Il ciclismo professionistico sembra ormai aver capito che deve evolversi ad ogni livello in qualche maniera, pena pagarne serie conseguenze. La piccola rivoluzione portata dal Team Sky, e seguita a ruota da altri Top Teams, con una radicale professionalizzazione di ogni figura della squadra è stata già un inizio. Questo pero’ ha comportato un’impennata dei costi di gestione, con budget letteralmente esplosi per le squadre WorldTour che vogliano competere per vincere. La soluzione di affidarsi a marchi “premium” o legarsi alle federazioni ha risolto solo in parte il problema, e solo per le squadre piu’ forti.
Molti marchi storici che 10 anni fa erano onnipresenti in gruppo ora si concentrano su squadre minori, o femminili (sperando nello sviluppo di questo settore). Allocare budget milionari su singole squadre è rischioso, e necessita in ogni caso di competere con altri.
Le squadre “minori” fanno fatica, gli sponsor disposti ad investire decine di milioni non si trovano dietro l’angolo, e cosi’ quando uno di questi si ritira la sopravvivenza delle squadre è a rischio.
E gli sponsor si ritirano “fisiologicamente”, ogni 3-4 anni, quando il ciclo di vita della sponsorizzazione ha dato i suoi frutti (o meno).
Oleg Tinkoff ripete ormai da tempo le storture del sistema business del ciclismo: non esiste una condivisione dei proventi dei diritti tv, i premi in denaro dati ai vincitori sono troppo bassi, e quindi, sponsor a parte, le squadre non hanno alcun tipo di entrata propria. Schiave degli organizzatori.
I tentativi sono molteplici per uscire da questo sistema, come Velon, ovvero una federazione di squadre che possa gestire almeno i diritti delle riprese “on-board” e cercare di creare un calendario più favorevole alle squadre e non subìto dalle stesse.
La strada è lunga pero’, i primi tentativi di riprese dalle bici hanno dato risultati misti, ed i soliti casi di doping a cadenza costante minano alle fondamenta ogni credibilità.
In tutto questo una nuova strada è stata intrapresa dalla squadra russa Katusha. Squadra di proprietà del presidente della federazione russa Igor Makarov, che è nata come “Russian Global Cycling Project”, ovvero incubatrice di un ciclismo russo dominante. Ebbene, questo progetto pare accantonato in favore di una dimensione piu’ internazionale in cui la squadra si aprirà ad ogni nazionalità, abbandonata l’idea di avere un grande campione russo, ma soprattutto per lanciare una propria linea di prodotti.
Tutte le squadre propongono del merchandising proprio: magliette, completini, etc.. Ma quello che la Katusha vuole fare non è apporre il proprio marchio su prodotti di terzisti, ma produrli in proprio.
Ad esempio con prodotti custom pensati dai professionisti della squadra che saranno disponibili dal 2016 per il grande pubblico. Dopo questo lancio iniziale l’offerta verrà ampliata, ad esempio con quelli che dovrebbero essere dei “Katusha Events”, pacchetti con cui gli appassionati potranno seguire più da vicino la squadra in vari momenti della stagione, a partire dalla fase di preparazione.
L’idea è quindi quella di rendere la squadra economicamente indipendente dagli sponsor, allargando il più possibile l’offerta di prodotti legati al marchio, capitalizzando sul nome della squadra. Sino a renderlo un brand riconoscibile al di fuori del mondo del ciclismo.
Il modello è chiaramente quello delle grandi squadre di calcio.
Tutto questo ovviamente comporterà una visione multinazionale, a partire dalla nazionalità dei corridori.
Prepariamoci a vedere quindi una Katusha con nomi nuovi nel futuro.
Questo progetto sicuramente non potrà prescindere dal mantenere il proprio nome al riparo dai casi di doping, cosa per ora non proprio riuscitissima per il team russo. Casi di doping letteralmente mortiferi a livello di immagine.
Nel frattempo partono da qui: http://www.katusha-sports.com/
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