Jay Vine, australiano 27enne in forza dalla prossima stagione alla UAE-Emirates dopo due anni nella Alpecin-Fenix, è sempre preso come l’esempio del nuovo ciclismo e delle possibilità aperte dall’eRacing.
Vine è diventato professionista in Australia nel 2020 nel team Nero Continental, con un contratto per la squadra continental austrliana ARA Pro Racing Sunshine Coast per il 2021, ovvero nel momento peggiore possibile, con la pandemia di covid scoppiata pochi mesi dopo il suo ingaggio e l’Australia chiusa al mondo di conseguenza.
Lo scalatore australiano in quel momento di difficoltà si è quindi affidato alla moglie: “è stata lei il capofamiglia in quel periodo” e si è dedicato a tempo pieno alla Zwift Academy, cercando di mettersi in mostra almeno nel mondo dell’eRacing, le corse virtuali, convinto dei propri mezzi: “ero convinto di essere uno dei migliori scalatori australiani“.
Il resto è storia: Vine vinse la Zwift Academy nel 2020, il programma nato nel 2016 dalla piattaforma virtuale Zwift per trovare giovani talenti e lanciarli nel mondo del professionismo, contro altri 130.000 pretendenti, conquistandosi la possibilità di partecipare ad uno stage con la squadra belga Alpecin-Fenix. Vine fu poi messo contratto con la Alpecin e nel 2021 prese parte a 6 gare, tra cui la Vuelta España, dove ha terminato 73° in classifica generale e 23° nella classifica scalatori.
La svolta però è arrivata in questa stagione, nel 2022 infatti Vine ha colto le sue prime due vittorie da professionista, e di livello assoluto, infatti ha vinto la 6^e l’8^tappa della Vuelta España. Questo dopo aver colto due piazzamenti importanti: 2° al giro di Turchia (dietro il connazionale Patrick Bevin) e 2° al giro di Norvegia (dietro Remco Evenepoel). Entrambe le tappe vinte alla Vuelta prevedevano l’arrivo in salita, una al Pico Jano (davanti Evenepoel) ed una al Collau Fancuaya (davanti Marc Soler).
In questi giorni però Vine, in un’intervista, ha spiegato cosa pensa delle gare virtuali, in particolare mettendo in evidenza i loro limiti:
“A volte Zwift assomiglia un po’ alle corse vere e proprie anche grazie all’uso delle scie, ad esempio. Non si tratta tuttavia di una scienza esatta. Se guardate a lato dello schermo e vedete dei numeri rossi le cose sono un po’ più difficili, in caso contrario più facili, ma proprio come in una gara su strada non si può stare sempre in testa perché così non si vince. Tuttavia non è possibile confrontare Zwift con la situazione reale. Allenarsi solo sui watt per chilo non ha senso se non si corre in salita. […]. Dopo la Vuelta tutti vedevano il vincitore di tappa, il re della montagna Vine, come la prima superstar proveniente dall’eRacing, ma non è così. Non pensate che questa sia una sorta di nuova strada per i professionisti. E’ possibile, ma non senza esperienza di gara. Bisogna padroneggiare la tecnica“.
E qui Vine coglie un punto fondamentale: “Certamente si troveranno atleti con grandi motori tramite Zwift. Ma ci vuole qualcosa di più. E Zwift non permette di trovare un Tim Declercq (il “trattore” della QuickStep che solitamente tira il gruppo per i primi 100 e passa km -ndr-). Non si trovano tipi come lui con i watt per chilo e con l’eRacing. Se guardo a me stesso con il solo Zwift non sarei diventato un professionista, o non lo sarei stato a lungo“.
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