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Il super-pagellone del mondiale

A tutti quelli che hanno sempre detestato le pagelle classiche dedico questa. Tanto tra poco inizia la maratona Mentana post-elezioni, quindi lo leggeranno solo gli astenuti.

Annemiek van Vleuten, voto 10. L’olandese volante (un nomignolo originale che piacerà a chi “ritwitta” come lavoro) realizza a 39 anni la stagione della vita, quella sua e di altre 500 cicliste pro. Vince i 3 grandi giri ed il mondiale. I critici più attenti (si, insomma, ci siamo capiti) lamentano che sia bollita perché è caduta nella staffetta mista a crono. Lei, senza saper leggere né scrivere si è mozzata il braccio col gomito fratturato e ha vinto il mondiale “mentre le altre dormivano” e “perché non c’era Marta Cavalli”. Per fortuna che questa Annemiek non l’ha sentita se no andava a caricarsi la Cavalli in canna.

Remco Evenepoel, voto 10. Finalmente ha imparato a guidare la bici ed i primi risultati incoraggianti si vedono. Vince in una sola stagione Liegi, Vuelta e mondiale, più qualche altra corsa interessante. Certo, non è il Tour, ma va bene cosi per uno di 22 giorni più vecchio di Fedorov (il neocampione del mondo U23). Più che altro il mondiale lo ha vinto nel modo in cui tutti si aspettavano, partendo da solo a due giri dalla fine. Il che per i detrattori lo rende noioso ed ha rovinato un mondiale che altrimenti sarebbe stato bellissimo con una volata vinta da qualcuno che gli sta più simpatico. Per gli altri invece è apprezzabile perché mancando l’effetto sorpresa dimostra di avere gamba superiore. Remco però non ci sta e nelle prossime gare al momento dell’attacco suonerà una trombetta, per stupire tutti.

La Francia, voto 4+4. Era una delle squadre da battere. E’ stata effettivamente battuta, quindi ottimo, ma comunque raccoglie un argento con Christophe Laporte, che con la sua eterna espressione confusa riassume bene il tutto. La tattica dell’estroso Voeckler prevedeva attacchi da lontanissimo, poi da lontano ed infine da vicino. Con Bardet a marcare a uomo Remco. Alla fine gli è andata di stra-lusso con Laporte che ha vinto la volatona del gruppo inseguitore. Cosi il buon Christophe sarà l’unico che tornerà in business class. Gli altri in economy. Bardet a nuoto.

Wout Van Aert, voto 5 o un’insufficienza a caso. Ha saltato il mondiale a crono (che finalmente si teneva una settimana prima della prova in linea e non il giorno prima) per concentrarsi solo sulla prova in linea. La tattica del Belgio era fargli credere di essere il capitano per farlo stare buono. Poi Remco è partito e lui effettivamente è rimasto chiuso nella morsa belga. Indeciso sul da farsi, e probabilmente frustrato (eufemismo?), ha almeno deciso di non punirsi con un altro secondo posto. Purtroppo per lui le prove di un giorno non ne durano 21 tra luglio ed agosto, altrimenti vincerebbe sempre almeno la maglia verde. Si consola alla grande con l’oro dell’amato compagno di nazionale, l’argento di Laporte e l’oro di Foss a crono, questi due suoi compagni di club.

Paesi Bassi, voto n.p. MvdP, il campione olandese più amato da quelli a cui sta simpatico, era dato pronto per il mondiale dopo un lungo stage di allenamento assieme a Jonas Vingegaard. Come suo consueto ha fatto gioco di squadra prendendosi una suite lontano dagli altri. Il resto della squadra non vedendolo più in corsa ha deciso di scioperare al grido di “più suite per tutti” credendolo ancora nella jacuzzi doppia. A parte Mollema che ha corso a zigzag per evitare attacchi aerei delle gazze. E comunque è arrivato 25°, migliore degli oranges

Italia, voto 9. Attorno alla nazionale azzurra c’era un alone di pessimismo, fastidio e rassegnazione. Per fortuna ci sono le donne, ignorate per 90 anni (si anche da me, gne gne), ma che adesso tornano buone, le quali hanno raccolto un bronzo con Silvia Persico, un oro con Vittoria Guazzini, ed un argento nella staffetta mista. Lo stesso medagliere della Svizzera, ma mangiando meglio e con la costituzione più bella del mondo. Nella prova maschile si potrebbe dire che è l’unica nazionale assieme al Belgio che ha piazzato due uomini nella Top10: Trentin 5° e Bettiol 8°, ma sarebbe inutile. Inoltre nel finale Rota aveva concrete possibilità di una medaglia trovandosi da solo con Mauro Schmid, Lutsenko e Skjelmose, con 1′ di vantaggio all’ultimo chilometro. Poi però si sanno come vanno queste cose: tira tu, no, tira lui, Lutsenko scambiato per un russo, in Svizzera avete solo gli orologi a cucù, etc.. e si sono fatti riprendere ai -300mt. Nel complesso bene, ma tanto anche fosse arrivata una medaglia sarebbe stata “di culo” per molti, quindi bene cosi.

Tadej Pogačar, voto 2. Un sontuoso 19° posto che ci regalerà settimane di “è bollito”, “ho sempre detto che Remco è più forte”, “solo un fanboy o uno che non capisce niente di ciclismo poteva darlo come favorito a questo mondiale”, etc.etc… confermando gli stereotipi che vogliono i tifosi di ciclismo sempre pronti a saltare in canna al vincitore e/o a fare previsioni in base a cos’è successo ieri. Cosa confermata dal fatto che se ieri ha piovuto, oggi in giro ci sono ciclisti vestiti con uno scafandro di neoprene anche con 30°, o in estivo se il contrario. Sopravvalutarsi è il nuovo golf.

La regia dei mondiali, voto 1. Una regia che ha sempre inquadrato la cosa sbagliata al momento sbagliato non è una cosa facile da farsi. Ma ci sono riusciti alla grande, ridando grande dignità ai cronisti della carta stampata ed ai meme su twitter, che sono stati l’unico modo per capire (si fa per dire) cosa sia successo in corsa.

 

 

 

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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