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Joxean Fernàndez Matxin (UAE-Emirates): “Freire, se fosse stato per i dati, forse non sarebbe mai stato un corridore professionista”

Joxean Fernàndez Matxin è General Manager del team UAE-Emirates. In carriera è stato direttore sportivo, tra le altre squadre, di Mapei, Vini Caldirola, Saunier-Duval, Lampre. Oltre ad essere stato talent-scout per la QuickStep dal 2015 al 2017 prima di passare alla UAE. In una recente intervista ha fatto alcune interessanti osservazioni riguardo il nuovo corso del ciclismo professionistico, con corridori sempre più giovani ad essere subito battezzati col fuoco delle gare importanti, al trend dei programmi per la scoperta di talenti attraverso piattaforme come Zwift.

Due ambiti in cui la UAE ha sempre creduto molto, basti pensare ai successi del super-fenomeno Tadej Pogačar, secondo più giovane vincitore del Tour de France della storia (e più giovane a vincerne due consecutivi) sino al lancio della carriera del giovanissimo Juan Ayuso, 3° alla Vuelta España l’anno scorso a 19 anni, e la fiducia in Jay Vine, noto per essere stato il primo vincitore di gare WT dopo essere stato reclutato dalla Zwift Academy.

Proprio riguardo il reclutamento tramite le piattaforme virtuali il giudizio di Matxin sembra di cauta approvazione in risposta alla domanda su quanto ci creda:

“Ci credo tanto quanto non ci credo. Credo molto nei dati fisiologici, ma anche in altri aspetti come l’ambizione, la mentalità, l’intelligenza. Un tutto che è più che essere solo una macchina dal punto di vista fisiologico“.

Per cui poi prosegue con un’affermazione inaspettata che dovrebbe far riflettere: “Penso che ci siano alcuni casi famosi come quello di Óscar Freire*, [che ho seguito] quando ero alla Mapei in passato, e mi sono reso conto che se fosse stato per i dati, forse non sarebbe mai stato un corridore professionista” .

I dati appunto, ma non solo:

“Ma aveva qualcosa, un dono che non è percepibile dalle macchine. Possono dirti i watt, la potenza media, ecc, ma non tutti quei valori che non saranno in grado di misurare, come l’adattamento. Ci sono corridori che possono arrivare a 2000 watt di potenza in uno sprint, ma in realtà le gare vengono vinte con 1400 watt, perché sono sforzi che fanno dopo cinque ore. Ecco perché credo nei dati, li studio e abbiamo specialisti che li misurano e li studiano, ma credo anche che ci siano valori che non si possono misurare. Matteo Trentin ha una visione di corsa spettacolare, che nessuna macchina misurerà mai per te»

Altra domanda e risposta interessante riguarda il continuo fiorire in questo periodo storico di giovani talenti, ed il perché:

“Penso che i giovani in generale non usino più la parola esperienza per sapere ciò che accadrà. Usano la parola informazione. Prima, una cosa dovevamo averla vissuta per sapere cosa sarebbe successo poi, mentre ora con i dati, le informazioni, i watt, ecc. sappiamo che tempo approssimativo farà un ciclista prima di una cronometro. Abbiamo dati che ce lo dicono, e per esempio ci siamo sbagliati di due secondi sul tempo che Jay Vine avrebbe fatto nella prova a cronometro ai campionati australiani. Quindi sappiamo chi vincerà? No, perché non conosciamo i dati dei rivali, né la loro condizione. Sappiamo però che con certi tempi un corridore sarà in lotta per una medaglia, senza sapere quale. Tutto viene misurato, e i ragazzi hanno tutte queste informazioni per sapere come sono in quel momento. A volte la gente guarda dall’alto in basso i giovani nuovi che arrivano, ma loro basano la loro mentalità nel sapere cosa possono fare. Prima non lo sapevi, ma avresti solo fatto del tuo meglio. In questo momento sanno esattamente se saranno tra i primi dieci, tra i primi cinque o tra i primi tre, in quale fascia di posizioni si troveranno. Non se ne conosce l’attitudine, o la mentalità, ma si conosce l’abilità fisica, le caratteristiche del corridore, quindi non si deve più avere paura o eccessivo rispetto“.

Oggi quindi, i dati servono a sapere qual’è la realtà, si interpretano i dati per sapere esattamente quello che un corridore può o non può fare in un preciso momento, e decidere quindi per il meglio in una corsa, anche a livello tattico, o semplicemente nella scelta di chi far correre ed in quale ruolo. Senza dover rispettare forzatamente gerarchie o far fare gavette. Come ogni cosa questo porta dei rischi: forse carriere più brevi dei corridori? Questo è ancora da provare. Forse un ciclismo più prevedibile e noioso? Su questo Matxin ha le idee chiare:

Al contrario. Il ciclismo deve evolversi come il mondo in generale. Mi sembra assurdo che si discuta ancora del fatto che ci sia un dialogo tra i corridori tramite gli auricolari. Assurdo, come il fatto che una volta ci volevano due elicotteri e un aereo per trasmettere una gara, mentre oggi si può fare con un telefono. Togliere la comunicazione mi sembra non voler evolvere in un mondo in cui siamo tutti interconnessi. Tutto ciò che è evolutivo ed aumenterà lo spettacolo. Io andrei oltre e renderei questa comunicazione visibile ai fan. Sono convinto che il ciclismo dei giovani sarà ancora più spettacolare di adesso“.

 

*Oscar Freire, 3 volte campione del mondo, 3 Milano-Sanremo vinte, 7 tappe alla Vuelta, 4 al Tour, una Tirreno-Adriatico, una Gent-Wevelgem, 3 frecce bramante, etc.. per 70 vittorie in carriera.

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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