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Ho sempre guardato con grande interesse a tutto il lavoro di Richard Sachs. Colui che è ritenuto uno dei se non il miglior telaista. E quando dico “tutto” intendo tutto cio’ che ha fatto per il suo marchio e non solo quanto riguarda le biciclette.
Come detto da altri telaisti che ho intervistato Richard Sachs (RS) è l’uomo che ha creato il concetto ed il modo di vendere bici “fatte a mano” (o custom, handbuilted, e tutti gli altri aggettivi anglofoni di moda oggi). Credo che prima di lui lo stesso concetto sia stato applicato nelle creazioni di René Herse ed Alex Singer (durante quella che qualcuno ha definito l’epoca d’oro delle bici “sartoriali”). In particolare il primo che resta a mio avviso il maestro dell’eleganza e della sobrietà. La differenza principale tra questi due francesi e cio’ che ha fatto poi RS è che Richard ha applicato gli stessi principi con le bici da corsa e non solo con le bici da randonnées o da cicloturismo.
Come leggerete in questa intervista, credo sia illuminante sapere che la sua prima ambizione era quella di essere uno scrittore o un giornalista. Perchè credo che questo getti una nuova luce sul suo modo di “essere” e di “fare”: più un modo originale di scrivere una storia che non semplicemente mettere assieme dei tubi saldandoli. Ma non fraintendete, non sto parlando della solita abusata retorica sull’arte della bicicletta, le “saldature opere d’arte”, etc. etc. che infestano un certo modo di parlare di biciclette.
RS ha sempre detto chiaramente che lui è un imprenditore. Non ha mai raccontato di aver sentito voci strane o visto divinità che gli segnassero la via. Nè è uno che stra-parla di “pura passione” in quello che fa.
Quello in cui crede è semplicemente il modo e lo stile con cui costruisce e vende le sue biciclette. Dalle scelte comunicative (leggasi marketing) non unicamente basate sulle vittorie nelle corse e la sponsorizzazione dei campioni come da sempre facevano gli Europei, fino al “processo di vendita” (gli acconti, il rapporto passo passo col telaista, etc.) che ora è diventato lo standard nella (numerosa) nicchia dei telaisti “fini”, fino ai suoi siti/blog in cui c’è sempre una grande attenzione di stile “letterario”, per l’appunto (come con neologismi come il noto ATMO).
Ok, ok, “ma le biciclette?” direte voi. E’ sempre molto difficile per molti (compreso me) capire e distinguere tra decine di telaisti chi sia quello bravo e chi quello meno. La differenza nei risultati in bici la fanno le gambe non le dime e le lime, quindi chissenefrega dello stile, le liste d’attesa, e tutto il solito blabla? Vale veramente la pena di spendere un sacco di soldi o aspettare anni per avere una bici in acciaio identica a quelle di 30 anni fa invece che avere una bici in carbonio super rigida, aerodinamica, ma anche comoda?
Penso non ci sia risposta a questa domanda. Perchè la risposta dipende da noi. E’ una nostra scelta.
Ed ecco, a mio avviso, il merito di Richard Sachs: aver creato la possibilità di scelta. Forse fa bici “datate”, forse non fa bici migliori di altri telaisti, forse ha creato una nicchia che oggi è satura (negli Usa) di imitatori che mirano alla facoltosa e sempre nutrita nicchia di avidi lettori di riviste come GQ, Monsieur, Capital e Wine Spectator , ma Richard Sachs continua a lavorare per mantere viva la possibilità di scelta e discussione.
Continuando a scrivere la sua (buona) storia. ATMO.
-Bdc-Forum.it: Come hai iniziato?
-Richard Sachs: Sono andato in Inghilterra nel 1972, ma non per diventare un telaista o anche solo per trovare un lavoro in questo settore. Tra la scuola secondaria e l’università avevo un po’ di tempo da far passare e per farla breve il mio intento originario era fare una carriera nella scrittura o giornalismo, ma questa opzione è stata messa in disparte durante l’estate dopo il diploma. Avevo un lieve interesse per le biciclette, ma non certo una passione, in ogni caso decisi di contattare alcune imprese famigliari a Londra per offrire il mio lavoro in cambio della possibilità di passare un anno da loro. Viaggiai in Inghilterra e passai circa 10 mesi alla Witcomb Light Cycles a Deptford.
Sebbene sia stato il mio ingresso nel mondo della costruzione delle biciclette e vi imparai i rudimenti quando ripartii non mi sentivo certo un telaista.
Ci sono voluti molti anni da solo per mettere a frutto l’esperienza fatta la. Soprattutto per aggiungere una buona dose di buon senso prima di completare un telaio intero che avesse un qualche valore.
Ho iniziato il mio marchio “Richard Sachs Cycles” nel 1975 dopo un lavoro di alcuni anni e l’aver saldato alcune centinaia di telai alla Witcomb USA, l’importatore americano della Witcomb inglese.
-Bdc-forum.it: Quanti telai hai costruito prima di “sentirti” un telaista?
-RS: E’ un numero impossibile da dare perchè la definizione di telaista non è univoca. Personalmente non mi sono sentito tale finchè non ho passato circa 20 anni al banco di lavoro. Non ho alcuna idea di come oggi certa gente costruisca un telaio o 100 telai e poi inizi un’attività in proprio, prenda soldi per il proprio lavoro e faccia annunci sul fatto che siano i titolari di un marchio con un qualche valore.
Il mercato è cambiato sicuramente negli ultimi tempi, ora ci sono un sacco di di tizi che si definiscono telaisti. Internet è un campo fertile per permettere questo.
Non penso pero’ che la maggior parte di questi continueranno a fare telai da qui a 10 anni.
-BDC-Forum.it: Quanti telai all’anno pensi siano il numero massimo per un telaista indipendente per mantenere un certo livello qualitativo?
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-RS: Vedi sopra. Penso che il miglior ambiente sia quello in cui ci sia un tot di ripetizione ed una routine.
Idealmente il lavoro di produzione è il miglior maestro per il futuro (e presente) telaista. Quelli che per cui il lavoro è basato nel prendere ordini tanto diversi nella produzione e che propongono design e geometrie che non hanno basi razionali sono quelli che mi fanno più pena.
Ci sono legioni di telaisti che ora fanno un telaio ogni 3 o 4 settimane ciascuno diverso da precedente ed ognuno più simile a mobilia da giardino o gioielleria. Non fraintendere, apprezzo il lavoro e l’abilità manuale, ma le biciclette sono innanzitutto veicoli di locomozione. Se non sei pienamente cosciente delle tue capacità costruttive in modo che la costruzione del telaio sia corretta e duratura tutti gli abbellimenti artistici del mondo saranno solo punti a sfavore della bicicletta.
-Bdc-Forum.it: Hai mai saldato telai in alluminio o titanio?
-RS: No. Non ho interesse per i materiali non ferrosi per la mia attività commerciale. Ho speso troppi anni a perfezionare il mio processo costruttivo ed ora sono sono contento delle bici che costruisco.
Preferisco restare su quello che sento famigliare piuttosto che diversificare.
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-Bdc-Forum.it: Qual’è la tua più grande ispirazione nel fare il telaista?
-RS: Migliorare. Per comprendere il flusso di energia che esiste tra il costruttore (me) ed il materiale. Per essere sicuro che ogni telaio che produco, che ogni passaggio necessario a produrre ogni telaio sia di una qualità oltre di ogni dubbio. Per costruire ogni telaio come se tutta la mia carriera dipendesse dalla sua qualità. Per essere soddisfatto che tutte le biciclette che portano il mio nome attirino l’occhio di chi guarda sulla loro bellezza e qualità costruttiva.
Queste sono le mie motivazioni ed ispirazioni. Non c’è risposta alla domanda “Chi è la tua più grande fonte di ispirazione?”. Vivo una vita talmente distaccata che preferisco concentrarmi sul mio lavoro piuttosto che guardarmi attorno e vedere cosa fanno gli altri.
-Bdc-Forum.it: Quali secondo te i più influenti telaisti del passato?
-RS: In termini molto generali direi che per quanto riguarda l’ultima parte del 20° secolo i nomi importanti per me sono : W.B. Hurlow, Faliero (ed Alberto) Masi e Yoshiaki Nagasawa.
-Bdc-Forum.it: E del presente?
-RS: Con l’eccezione di alcune icone come Dario Pegoretti, Peter Weigle e Darrell McCullough, non posso nominare alcun telaista veramente influente del presente. Ce ne sono troppi che sono monodimensionali o bi-dimensionali, ma non completi. Ce ne sono tanti che hanno discrete abilità costruttive ed altri che hanno conoscenze ingegneristiche e di scienza dei materiali, e persino alcuni che hanno un legame con lo sport e capiscono cosa sia una bicicletta da corsa e come includere l’anatomia del ciclista nel design e posizionamento e le geometrie. Ma raramente (e tristemente…) si vede in giro oggi qualcuno che possieda tutto il pacchetto completo di queste capacità. Nei prossimi anni credo che Mike Zanconato (Zanconato Custom Cycles) sarà un nome da tenere in considerazione nel settore. Mike ha un’esperienza di circa 10 anni, viene dalla cultura delle corse, da una famiglia di carpentieri ed ha anche un buon gusto estetico. Penso sarà il prossimo in cima alla lista.
Craig Gaulzetti (Cicli Gaulzetti) è un altro uomo il cui marchio ha un valore promettente. Craig ha corso in Europa, è stato nel settore per lungo tempo e negli ultimi 3 anni ha creato un marchio basato sulla sua esperienza e capacità. Cicli Gaulzetti rappresenta bene un modello per il presente ed il futuro e penso che durerà, al contrario di altri che arriveranno e come sono arrivati se ne andranno…
Detto questo, spendo un sacco di tempo ad osservare come si evolve la nicchia ed ho recentemente aggiunto nel mio sito una sezione con i nomi da tenere d’occhio per il futuro: Next Wave .
-Bdc-Forum.it: Ci puoi fare un profilo del tuo cliente tipo?
-RS: No. Non parlo dei miei clienti, ma grazie per la domanda.
-Bdc-Forum.it: Hai una collezione di biciclette?
-RS: Ho due Richard Sachs da ciclocross con cui corro circa 30-35 gare ogni autunno. Ho una Gaulzetti montata Sram Force da strada che uso per l’allenamento quotidiano. E possiedo una stupenda bicicletta costruita per me da Nagasawa assemblata Super Record anni ’80.
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-Bdc-Forum.it: Alcuni top-framebuilders come Darrell McCulloch e Dario Pegoretti non utilizzano le spine nella costruzione dei telai mentre, dalle foto che si possono vedere sui tuoi siti tu ne fai abbondante uso. Ci spieghi perchè e se sia un procedimento obsoleto come alcuni o una garanzia di qualità come secondo altri?
-RS: Non puoi comparare o confondere l’utilizzo che io faccio delle spine con l’utilizzo classico che se ne faceva una volta. Utilizzo degli attrezzi all’avanguardia per il fissaggio e l’allineamento delle ditte italiane Bike Machinery e Marchetti & Lange, ma anche utilizzando tutti gli attrezzi di qualità, i controlli e gli aggiustamenti possibili, ricordiamoci che fare il telaista è un lavoro manuale, le cose possono e spesso vanno storte. Nel mio metodo di lavoro, sia per essere sicuro che il materiale non vada fuori asse, sia per assicurare che le interferenze varie siano totalmente escluse o anche solo per trovare un modo razionale di saldare le minuterie del telaio fuori dalla dima io ho concluso che la spinatura sia un’ottima cosa. Non rimpiazzano gli attrezzi, ed ovviamente da sole non garantiscono che le cose siano perfette ogni volte, ma sono convinto che il classico processo di assemblaggio, costruendo il triangolo principale in un unico passaggio piuttosto che in passi successivi e l’utilizzo delle spine mi permettano di avere una “rete di sicurezza” contro ogni imprevisto ed un controllo totale della procedura per quanto possibile. Non tutti saranno d’accordo o se ne rendono conto, ma costruire un telaio da un insieme di parti distinte sarà sempre un compromesso. Il costruttore sarà sempre costretto a lottare col materiale ed il calore e vari passaggi che si sovrappongono quando sta producendo un telaio che calzi alla perfezione per un cliente. Il materiale avrà sempre l’ultima parola sul risultato finale. Il telaista ed il materiale si bilanciano e si equilibrano in modo da ottenere un compromesso tra qualità, economia del processo costruttivo, profitto commerciale e soddisfazione col prodotto finito. Per me, che lavoro da solo e facendo un telaio alla volta, l’aggiungere diverse dozzine di spine per telaio è cio’ che mi permette di ottenere questo equilibrio.
-Bdc-Forum.it: Grazie Richard per la disponibilità e la cortesia
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