[Intervista] Il ritiro per un professionista

Cosa significa per un professionista ritirarsi? Per ogni atleta di ogni sport viene il giorno in cui ci si ritira dall’attività professionistica. C’è chi resta nell’ambiente, c’è chi si dedica ad altro. Per un ciclista le cose non sono diverse, fatto salvo che il ciclismo è uno sport che richiede non solo dedizione negli allenamenti, ma una vera e propria disciplina “totalizzante”, che va ad interessare ogni aspetto della vita quotidiana. Infatti, in gergo, spesso si dice proprio “fare la vita” quando ci si riferisce all’attività da ciclista professionista. E non si tratta solo di alimentazione, allenamento, core training, riposo (una componente che nel ciclismo ha connotazioni quasi mistiche) e gare, ma anche spostamenti continui tra training camp e corse in giro per il mondo, oltre a ricognizioni varie. E quando si parla di gare il climax è rappresentato da casi quasi unici nel panorama sportivo come i grandi giri, “gare” che impegnano 24h al giorno per tre settimane di fila (chiedere ad Adam Hansen, Lotto-Soudal, cosa voglia dire farne 20 di fila…).

Smettere con tutto questo dopo che magari lo si è fatto per 20 anni della propria vita non è cosa da sottovalutare, eppure ci passano tutti. Chi prima, chi poi, chi dopo una carriera di successi, chi dopo cocenti delusioni o grandi rimpianti. Noi abbiamo chiesto cosa significa ritirarsi a tre ex-professionsiti con percorsi diversi: Joaquim Rodriguez, ora imprenditore e ambassador del Team Bahrain-Merida, Marco Pinotti Performance Director del Team BMC e Luigi Sestili, fotografo professionista.

 

Bdc-Mag: Essere un atleta professionista non è solo un “lavoro”, ma è un’identità: non si fa un lavoro da ciclista professionista, ma una vita da ciclista professionista. Prima o poi viene per tutti il momento del ritiro. C’è chi può programmarlo dopo una carriera di successo, chi meno di successo e chi la vede interrotta bruscamente per infortuni o vari motivi.

Qual è il momento in cui hai cominciato a considerare l’opzione del ritiro? Che tipo di “pensiero” è? Fa paura? E’ uno stimolo?

-Luigi Sestili: Ricordo che il pensiero del “ritiro” mi ha cominciato a ronzare per la testa verso la fine della stagione 2009, non trovando un contratto decente per proseguire nel mondo del professionismo una parte di me ha iniziato a pensare a questo. Che tipo di pensiero è? Un pensiero brutto, che spesso non ti fa dormire la notte, non riuscivo a vedermi fuori dalla vita da atleta.

-Marco Pinottiho iniziato a considerare l’opzione ritiro a Febbraio 2013, dopo la caduta al Giro del Mediterraneo nella cronometro in cui fratturai la clavicola appena rotta l’ottobre precedente al mondiale.
Il pensiero è stato che dovevo ascoltare questi segnali. Non c’era paura ma incertezza si, un po’ come, penso, quando uno sa che sta per perdere il lavoro o lasciare un lavoro per un’altro.  Inoltre è stato uno stimolo per rientrare alle corse cercando di farle bene

-Joaquim Rodriguez: Per me non è stato difficile. Al mio ultimo anno, dopo le olimpiadi mi era chiaro. Già dalla Vuelta del 2015 lo avevo detto solo alla mia famiglia, ma mi era chiaro che avrei fatto solo un anno ancora. Volevo andare via dal ciclismo con un bel risultato per avere un bel ricordo. Ma ora la competizione non mi manca tantissimo. Mantenersi a certi livelli di forma è difficilissimo ed ero stanco ormai.

Bdc-Mag:– Ci sono ciclisti che una volta smesso sono ingrassati tantissimo ed hanno abbandonato completamente l’attività fisica (almeno per un po’), altri che hanno continuato ad allenarsi con costanza ed a partecipare ad eventi competitivi (Armstrong Nijs, etc..). Cancellara ha detto che in pochi mesi ha preso 5-6kg e che ne è rimasto un po’ spaventato. Il rapporto col proprio corpo cambia? Qual’è la tua esperienza in merito?

-Luigi Sestili: All’inizio non è stato semplice. Per quanto mi riguarda vedevo il Luigi Sestili ciclista professionista come una persona cara scomparsa. Rivedere le foto o i filmati mi dava un senso di vuoto. Vi racconto questa. Appena ho smesso di correre ho iniziato a lavorare in Compagnia Editoriale, un giorno mi fanno accedere all’archivio fotografico di Bicisport e mettendo il mio cognome iniziano ad apparire tutte le foto. Dopo appena cinque immagini sono dovuto uscire dalla stanza….Sapevo che certi tipi di sensazioni/emozioni non sarebbero più arrivati. Vincere una gara, arrivare da soli dopo km di fuga davanti ad un pubblico che grida il tuo nome….Però durante tutto questo non ho mai abbandonato la bici! Ad oggi mi reputo sempre un atleta che ha tolto solo il numero alla maglia, ma sempre atleta rimane.

-Marco Pinotti: Questo è un aspetto importante cui ho fatto molta attenzione. Mi mantengo attivo, con la bici soprattutto, uso poco la macchina, e cerco di tenere il peso intorno ai 70 kg, 2-3 kg in più rispetto a quando correvo. L’alimentazione è molto meno controllata, ma anche l’appetito è calato tantissimo. Penso che se curassi l’alimentazione come prima potrei perdere 1-2 kg. Quando corri hai costantemente fame, ogni ora del giorno. Non è facile, ma ho cercato di impostare anche il lavoro e la vita quotidiana con lo stesso modo di pensare, per obiettivi, anche con i bambini,  con la famiglia, cercando di dare più spazio alla quotidianità.

-Joaquim Rodriguez: Cancellara solo 6kg? Io ne ho presi 9! (cosa che a vederlo sembra quasi impossibile -ndr-). Con la vita che fai da professionista è difficile mantenersi in forma quando smetti se non vai più in bici: c’è una cena di qua ed una di la…è per questo che continuo ad andare in bici.

Bdc-Mag:-Cambia il rapporto con la bicicletta? Andare in bicicletta è ancora qualcosa che ti piace fare o senza la competizione con gli altri non ti interessa più?

-Luigi Sestili: Il fatto di andare in bici per me ha rappresentato sempre la libertà, la scoperta di viaggiare e scoprire cose nuove. Oggi in bici spesso costruisco e progetto il mio lavoro. Mi rilassa, mi aiuta a vedere il pensiero laterale.

-Marco Pinotti: mi piace tantissimo, anzi ancora di più adesso perché lo considero un tempo con valore aggiunto. Le uscite sono di 1-3 ore.

-Joaquim Rodriguez: A me piace tantissimo andare in bici, vado coi ragazzi della squadra se mi lasciano andare con loro, magari per fare ricognizione ad una tappa la mattina presto. Poi mi piace molto la Mtb (lo scorso febbraio ha corso la Cape Epic con José Hermida -ndr-). Mi piace moltissimo andare in bici, solo che ora non…non è che non mi piace la competizione, ma arriva un momento che sei stanco di farla, hai bisogno di altre cose, senza stress, magari fermandoti a bere un caffè, parlare con la gente, senza andare sempre a tutta.

Bdc-Mag:-Alcuni ex professionisti sono molto critici verso il mondo amatoriale e non vogliono essere “confusi” con gli amatori. Altri non si fanno problemi a partecipare ad eventi amatoriali (magari in mtb). Tu come ti poni? Tra un po’ di anni ti vedremo ad una granfondo?

-Luigi Sestili: Diciamo che il fatto di attaccare il numero alla maglia come agonista penso che non ci sarà mai più nella mia vita. Ho partecipato a qualche Gf ma solo con spirito goliardico o per fare delle immagini “on board”!

-Marco Pinotti: non mi permetto di giudicare ed anzi apprezzo gli amatori che ritagliano lo spazio per fare queste corse. Non dico che non mi piacerebbe, ma in me non c’è questo spirito competitivo e in questo momento mi piace andare in bici senza scopo. Se dovessi fare una granfondo, dovrei dedicare più tempo anche solo alla logistica (viaggio sul posto e ritorno). Preferisco ottimizzare il tempo che ho e passarlo in famiglia.

-Joaquim Rodriguez: Il ciclismo è bello tutto. Rispetto per tutti.

Bdc-Mag:-David Millar ha raccontato di aver avuto un periodo duro di adattamento dopo il ritiro. E che si è sentito “liberato” solo 4 anni dopo quando il giorno del Fiandre ha fatto una passeggiata in bici con la moglie senza rendersi conto che era il giorno del Fiandre. Tu ti senti già “libero” in questo senso o non ti sei mai posto il problema?

-Luigi Sestili: Questa è una bella domanda! Onestamente non saprei rispondere, ancora oggi ogni tanto il tarlo di come potevo essere in mezzo ai Pro in una piccolissima parte sperduta di me c’è! Sicuramente mi godo la bici al 100 per cento. 

-Marco Pinotti: Penso che quando correvo guardavo meno le gare. Io sono rimasto appassionato ed anche solo per il lavoro che faccio mi piace e devo seguire il ciclismo in TV.

-Joaquim Rodriguez: Io sono stato decisamente più veloce di lui (ride -ndr-). Appena smesso ho cominciato a fare running, ho continuato ad andare in bici per il piacere di farlo, organizzare le mie cose (tra cui una granfondo col suo nome -ndr-). Senza stress. Io avevo bisogno di cambiare quindi sono stato subito contento.

Bdc-Mag:-Ti sei mai confrontato con altri ex pro che si sono ritirati? Qual’è un consiglio che ti sentiresti di dare ad un pro che si sta per ritirare?

-Luigi Sestili: Ma il consiglio che spesso mi permetto di dare ogni volta che parlo con qualche Pro è di non perdere tempo e di crearsi qualche interesse, crearsi un piano B in modo che quando arriverà il momento si trasformerà in A. Comunque nonostante la mia carriera da professionista si sia conclusa presto, la bici mi ha dato e continua a darmi tanto. Quando correvo mi definivo “un ragazzo spettinato ma con la testa a posto”.

-Marco Pinotti: Ho visto qualche prof ai corsi di DS in Italia ed all’UCI . Mi piace che tanti si mantengono attivi fisicamente. Un consiglio  che posso dare è di fare il corridore al 100% fino a quando si corre, poi quando si smette c’è tempo e modo per decidere cosa fare. Pensarci prima vuol dire sacrificare le buone cose che puoi fare alle corse.

-Joaquim Rodriguez: Penso che dipenda molto da come ti ritiri: se perché non trovi un contratto perché non arrivano i risultati, perché ti infortuni o se decidi di smettere. Per chi decide come me di tirare una riga ad un certo momento penso non ci sia molto da consigliare. Sai quello che fai e non hai rimpianti. Non penso che Cancellara abbia rimpianti. Se voleva continuare, su 20 squadre WorldTour, 18 gli avrebbero offerto un contratto…molti miei amici mi dicevano: “attento, che sei ancora in un momento top, puoi correre ancora 2-3 anni, pensaci bene”…ma io ho deciso, sto benissimo, la mia famiglia è felicissima, e continuo a fare quello che mi piace. A me piace correre, fare le corse, ma forse la gente non capisce cosa vuol dire arrivare a correre, preparare un Tour de France da Novembre e poi comunque non farlo bene…ecco, quello non mi manca. Il ciclismo è tanto. Noi pensiamo che il ciclismo sia solo quello professionistico, ma ci sono mille tipi di ciclismo da fare.

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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