Il mondo del ciclismo ha il suo fascino, ma anche i suoi lati tristi e in ombra, ed anche in epoca di social e contatto “diretto” con corridori, team manager, esperti della performance e quant’altro resta a volte difficile capire certe dinamiche. Una di queste è l’andamento negli ultimi tempi del ciclismo colombiano. Domani, secondo la stampa colombiana, dovrebbe esserci la conferenza stampa in cui Nairo Quintana dovrebbe annunciare il proprio ritiro.
A 32 anni (33 tra pochi giorni) il corridore di Còmbita appenderà la bici al chiodo? Stando a quanto dicono i media del suo paese pare di si, ma la notizia lascia abbastanza perplessi. Vincitore in carriera di un Giro d’Italia, Vuelta España, due Tirreno, ed altre vittorie per un totale di 51, ma anche due volte 2° ed una volta 3° al Tour de France, ed una volta 2° al Giro. Primo colombiano a vincere il Giro e primo a vincere 2 GT. Eppure, nonostante lui stesso avesse dichiarato qualche mese fa di avere già una squadra World Tour in cui correre, pare che tutto questo non gli consenta di trovare un nuovo contratto.
Il motivo è sicuramente legato al controllo positivo al tramadolo allo scorso Tour de France, che gli è costato il 6° posto in classifica generale. A niente è servito il solito copione del “sono innocente non ho mai preso sostanze” e relativo appello al tribunale arbitrale di Losanna. Il sesto posto al Tour è perso, e con lui il contratto con la Arkéa-Samsic (forse anche non troppo contenta che Nairo abbia saltato la Vuelta per potersi difendere “al meglio” al TAS).
Eppure. Eppure la sanzione non è grave, o lo è relativamente, in quanto il tramadolo non è sostanza proibita dalla WADA, non figura nella lista delle sostanze dopanti. E’ l’UCI (su input di alcune squadre e del movimento per un ciclismo credibile -MPCC-) che ha introdotto il bando di questa sostanza (solo) in competizione, con relativa squalifica dei risultati conseguiti nella competizione (e solo quella) interessata. Per anni il tramadolo è stato nell’occhio del ciclone per essere stato considerato la causa di una quantità di cadute in gruppo, oltre che poco etico. Ma che sia “dopante” non è mai stato sancito dall’agenzia mondiale antidoping.
Da notare che Quintana era caduto il 9 luglio al Tour, 4 giorni prima del secondo controllo positivo (la tappa del Granon, il primo controllo positivo è dell’8 luglio, tappa della Superplanche). In quella caduta Nairo si fece male al braccio ed è probabile che non sia stata una passeggiata nei giorni successivi. La tappa della Superplanche prevedeva 4070mt di dislivello in 150km, e Nairo la concluse 2°, a 59″ dal vincitore Vingegaard.
I paragoni dal punto di vista etico si sono poi sprecati nei mesi successivi, in particolare in relazione alle dichiarazioni del tennista Rafael Nadal, che ha vinto il suo ennesimo Roland Garros giocando con un piede dolorante “curato” con 11 iniezioni di antidolorifici. Ma a quanto pare la situazione nel ciclismo non è paragonabile, in particolare per la pesantissima eredità del passato. Quintana poteva usufruire di un’esenzione? Una delle famose TUE? Per una sostanza non proibita dalla WADA? Con un infortunio dovuto ad una caduta? La squadra è stata tenuta all’oscuro dell’assunzione? Le domande sono le solite e rimarranno senza risposta.
Tant’è, questo è bastato a quanto pare a far chiudere le porte del World Tour a Quintana. Molte le squadre interessate ovviamente, secondo le voci, da quelle importanti a quelle meno, ma pare che sia passato un veto sul corridore colombiano da quello che si legge sui media. I media colombiani citano ASO, l’organizzatore di Tour de France e Vuelta (e molto altro), come il colpevole di tale veto. Difficile sapere se sia vero o meno. Resterebbe la domanda “perché?”. Perché un veto totale su un corridore che tutto sommato è stato sanzionato in modo non grave (nessuna squalifica)?
Nel frattempo un altro corridore colombiano è stato bandito dal ciclismo che conta: Miguel Angel Lopez. Il celebre “Superman”, dal carattere (e curriculum) sicuramente diverso da Quintana, ma comunque uno degli scalatori più forti in circolazione, e soprattuto di 4 anni esatti più giovane di Nairo (sono nati lo stesso giorno, il 4 di febbraio). Addirittura nel caso di Lopez non c’è alcuna squalifica o sanzione di alcun tipo a spiegarne il declino. La sua esclusione dal ciclismo WorldTour sarebbe dovuta ad un’inchiesta della polizia spagnola, che avrebbe le prove di un suo coinvolgimento nell’operazione Ilex. La Guardia Civil ha comunicato (informalmente, a dei media) che avrebbe le prove che Lopez abbia assunto sostanze e che apriranno un fascicolo su di lui. Quando non si sa. Quindi l’ostracizzazione di Lopez è preventiva a quanto pare. Nessuna squadra lo vorrebbe nei propri ranghi sapendo che sopra la sua testa pende una tale spada di Damocle. A questo si aggiungono forse considerazioni sulla sua affidabilità, caratteriale in particolare. Il suo ritiro in corsa alla Vuelta per frizioni interne alla Movistar è una di quelle cose che nell’ambiente non viene certo premiata.
Lopez ha trovato sistemazione al Team Medellin, squadra contintental, molto conosciuta in patria, ma con calendario praticamente incentrato solo in gare nazionali, in cui i trascorsi di doping non mancano. Per dire, delle 5 vittorie stagionali del 2022, due le sono state assicurate da Fabio Duarte, campione del mondo U23 nel 2008 (a Varese, davanti Simone Ponzi, John Degenkolb e Rui Costa), controllato positivo per un elevato tasso di testosterone, squalificato, ma poi riabilitato perché è riuscito a provare che beneficia di un elevato tasso di testosterone naturale.
Nel Team Medellin corre anche una vecchia conoscenza del ciclismo europeo, l’inossidabile spagnolo Oscar Sevilla, 46 anni, ma ancora competitivo. Sevilla si è stabilito da 12 anni in Colombia dopo che l’Operazione Puerto ne rivelò il coinvolgimento. La Telekom lo licenziò (assieme a capitan Ullrich), quindi Sevilla continuò a correre per squadre continental (tra cui la celebre Rock Racing) conseguendo comunque ottimi risultati. Poi un controllo positivo ad un anticoagulante nel 2010 lo portò ad una squalifica. Rientrato 6 mesi dopo cominciò la sua fruttuosa (sua ultima vittoria alla Vuelta a San Juan nel 2018 davanti Filippo Ganna dopo la squalifica di Gonzalo Najar per doping) e ancora non terminata storia d’amore con la Colombia.
Recentemente Sevilla, intervistato, ha dichiarato che non è ottimista per il ciclismo colombiano. Per il ciclista spagnolo stabilitosi a Bogotá “il problema dei giovani è che vengono subito divinizzati, che appena vincono qualche soldo si credono ricchi, perché cresciuti in famiglie senza padre, poveri, senza valori, figli di una società che non dà loro speranza“. O forse la speranza gli viene data, ma non nel modo migliore?
Il ciclismo colombiano negli ultimi anni ha davvero fatto un salto di qualità, in primis proprio grazie a Quintana, poi con il fenomeno Egan Bernal primo colombiano a vincere il Tour, ed ora con la speranze legate a Sergio Higuita, uno dei capitani della Bora-Hansgrohe, anche lui proveniente dalla Manzana Postobon, squadra chiusa per i numerosi casi di doping, che hanno fatto allontanare gli sponsor.
Ed è proprio l’ex team manager di questa squadra, Luis Fernando Saldarriaga, a dare un po’ il quadro dei tanti problemi del ciclismo colombiano: “non si può andare avanti cosi, il ciclismo deve essere irreprensibile anche da un punto di vista etico“. L’esasperazione è dovuta ai 7 casi di sanzioni UCI di ciclisti colombiani all’Ottobre 2022 (solo Costa Rica ed Italia ne hanno altrettanti), ma sopratutto ai 32 sanzionati dalla federazione colombiana per gare nazionali.
Per uno sponsor che se ne va ce ne sono ovviamente altri che arrivano, nuovi progetti interessanti non mancano, ma allo stesso tempo sembra che il momento per il ciclismo colombiano sia strano, con forse i riflettori che non sono più puntati solo sulle (marginali) realtà locali. Anche se c’è già chi parla di “caccia alle streghe”.
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