E’ venuto finalmente alla luce il rapporto del CIRC (Commission indépendante de réforme du cyclisme), fortemente voluto da Brian Cookson, presidente UCI attuale.
Dopo 13 mesi e 3 milioni di sterline di costo è stato pubblicato il documento di 227 pagine che si può leggere QUI.
I tre membri della commissione, l’ex-magistrato svizzero Dick Marty, l’esperto tedesco di antidoping Ulrich Haas e l’ex ufficiale dell’esercito australiano ed investigatore anticrimine Peter Nicholson hanno esaminato i documenti interni dell’UCI ed effettuato 174 interviste per stabilire la loro inchiesta e relative conclusioni.
Conclusioni che in linea di massima si sapeva già non contenessero rivelazioni eclatanti, e che alcuni avevano già criticato per lo scarso numero di professionisti attualmente in attività intervistati (si stima una decina), ma che fanno in ogni caso il punto sui malfunzionamenti dell’UCI stessa, sulle collusioni con certi personaggi, su tutti Lance Armstrong, e sullo scarso impegno reale nella lotta al doping dell’era Verbruggen/McQuaid.
Ed aldilà del cambio radicale di mentalità ed i proclami sull’inizio di una nuova era del ciclismo, il rapporto indica come il doping e le frodi continuino ad essere diffuse nel mondo professionistico.
Per venire, brevemente, al primo punto, l’UCI sarebbe stata perfettamente a conoscenza dell’utilizzo massiccio (si parla di ciclismo “infestato” ) di EPO nel periodo nero (come nel ciclismo odierno si ama ora chiamarlo) tra gli anni ’80 e ’90, e che Lance Armstrong sia in qualche modo stato scelto come personaggio della “rinascita” per uscire dallo scandalo Festina.
Lance Armstrong che avrebbe avuto quindi un trattamento di favore, a partire dalla famosa esenzione terapeutica retrodatata per i corticosteroidi nel 1999 che lo salvò dalla squalifica al Tour de France, sino al permesso di farlo correre nel 2009 in occasione del suo rientro alle gare, pur se non inserito nel programma di controlli antidoping. In compenso la nota donazione di Armstrong all’UCI viene considerata non suffragata da prove che ne determinino una finalità di corruzione o finalizzata ad ulteriori coperture.
In generale, le azioni dell’UCI che vanno da 6 ad 8 anni fa sono considerate dannose per la stessa lotta al doping e per la credibilità stessa dell’UCI.
Per quanto riguarda lo stato attuale delle cose, è chiaro che vi sia stato un cambio radicale della situazione dopo l’introduzione del passaporto biologico, ma anche che questo abbia banalizzato l’utilizzo dei microdosaggi di EPO. Le differenze in termini di guadagno di prestazioni sarebbero così scese tra un 3 ed un 5% rispetto gli eclatanti 10-15% dell’epoca dell’uso massiccio di EPO, al fine di mantenere il profilo ematico nei parametri del passaporto.
Un cambio in termini di prestazioni, ma non in termini di principio. Se non per le maggiori possibilità che un atleta “pulito”, in condizioni di picco di forma, possa oggi vincere una gara, cosa da escludersi prima.
Un professionista “molto rispettato nel gruppo” (ma che resta anonimo nel rapporto) citato, ha affermato che “anche oggi, il 90% del gruppo utilizza doping, pur se in maniera non sistematica ed orchestrata a livello di squadra“. Un altro professionista fa scendere la percentuale ad un più modesto 20%, mentre la maggioranza degli intervistati si è dichiarato incapace di discriminare tra chi ne fa uso e chi no. In particolare viene riportato che esistono delle discussioni tra corridori in merito, in particolare sul cambiamento fisico dei ciclisti di punta, in particolare l’enorme perdita di peso rispetto il passato, ma nessuno ha saputo spiegare le modalità sul come venga raggiunta, anche se tra gli intervistati l’ipotesi sia che l’unica opzione possibile non possa che essere di natura chimica.
Altro punto interessante è il mettere in luce come non tutti i laboratori e le agenzie antidoping dei vari paesi nel mondo abbiano gli stessi standard e capacità, e come i corridori sappiano quali siano i paesi con “punti deboli” e come trarne vantaggio.
Le sostanze citate sono all’incirca sempre le stesse: EPO in varie forme, seppur sempre in microdosaggi; autoemotrasfusioni, seppur in quantità dimezzate rispetto il passato (100-200ml contro i 500ml dell’epoca USPS); ozonoterapia del sangue; GH e testosterone; corticosteroidi vari; oltre ad una sempre maggior diffusione dell’AICAR.
Un professionista ha confessato che la “routine” quotidiana di pillole da assumere nel 2011 era circa di 30. Nel computo rientrano anche le intramuscolari o la via rettale.
Altra pratica che sembra essere oggi diffusa è quella dell’assunzione di tranquillanti la notte e antidepressivi in corsa. Pratica che sarebbe legata al gran numero di cadute che si registrano negli ultimi anni.
Si fa notare come il 90% delle TUE, le esenzioni ad uso terapeutico, siano utilizzate a fini di doping. La commissione punta il dito infatti contro questo ambito che andrebbe riformato. In particolare andando incontro alle richieste del MPCC (Movimento per un ciclismo credibile) che ad ogni TUE segua un periodo di riposo di 8gg.
Le fonti di approvvigionamento delle sostanze vengono indicate come Spagna, Olanda e paesi dell’Est europeo. Le sostanze verrebbero fabbricate in laboratori clandestini in Cina e poi commercializzate via internet in questi paesi. Si menziona anche l’Italia, grazie alle carte delle inchieste di Mantova e Padova, il cui EPO proverrebbe al 90% da furti alle farmacie degli ospedali. Si fa quindi presente come solo il 50% dell’EPO presente in queste farmacie sia utilizzato a fini medici.
Il rapporto menziona anche lo sport amatoriale, quello femminile e le strutture delle squadre professionistiche. Mettendo in luce come le pressioni all’utilizzo del doping siano molteplici: dagli sponsor, all’estensione dei contratti, ma non ultimi i fattori sociali e politici.
Alcuni tra i professionisti ed ex pro intervistati: Bobby Julich, Lance Armstrong, Bjarne Riis, Alexandre Vinokourov, Johnatan Vaughters, Nicole Cooke, Chris Froome, Tyler Hamilton. Mentre tra i vari medici di squadra, giornalisti ed esperti di antidoping: David Walsh, Sandro Donati, Dick Pound.
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