoca si ritenne che Warburton avesse “oltrepassato una soglia”, fu anche il destino di Jimmy Michael, che poco dopo la morte di Linton licenziò Warburton e si trasferì in America. Vinse ancora diverse corse con cui guadagnò ingenti somme, con le quali tentò fortuna come fantino e proprietario di scuderia, ma senza successo, tanto che perse tutto. Rientrò in Europa e riprese a correre, ma in una gara a Berlino cadde dietro motore a circa 100km/h fratturandosi il cranio. Per rimettersi in sesto si sbronzò assieme al corridore franco-svizzero Jean Gougolz, che lo convinse, dopo più di 1h di bevute a terminare la gara col pubblico spazientito. Giro dopo giro Michael perse posizioni arrivando ultimo tra i fischi del pubblico. Da allora divenne alcolista per combattere il perenne mal di testa. Tentò allora il come-back negli Usa, ma nel viaggio di ritorno, a bordo della nave Savoie morì dopo una crisi di Delirium Tremens. Aveva 29 anni.
Qualche anno prima il motivo della rottura tra Michael e Warburton fu che in una gara Choppy gli somministrò la famosa bevanda nera, ma questa volta, invece di averne giovamento stramazzò in pista dopo pochi giri, si rialzò a fatica e continuò nel senso sbagliato, finché fu squalificato mentre il pubblico lo fischiava. Michael accusò Warburton di averlo avvelenato, ed il motivo, secondo Michael, era che Warburton avesse scommesso una grossa cifra contro il proprio protetto. Uno dei primi casi di “Dope-to-Lose”.
Michael fece causa a Warburton, ma poi i due trovarono un accordo economico e si lasciarono.
Le due morti, così giovani, dei due corridori, ed i vari episodi riguardo i metodi e le bottigliette di Warburton fecero si che questi perse i suoi clienti, venne additato come un dopatore senza scrupoli e venne interdetto dalla NCU (National Cyclists Union) britannica all’esercizio di preparatore sportivo su tutto il suolo britannico. La NCU tenne un vero processo contro Warburton, ma a porte chiuse. Nel 1917 morì anche il fratello di Arthur, Tommy Linton. Causa: febbre tifoide.
Choppy Warburton morì di arresto cardiaco nel 1897 a Wood Green, Londra. Morì in totale miseria. Come abbia perso tutto il denaro guadagnato rimane un mistero.
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